L’ultimo sussulto del dominio globale dell’Occidente

Mentre l’egemonia degli Stati Uniti svanisce, Biden e i suoi alleati si concentrano sulla narrazione profondamente errata  di “democrazie contro autocrazie”

Fonte: English version

Marco Carnelos 4 marzo 2024

Immagine di copertina: Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden durante un incontro nello Studio Ovale della Casa Bianca il 1° marzo 2024 a Washington (AFP)

Una caratteristica distintiva del pensiero politico occidentale è la sua sorprendente capacità di giustificare e autoassolvere quando l’Occidente commette atrocità o tollera quelle perpetrate dai suoi alleati.

Questo atteggiamento si combina con una peculiare tendenza a vedere ovunque nemici che sarebbero determinati a distruggere la libertà e la democrazia.

Questa non è una novità; non è né un sottoprodotto dell’era della Guerra Fredda, né di quella post-Guerra Fredda. Le sue radici risalgono a migliaia di anni fa, almeno ai tempi in cui gli antichi greci affrontavano i persiani, e concordano con l’osservazione di Edward Said secondo cui le società moderne tendono a “derivare negativamente il senso della propria identità”. In altre parole, si affermano e si rafforzano rispetto ad altre società ritenute opposte e inferiori.

In una certa misura, si tratta di una distinzione binaria derivante dal pensiero dicotomico ereditato dalla filosofia aristotelica, che continua a plasmare il pensiero politico occidentale.

Un recente costrutto politico a sostegno di questa mentalità è la narrazione “democrazia contro autocrazia” incessantemente promossa dall’amministrazione Biden, al punto da essere stata pienamente incorporata nella strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e le cui idee fondamentali sono state prontamente accettate dagli alleati europei, apparentemente incapaci di sviluppare un pensiero strategico autonomo legato ai propri interessi nazionali.

Questa narrazione inquadra Russia, Iran e Cina come le tre principali autocrazie che minacciano l’ordine mondiale basato sulle regole guidato dagli Stati Uniti, che, indipendentemente da quanti teorici occidentali cerchino di descriverlo come diritto internazionale, è in realtà qualcosa di molto diverso. Piuttosto, potrebbe essere ben sintetizzato dal motto: “Per i miei amici, tutto; per i miei nemici, la legge”.

I casi di prova della nuova narrativa occidentale sono i conflitti in Ucraina e Gaza, oltre alle questioni con la Cina sul Mar Cinese Meridionale, a Taiwan e agli impressionanti risultati tecnologici di quest’ultima.

Visioni distopiche

Per avere un’idea reale di tali visioni distopiche e problematiche, basta leggere un recente articolo dello storico Niall Ferguson, uno dei principali apologeti contemporanei dell’imperialismo occidentale.

In uno scioccante articolo di 2.000 parole intitolato “L’Ucraina ha bisogno del totale sostegno occidentale – e anche Israele”, Ferguson non menziona nemmeno i 30.000 palestinesi uccisi a Gaza, sottolineando che “avrebbero potuto esserci molti più spargimenti di sangue” se il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avesse ascoltato l’appello del suo ministro della Difesa per un attacco preventivo contro Hezbollah in Libano. In altre parole, dovremmo essere grati a Netanyahu per aver risparmiato un maggior numero di vittime in Libano nel corso della carneficina in corso a Gaza.

In quest’ottica, la Russia, Hamas e Hezbollah (e il sostenitore di questi ultimi due, l’Iran), sono nemici giurati della civiltà occidentale. La Cina è la prossima. E le democrazie occidentali non hanno alcuna responsabilità per le attuali tensioni geopolitiche, nonostante gli evidenti doppi standard mostrati in tutte le principali crisi internazionali.

L’eccezionalismo occidentale non può accettare accordi di condivisione del potere o una vera multipolarità. L’unica opzione rimasta è la narrazione amico-nemico.

Ferguson mette sullo stesso piano l’Ucraina e Israele, mentre quest’ultimo, a causa della sua decennale occupazione delle terre palestinesi, dovrebbe giustamente essere paragonato alla Russia.

Il teorico politico tedesco Carl Schmitt ha scritto ampiamente sul binomio amico-nemico. Un interessante corollario del suo lavoro è lo “stato di eccezione”, che costituisce una parte importante della spinta autoassolutoria mostrata anche oggi, tra le macerie di Gaza, dalle democrazie occidentali. Secondo questo principio, per salvare le democrazie dai loro nemici (reali o immaginari), la democrazia stessa deve talvolta essere sospesa.

Una vivida applicazione di questo principio può essere vista a Gaza, dove Israele – secondo la narrazione occidentale – deve commettere atrocità per difendersi e salvare “l’unica democrazia del Medio Oriente” dalla minaccia degli attori autocratici arabo-islamici: Hamas, Hezbollah e l’Iran.

Inutile dire che se una minaccia non si concretizza bisogna inventarla; altrimenti l’intero costrutto intellettuale dell’identità occidentale potrebbe crollare. E negli ultimi due decenni, le élite politiche occidentali e i loro numerosi portavoce nei media mainstream hanno affinato una notevole capacità di inventare e promuovere un’ampia gamma di minacce.

Minacce interne

Questo problema emerge anche in un recente saggio sugli affari esteri di Hal Brands, intitolato “The Age of Amorality: Can America Save the Liberal Order Through Illiberal Means?”

Brands afferma che “l’unico modo per proteggere un mondo adatto alla libertà è corteggiare partner impuri e impegnarsi in atti impuri”. Il suo saggio mostra un pensiero binario e un tipico approccio occidentale a somma zero, descrivendo la concorrenza degli Stati Uniti con Cina e Russia come “l’ultimo round di una lunga lotta per stabilire se il mondo sarà modellato dalle democrazie liberali o dai loro nemici autocratici”.

Non importa il fatto che la guerra in Ucraina potrebbe anche essere il risultato di due decenni di avvertimenti da parte di Mosca secondo cui l’adesione dell’Ucraina alla Nato rappresentava una linea rossa per la sicurezza della Russia, come i missili nucleari sovietici schierati a Cuba all’inizio degli anni ’60 lo erano per la sicurezza degli Stati Uniti; o che l’attacco di Hamas del 7 ottobre è seguito a più di mezzo secolo di brutale occupazione delle terre palestinesi, che Israele ha portato avanti con un’impunità mai concessa a nessun altro paese nella storia recente, grazie allo scudo politico di Washington.

Per quanto riguarda la Cina, Brands non menziona il fatto che le tensioni su Taiwan potrebbero essere legate al graduale allontanamento degli Stati Uniti dalla politica “One China”, stabilita negli anni ’70 e da allora una pietra miliare della stabilità dell’Asia orientale.

Mentre gli Stati Uniti considerano importanti le preoccupazioni relative alla sicurezza dei propri alleati, quelle di altri attori, come Russia, Iran e Cina, vengono solitamente ignorate, così come lo sono le lamentele storiche, come quelle dei palestinesi che vivono sotto l’occupazione israeliana. Se le motivazioni e le preoccupazioni per la sicurezza degli “altri” vengono deliberatamente ignorate, è impossibile pretendere che ci siano pace o stabilità.

Questa ossessione per le minacce esterne, reali o immaginarie, impedisce alle democrazie occidentali di affrontare le proprie, reali minacce interne. Il discorso “autocrazie contro democrazie” è un’arma di distrazione di massa, che mira a distogliere l’attenzione del pubblico occidentale dalla polarizzazione interna, dalla crisi della democrazia rappresentativa, dalla disuguaglianza diffusa e da molte altre questioni vitali.

Gli Stati Uniti e i loro alleati non possono accettare che secoli di dominio globale occidentale stiano svanendo, mentre l’equilibrio di potere si sposta verso il cosiddetto Sud del mondo. L’eccezionalismo occidentale non può accettare accordi di condivisione del potere o una vera multipolarità. L’unica opzione rimasta è la narrazione amico-nemico.

​Marco Carnelos è un ex diplomatico italiano. È stato assegnato alla Somalia, all’Australia e alle Nazioni Unite. Ha prestato servizio nello staff di politica estera di tre primi ministri italiani tra il 1995 e il 2011. Più recentemente è stato inviato speciale per il governo italiano coordinatore del processo di pace in Medio Oriente per la Siria e, fino a novembre 2017, ambasciatore italiano in Iraq.

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org

7/3/2024 https://www.invictapalestina.org/

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