L’ombra lunga del sospetto

È probabile che molti non abbiano mai sentito nominare Tuskegee, una remota località agricola dell’Alabama. Solo chi ha affrontato la storia della ricerca clinica e l’emergere di quel sistema di regole alle quali ci riferiamo con il nome di bioetica conosce il triste ruolo che ha svolto, dal 1932 al 1973, il Tuskegee Syphilis Study, una ricerca che mirava a determinare gli effetti del corso naturale della sifilide, quando non venga curata. Ora, nel contesto della pandemia di Covid-19, un video, rilanciato dal New York Times ha riportato l’attenzione su quella vicenda. Apparentemente senza un legame intrinseco con quanto sta succedendo ai nostri giorni, eppure rilevando una profonda correlazione; e suscitando una riflessione che arriva fino alla nostra latitudine.

Riportiamo, in estrema sintesi, i fatti. Lo studio a cui si fa riferimento ha coinvolto alcune centinaia di giovani braccianti neri, affetti da sifilide. A cadenza annuale sono stati visitati, per stabilire l’evoluzione della malattia. Per la quale, va precisato, all’epoca non esistevano trattamenti medici. Le persone incluse nella ricerca non erano state informate dello studio, né della malattia stessa, qualificata colloquialmente come “cattivo sangue”. Quando, negli anni seguenti, sono stati messi a punto antibiotici che avrebbero potuto avere effetti terapeutici, per non compromettere lo studio finalizzato a rilevare l’evoluzione naturale della malattia i malati hanno continuato a essere indagati, ma non curati. Finché nel 1973 un articolo di giornale ha denunciato la scandalosa ricerca. L’eco è stata così profonda che decenni dopo, nel 1997, il presidente Bill Clinton ha chiesto ufficialmente scusa alla comunità afroamericana.

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Sandro Spinsanti

4/11/2021

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