Livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) e diritto alla salute

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L’aggiornamento dei Livelli di Assistenza Sanitaria (LEA) era atteso da quindici anni. All’anno 2001 risale il Decreto (Dpcm – Decreto presidente consiglio dei ministri)) che per la prima volta nel nostro Paese introdusse l’elenco di prestazioni e di servizi sanitari cui hanno diritto i cittadini. La definizione e l’aggiornamento dei LEA è un atto fondamentale per l’esercizio del diritto alla tutela della salute e alle cure. Infatti secondo il mandato costituzionale si tratta di Livelli Essenziali concernenti i diritti sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Anche se l’esperienza di questi anni ci ha insegnato che non basta definire o aggiornare i Lea per garantire questi diritti e per assicurarli in modo uniforme in tutto il Paese. Questo è il punto cruciale, aggiornare i LEA  certamente un atto utile e importante ma non esaurisce il mandato costituzionale.

I nuovi LEA, contenuti in un voluminoso provvedimento che introduce nuove prestazioni, ne aggiorna e ne conferma molte altre, sono stato approvati con l’Intesa Stato Regioni del 7 settembre 2016. Nel nuovo provvedimento, che sostituisce il Dpcm del 29.11.2001, è contenuto gran parte del lavoro compiuto con il cosiddetto “Dpcm Prodi (Turco)” del 2008. Decreto che fu ritirato dal Governo Berlusconi dopo che la Ragioneria generale dello Stato segnalò la mancanza di copertura finanziaria, quantificata allora in circa 3 miliardi. Il problema è che anche oggi non c’è una copertura finanziaria effettiva. E i costi dichiarati non sono affatto certi.

Incerta la copertura finanziaria effettiva.

L’impatto globale dell’aggiornamento dei LEA è riconducibile alla definizione della differenza tra:

  • a) da un lato, i costi aggiuntivi generati dalla previsione di prestazioni aggiuntive, nella misura in cui generino consumi aggiuntivi (oltre che sostitutivi delle prestazioni eliminate e/o trasferite ad altro setting assistenziale);
  • b) dall’altro, le economie conseguibili nei diversi ambiti assistenziali e le maggiori entrate connesse alla partecipazione ai costi sulla quota di consumi aggiuntivi di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, pari a 60,4 mln di euro.

L’impatto complessivo consiste nell’aumento dei costi di 771,8 mln di euro – Tabella 1.

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La riduzione dei costi dell’assistenza ospedaliera (di circa 20 mln di euro) dovrebbe essere conseguita con  le misure per ridurre il ricorso al parto cesareo e con la riduzione dei ricoveri diurni (sia per i DRG medici che chirurgici) per effetto dell’introduzione nell’area dell’assistenza specialistica ambulatoriale di numerose prestazioni fino ad oggi erogate in ambito ospedaliero.

Per l’anno 2016 le Regioni avevano accettato, dopo proteste (per la verità piuttosto timide) che una parte del fondo sanitario, 800 milioni, fosse vincolato al finanziamento dei i nuovi LEA. Ora invece le Regioni hanno dato il via libero al provvedimento ma solo a precise condizioni: che  il livello del Fondo Sanitario Nazionale resti fissato nel 2017 a 113 miliardi e nel 2018 a 115 miliardi (oggi è a 111 mld). E soprattutto che l’attuazione dei nuovi Lea avvenga gradualmente, secondo la copertura finanziaria effettiva. Questi vincoli posti dalle Regioni sui Lea sono contenuti in un Allegato che è parte integrante dell’Intesa Stato Regioni.

In pratica per il 2016 i costi aggiuntivi dei Lea vanno a gravare sul finanziamento esistente, già pesantemente ridotto per effetto delle ultime Leggi di Stabilità. Per gli anni successivi è tutto da vedere.  Aumentano così le prestazioni da garantire ai cittadini ma a parità di finanziamento complessivo. Si rischia di creare una inaccettabile “selezione” delle prestazioni: ad esempio dovendo garantire i nuovi vaccini  si rischia di tagliare altrove.

Il rischio di approvare un provvedimento velleitario

Se non si mette in sicurezza il finanziamento del SSN, l’aggiornamento dei Lea rischia di essere un provvedimento velleitario. La lunga crisi economica e sociale, aggravata da insensate politiche di austerity che hanno tagliato il finanziamento alla Sanità e ai servizi del welfare socio assistenziale, ha messo in discussione la garanzia dei Lea, soprattutto in alcune regioni. I monitoraggi sulla garanzia dei Lea sono preoccupanti e descrivono una drammatica frammentazione del SSN. Vedremo ora se con la nuova Legge di Stabilità il finanziamento del SSN risponderà a questa preoccupazione.

Intendiamoci, l’aggiornamento dei Lea era necessario. Introdurre nuove o più aggiornate prestazioni per i cittadini è comunque un fatto positivo. Così come la nuova articolazione dei Lea, può dare alla programmazione regionale e locale un punto di riferimento più forte, per favorire i processi di riorganizzazione dei servizi sanitari e sociosanitari, rispondendo in modo appropriato alla domanda di salute e di cure dei cittadini e alle trasformazioni intervenute in questi anni.

Un rapido sguardo ai nuovi Lea

Non c’è qui lo spazio per una valutazione completa sull’intero provvedimento. Vale però la pena segnalare due questioni particolarmente significative, sui Lea della Prevenzione e dell’area socio sanitaria.

Il Lea della Prevenzione è descritto nell’Allegato 1. Le schede che illustrano il dettaglio delle prestazioni sono in buona parte condivisibili: ampliano il concetto di prevenzione e lo spettro di azione. In particolare l’ area F “Sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche” e l’area E sulla “tutela della salute dei consumatori”. Inoltre, particolarmente significativa, è l’area di intervento C, relativa alla “Sorveglianza, prevenzione e tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, qui semmai si tratta di garantirne l’effettiva attuazione e per questo occorrerà un confronto per collegare i Lea al nuovo testo Unico sulla sicurezza nel lavoro. Tuttavia, ancora una volta, la Prevenzione è difficilmente esigibile: mancano indicatori di offerta e standard organizzativi, seppur rispettosi dell’autonomia regionale, vincolanti per la programmazione. E le risorse dedicate sono assolutamente insufficienti. Ma il vero problema è la debole mobilitazione sociale (e politica) sulla Prevenzione, che riguarda interventi di tipo sociale, ambientale, economico che vanno ben oltre l’ambito sanitario.

Il Livello Essenziale di Assistenza SOCIOSANITARIA è trattato negli articoli da 21 a 35. L’allegato 1C del Dpcm del 2001, relativo alle prestazioni dell’area ad integrazione socio-sanitaria, è interamente sostituito dal nuovo articolato. Vengono previste, all’articolo 21, Linee di indirizzo, da emanarsi con specifico Accordo Stato Regioni, per realizzare percorsi assistenziali integrati. Si dichiara che il SSN garantisce l’accesso unitario ai servizi sanitari e sociali, la presa in carico e la valutazione multidimensionale del bisogno (anche sociale) con il  Progetto di assistenza individuale (PAI). Non c’è dubbio che si tratta di un notevole passo in avanti per offrire alla programmazione regionale e locale un punto di riferimento più forte. Tuttavia, la mancata definizione dei corrispondenti Livelli Sociali e l’assenza di indicatori di offerta e di standard organizzativi rende ancora problematica l’attuazione di questo livelli. A questo proposito, ad esempio, l’articolo 21 cita esplicitamente la necessità di istituire il fondo per la non autosufficienza.

Da segnalare quanto previsto per l’assistenza domiciliare e territoriale (articoli da 22 a 28) rivolta alle persone non autosufficienti, ai malati in fase terminale, a minori – donne coppie –  famiglie (i Consultori), alle persone con disturbi mentali (CSM), per minori con disturbi neuro-psichiatrici, ai disabili, alle persone con dipendenze patologiche. Sappiamo che si tratta di servizi fondamentali, ma spesso sottodimensionati, che devono rispondere a bisogni crescenti. Il problema anche qui è la reale esigibilità di questi Lea rivolti a fasce di popolazione con scarsa forza contrattuale.

Una menzione particolare merita l’inserimento tra i LEA relativi alle Dipendenze, dell’assistenza per il Gioco d’Azzardo Patologico GAP e tra le prestazioni la “riduzione del danno”.

Importanti sono anche gli articoli (da 29 a 35) sui Livelli Essenziali per l’Assistenza sociosanitaria di tipo residenziale e semiresidenziale. Per ciascun target di utenza sono previsti diversi gradi di intensità assistenziale. La scelta è condivisibile – ed era stata indicata dall’apposita Commissione per la revisione dei Lea – tuttavia ha bisogno di chiarimenti nella fase applicativa. In primo luogo perché è indispensabile uniformare l’offerta di strutture intermedie, (es. Ospedali di comunità) che si devono collocare tra Ospedale, Rsa e Assistenza a domicilio, per garantire la continuità assistenziale. In questo momento le differenze fra le regioni sono enormi. Ma soprattutto perché la nuova classificazione dei livelli di intensità assistenziale potrebbe produrre effetti anche sulla quota a carico di Comuni e cittadini. Anche se con i nuovi Lea non è stata prevista formalmente  una variazione alla compartecipazione rispetto alle norme vigenti, è opportuno un chiarimento, perché queste prestazioni sono state erogate e classificate in modo diverso dalle singole Regioni, anche in materia di compartecipazione. In realtà si ripropone la necessità di rivedere in generale il sistema di compartecipazione (e di finanziamento) anche  per le spese sociali, che in troppi casi sono così elevate da impedire o limitare l’accesso ai servizi.

Garantire uniformità ed esigibilità dei Lea

In ogni caso l’aggiornamento non basta, deve essere completato con gli strumenti adeguati a favorire l’uniformità nella diffusione dei Lea in tutto il Paese e la loro reale esigibilità. Si tratta di adottare i provvedimenti già previsti nel Patto per la Salute 2014/2016 sul monitoraggio del LEA (articolo 10) e mai attuati. Servono, con le dovute flessibilità per adattarli ai diversi contesti locali, indicatori di risultato, di offerta e standard organizzativi di riferimento (dei servizi, del personale, target di utenza % su popolazione, ecc.). In particolare sono indispensabili i fabbisogni di personale. Gli indicatori e gli standard esistenti sono del tutto parziali: esistono per l’Ospedale ma non per i servizi distrettuali. Una carenza incomprensibile che ostacola i processi di riorganizzazione. Inoltre, come sappiamo, l’effettiva garanzia dei Lea è strettamente legata alle liste di attesa. E ancora, come dicevamo, senza la definizione dei corrispondenti Lea per l’Assistenza Sociale l’esigibilità e l’uniformità del diritto all’assistenza sociosanitaria resta impossibile.

Infine, occorre definire una relazione chiara tra prestazioni e diritti, come prevede la Costituzione, compreso l’esercizio dei poteri dello Stato, anche sostitutivi, per rimediare quella frantumazione del SSN che ha prodotto troppe differenze fra sistemi regionali. La stessa recente revisione del titolo V della Costituzione, pur assegnando maggiori competenze allo Stato, non offre risposte adeguate. Insomma, senza risorse e senza poteri l’effettiva garanzia dei Lea, vecchi e nuovi che siano, resta un obiettivo da raggiungere.

Ticket. La polemica tra CGIL e Ministro Lorenzin

Sull’introduzione di nuovi ticket dovuta alla revisione dei LEA c’è stata una polemica tra la Cgil e il Ministro Lorenzin, che ha definito questo un “falso allarme”. C’è da dire che il commento della Cgil sui nuovi Lea è contenuto in un documento di quindici pagine che riguarda l’intero provvedimento. La questione ticket è appena accennata, ma certo non poteva essere taciuta.

Peraltro, la stima sul valore dei “maggiori ticket” (+60,4 mln di euro) non è della Cgil, è contenuta nella Relazione tecnica del Ministero della Salute [PDF: 1622 Kb] che accompagna il provvedimento sui Lea, dove è anche illustrata in una tabella a pagina 22. Non si capisce perciò la smentita del Ministro Lorenzin. Inoltre, e soprattutto, da tempo la Cgil rivendica una exit strategy dal sistema dei ticket, considerandolo iniquo e controproducente. E quindi nello specifico del provvedimento sui nuovi Lea, la Cgil ha stigmatizzato il fatto che lo spostamento di alcune prestazioni dal day hospital e dal day surgery all’ambulatorio (pur motivato da giuste ragioni di appropriatezza) comportasse per i cittadini il pagamento di un ticket che in ambito ospedaliero non era richiesto. L’Istat segnala che milioni di italiani rinunciano alle cure per ragioni economiche, perciò il Ministro farebbe bene a dichiarare se e come intende affrontare la questione ticket.

Stefano Cecconi

Dipartimento Welfare della Cgil nazionale dove è responsabile delle Politiche della salute

5/120/2016 www.saluteinternazionale.info

Risorse

I LEA: Materiali e commenti. Il testo dell’intesa Stato-Regioni, con l’articolato e gli allegati.

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