L’idolatria della performance e il contratto del pubblico impiego

lavoratori_pubblici

Da anni il salario accessorio nella pubblica amministrazione è sottoposto al giudizio di dirigenti e posizioni organizzative che in base al punteggio assegnato decidono nei fatti la quota di salario da erogare al singolo lavoratore.

Ora la cosiddetta “performance” entra anche nel contratto nazionale, cosa del resto già prevista dal decreto Brunetta che viene ripreso e addomesticato nel nuovo contratto (ricordate quando la Cgil sosteneva che con i prossimi contratti del pubblico impiego anche la Brunetta sarebbe scomparsa?)

Lo stesso Dlgs. 75/2017, stabilisce la stretta connessione tra salario accessorio e valutazione, nessuno spiega ai lavoratori e alle lavoratrici che si tratta di quella parte del nostro salario sottratta, anni fa e con il sostegno sindacale, a una quattordicesima . Il salario diventa una variabile dipendente dalla valutazione dei dirigenti, anche quella parte del salario che dovrebbe invece essere corrisposta in busta paga a seconda dei livelli di appartenza viene soggetta alla riffa della performance.

L’impianto contrattuale nel pubblico impiego, e nello specifico negli enti locali, prevede due livelli, uno nazionale e uno a livello aziendale (definito decentrato o integrativo). L’obiettivo di un sindacato degno di questo nome, e quindi non complice ma conflittuale, dovrebbe essere quello di sottrarre quote crescenti di massa salariale alle valutazioni, alla performance individuale e a quella cosiddetta organizzativa, insomma stabilizzare in busta paga il salario per renderlo certo e ripetibile anno dopo anno.

Ma cosi’ non è, anzi con l’ultimo contratto si demanda alla contrattazione aziendale, ente per ente, il compito di fissare criteri a tutela della differenziazione salariale, il sindacato diventa garante della diseguale distribuzione dei nostri soldi, o per dirla in linguaggio tecnico, a garantire una effettiva diversificazione dei trattamenti economici.

Non basta dunque ricordare la giusta contestazione della Brunetta e delle famigerate 4 fasce in cui venivano rinchiusi i dipendenti e il loro salario accessorio, le 4 fasce scompaiono ma viene introdotto il principio che una parte minima del personale dovrà percepire comunque una quota della produttività di gran lunga superiore agli altri. In questo modo la filosofia della Brunetta viene sposata dal Governo e dai sindacati, non si sa in base a quale ratio o finalità. Ovviamente da parte dei sindacati complici nessuna risposta, chi tace acconsente e da parte loro la supina accettazione della performance parla da sola.

Il nuovo contratto degli enti locali, ma analogo discorso va fatto anche per altri comparti pubblici, scarica sulle Rsu il compito di applicare nella contrattazione decentrata le norme che dividono i lavoratori e le lavoratrici, sono questi del resto “i criteri generali dei sistemi di valutazione della performance” nonchè gli stessi “criteri per l’attribuzione dei premi correlati alla performance”.

Chi, come Cgil Cisl Uil, scrive che è aumentato il potere di contrattazione mente sapendo di mentire, la negoziazione si limita solo a gestire i sistemi economici premiali nel senso di costruire sistemi e meccanismi atti a favorire la disuguaglianza salariale nel trattamento accessorio. Se questo è il risultato, possiamo dire senza timori di smentita che la contrattazione ha subito una ferita mortale, diminuisce il potere di contrattazione, anzi si piega solo a meccanismi che il sindacato dovrebbe avversare e non assecondare.

La contrattazione di domani, anzi a partire dall’anno in corso, sarà piegata ai voleri del Governo di turno , ogni qual volta che decideremo criteri per la distribuzione del salario dovremo solo applicare alla lettera il principio della disparità (sia che si parli di performance che di progressioni economiche). E cosi’ la performance individiduale diventa dirimente in ogni fase della contrattazione decentrata partendo da quel minimo del 30% della parte variabile del fondo che dovrà essere destinato alla performance individuale .

Avete capito bene? Il Ccnl stabilisce il principio guida della contrattazione con forte e crescente diversificazione dei trattamenti economici in base alla valutazione dirigenziale, la contrattazione di secondo livello deve solo applicare e far vivere questo principio attraverso sistemi e criteri decisi a livello di ente.

Se la contrattazione nazionale stabilisce che i soldi di tutti debbano andare in buona parte a pochi, nasce da qui la maggiorazione del premio individuale assegnando alla contrattazione integrativa il compito di stabilire la quota di personale a cui riconoscere questa maggiorazione (non inferiore comunque alla quota del 30% delle risorse) .

In ogni caso, la contrattazione dovrà prevedere una sorta di premialità aggiuntiva a una minoranza di dipendenti con le valutazioni più alte, si demanda alla rsu il compito di trovare una intesa con l’amministrazione per applicare questo principio assurdo. Ci chiediamo, alla luce di queste poche considerazioni, dove sia l’annunciato, dai comunicati sindacali, aumento del potere contrattuale. La sola risposta logica è che per potere contrattuale, cgil cisl uil e sindacati autonomi intendano altro, ossia piegare la contrattazione a principi divisori e astratti che non valorizzeranno le professionalità e men che mai miglioreranno la pubblica amministrazione.

Federico Giusti

4/3/2017 www.controlacrisi.org

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *