L’Europa va alla guerra
di Marco Pondrelli
Ci voleva una prospettiva di pace per fare tornare in piazza la ‘sinistra’, Massimo D’Alema ne ha sintetizzato benissimo il travaglio: da giovani eravamo anti-americani, poi siamo cresciuti è siamo diventati filo-americani, oggi torniamo a riscoprire le nostre passioni giovanili. Proviamo a tradurre, quando gli Stati Uniti bombardavano la Jugoslavia, l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia e la Siria andavano bene, oggi che vogliono la pace non piacciono più. È la saggezza della vecchiaia che parla, anche se la vecchiaia assieme alla saggezza può portare altro con sé.
Questa settimana Rai5 ha trasmesso un bellissimo film di Costa-Gavras, Adulti nella stanza, ispirato al libro di Varufakis in cui si racconta di come l’Unione europea impose alla Grecia tagli draconiani e con essi la povertà. È incredibile che l’austerità che ha condannato a morte i bambini greci venga abbandonata in nome della guerra, anche la parsimoniosa Germania sembra essersi convertita alla spesa incontrollata, come ha scritto Gianluca Di Donfrancesco su il sole 24 ore il 5 marzo: ‘Merz, […] proverà ad allentare quelle norme [sul debito N.d.A.], in modo che «un importo di oltre un punto percentuale di Pil, destinato alla difesa» non venga conteggiato’.
Superando la facile ironia è opportuno riflettere su quello che sta succedendo. Spesso nel dibattito i termini Europa e Unione europea sono usati come sinonimi, in questo caso il soggetto è ancora meno chiaro. Ci sono state riunioni, Parigi e Londra, a cui hanno partecipato il Regno Unito, che non fa parte dell’Unione europea, e il Canada che non è in Europa. Per ovviare a questo inconveniente si è riesumata la terminologia di Bush jr. e si è parlato di una ‘coalizione dei volenterosi’, alla quale una parte di paesi dell’unione europea vuole aderire.
Questo approccio isterico è rivelatore di una forte confusione dentro la quale la Von Der Leyen ha lanciato la proposta di investire 800 miliardi nella difesa (quanti in meno ne sarebbero bastati per evitare alla Grecia le sue sofferenze?). Tenendo conto che già oggi gli stati dell’Ue spendono più della Russia i risultati di questa operazione saranno due: innanzitutto l’opacità degli appalti che aiuterà ad ingrassare qualcuno (il marito della Von der Leyen fa parte di qualche C.d.A. delle armi?), inoltre questi soldi serviranno a comprare armi statunitensi (con qualche briciola data alle varie Leonardo europee) per cui non si può neanche parlare di un sostegno alla nostra economia. Queste spese saranno l’ennesimo colpo allo stato sociale e quindi al lavoro dipendente, come ha chiarito Luca Carrello su Milano Finanza del 5 marzo, l’aumento della spesa militare farà aumentare il debito e ciò porterà a tassi di interessi più alti per i paesi (come l’Italia) altamente indebitati, l’aumento della spesa per interessi peserà sul bilancio e dato che le spese militare non possono calare si taglierà altrove. La furia bellicista deve fare i conti con la realtà, il fatto che le spese, che eufemisticamente vengono chiamate per la difesa, non siano conteggiate nel deficit non significa che non peseranno sulle nostre tasche. L’aumento delle tasse si accompagnerà ad una diminuzione dello stato sociale, come ha osservato sul Financial Times Janan Ganesh dobbiamo ridurre il welfare per costruire il warfare. Come sempre è il popolo a pagare il conto.
Tentiamo ora di capire perché un pezzo della Ue vuole proseguire una guerra che ci sta mettendo in ginocchio. Gli argomenti portati all’opinione pubblica sono risibili, si chiedono garanzie per la pace e si chiede di non cedere territori alla Russia prima di sedersi al tavolo delle trattative, al che verrebbe da domandarsi cosa si andrà a discutere. La verità, come sempre, sta dietro le sciocche parole che vengono pronunciate.
Gli Stati Uniti hanno fatto una scelta strategica. La Cina è il nemico principale e l’Indo-Pacifico è il fronte principale, nel quale si deciderà l’egemonia mondiale nel XXI secolo. L’Europa pur continuando ad essere un quadrante importante non sarà più al centro delle azioni di Washington, ciò vuole dire che importanti risorse saranno spostate verso oriente. Come detto questa è una scelta strategica che, leggendo il dibattito più profondo che si svolge negli USA, è condivisa da tutto il gruppo dirigente statunitense, non è solo una posizione di Trump.
Le cancellerie europee sanno che se dovesse venire meno il sostegno statunitense l’Ucraina accetterà di percorrere la via diplomatica, a quel punto finita la guerra salterà l’ultimo esile filo che tiene insieme la Ue. Paradossalmente la guerra è allo stesso tempo il collante e il motivo della crisi europea. Gli Stati Uniti non sono diventati pacifisti, se sono pronti a discutere di pace è perché pur non avendo indebolito Mosca, hanno raggiunto il loro obiettivo principale hanno dissanguato l’economia europea dividendola dalla Russia.
In questo quadro la manifestazione del 15 è oggettivamente una manifestazione per la guerra, ci stupiamo della ‘partecipazione’ della CGIL e della copertura che la Segreteria nazionale dell’ANPI ha dato alle strutture territoriali che scenderanno in piazza. Chi all’interno di queste organizzazioni sta attaccando queste decisioni ha tutta la nostra solidarietà e il nostro sostegno. Perché non è stata convocata una manifestazione nei tre anni che abbiamo alle spalle per chiedere all’Europa di unirsi in nome della pace? Perché in questi tre anni la Ue ha saputo pronunciare solo la parola guerra? È stata l’incapacità di aprire uno spiraglio di pace che ha condannato l’Europa, la vostra Europa è morta e non risorgerà.
9/3/2025 https://www.marx21.it/
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