LE NOTTI (INSONNI) DI MATTEO SALVINI

In un’Italia in cui, nel corso di un infausto ventennio, milioni di persone erano realmente convinte che le luci perennemente accese della c. d. “Sala del Mappamondo” – al quinto piano di Palazzo Venezia a Roma – indicassero l’infaticabilità di Mussolini (nonché la costante opera del suo regime) al servizio del paese e, successivamente – in epoca non meno triste e farsesca – la maggioranza dei parlamentari (superando ogni limite del senso del ridicolo) sarebbe arrivata fino al punto di certificare uno stretto rapporto di parentela tra il Capo di Stato egiziano e una giovanissima “escort”, è lecito credere, e non meraviglia più di tanto, che tale Matteo Salvini si produca (anche) in “riflessioni” notturne!

Più credibile la ripetitività e il limitato orizzonte di cotanto sforzo!
Al riguardo, secondo quanto riportato, con dovizia di particolari, dalla stampa e dai social, Salvini avrebbe trascorso qualche recente notte a meditare su di una questione di carattere addirittura etico(!): l’eventuale introduzione della pena di morte.

Questa volta l’occasione gli è stata offerta dal ritrovamento del corpo martoriato di una donna scomparsa qualche anno fa e brutalmente assassinata.

All’indomani della macabra scoperta, l’ineffabile capo fascio/leghista, nel premettere di avere in comune con Cesare Beccaria1 la cittadinanza milanese – come se, questa, di per sé, fosse sufficiente a riconoscergli chissà quale particolare merito personale – ha sostenuto di essere contro la pena di morte, ma anche: “di fronte a certa infame violenza qualche dubbio mi viene».

Considerazioni, queste, corrispondenti a una reazione emotivamente ed umanamente comprensibile (per quanto, personalmente, non condivisibili) – se espresse da cittadini singolarmente scossi da un così efferato crimine – ma, a mio giudizio, precluse a qualsiasi rappresentante politico d’Italia: culla della civiltà giuridica dell’Occidente.

Tra l’altro – e a evidente conferma che trattasi di un’opzione già da tempo abbastanza diffusa 2 tra i vertici e gli elettori fascio/leghisti – il senso reale delle ultime “riflessioni” notturne di Salvini è aggravato dal particolare che già in altre occasioni l’ex Ministro dell’Interno abbia evocato il ricorso alla pena capitale.

Lo fece, ad esempio, nel caso del carabiniere ucciso a Roma nel luglio 2017.
In quell’occasione, oltre al classico ritornello, dal sapore razzista, della responsabilità – poi, clamorosamente smentita – da ricercare tra i soliti extracomunitari, Matteo Salvini, in veste di Ministro in carica, non soddisfatto dall’avere già auspicato «lavori forzati a vita in carcere» (cioè una pena non prevista dal nostro ordinamento), il giorno dopo rincarava la dose – pur se con la classica ma (ormai) usurata premessa «Non dico di arrivare a tanto» – ricordando ai buonisti che negli Usa chi uccide rischia la pena di morte.

In sostanza, al pari del classico «Non è vero…. ma ci credo» 3, cui tanti ricorrono per esorcizzare la consapevolezza di essere superstiziosi, l’idea di utilizzare lo strumento della pena di morte (foss’anche solo per i crimini più efferati) ha sempre rappresentato – di là delle (false) premesse e delle (altrettanto false) dichiarazioni di principio – una costante delle opzioni politiche fascio/leghiste.

Certo, di fronte a notizie di crimini così sconvolgenti, rispetto ai quali – considerata la spietata ferocia – riesce difficile anche credere possano essere stati concepiti da un essere umano – appaiono comprensibili sdegno e senso di rivalsa.

Si tratta, però, di sentimenti e reazioni di carattere personale che, in quanto tali, non possono rappresentare né giustificare alcuna “pratica” omicida da parte di uno Stato di diritto.

È quindi contro il ricorso al significato letterale e alla più crudele interpretazione dell’antica norma mosaica 4 che occorre spendere le nostre energie; per ostacolare il diffondersi di uno spirito vendicativo “istituzionalizzato”.

Al riguardo, ci sono due aspetti della giustizia penale italiana che, personalmente, continuo a considerare inderogabili: la proporzionalità della pena al reato e la risocializzazione del condannato attraverso un tipo di detenzione volta al “recupero”, piuttosto che al semplice “castigo”.
La pena di morte, di contro, rappresenterebbe la definitiva rinuncia, da parte dello Stato, a perseguire il secondo obiettivo; sottraendosi a una funzione pubblica fondamentale: il senso riabilitativo della pena e il reinserimento sociale del reo.

Cos’altro aggiungere?
Con l’auspicio d’interpretare il pensiero di tanti nostri connazionali – cui, di norma, la notte dovrebbe risparmiare tante miserie umane – al fascio/leghista Matteo Salvini consiglierei di utilizzare le poche ore di sonno – nel corso delle quali, l’ossessiva cura degli interessi degli italiani gli concede, finalmente, tregua – per fare sogni……. d’oro.

Provi ad immaginare, ad esempio, come spenderebbe in modo migliore 49 milioni di Euro!

NOTE

1 Giurista e filosofo (1738-1794), massimo esponente dell’Illuminismo italiano e universalmente noto per la sua posizione contro la pena di morte; autore de “Dei delitti e delle pene”, uno fra i maggiori testi più influenti del Diritto penale, nonché nonno, grazie alla figlia Giulia, di Alessandro Manzoni

2 In questo senso, sarà sufficiente seguire gli sviluppi delle prossime settimane. Qualora, in virtù degl’inesorabili sondaggi, dovesse realizzarsi apparire abbastanza diffusa una propensione degli italiani nei confronti della pena di morte, si può dare per scontato che Salvini dimenticherà presto di essere concittadino di Cesare Beccaria per diventare strenuo paladino del provvedimento

3 Commedia in tre atti del 1942, scritta da Peppino De Filippo e dalla quale fu tratto un film omonimo nel 1952

4 Fonte: Legge data da Dio all’antico Israele tramite Mosè, che recitava: «Frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente, lo stesso danno che ha fatto dev’essere fatto a lui». Secondo alcuni, in realtà, la corretta interpretazione della legge “occhio per occhio” tendeva a disciplinare il male nella giusta misura e impedire che fossero inflitte pene eccessive

Renato Fioretti

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

11/1/2021

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