Manovra, Regioni in rivolta contro Renzi, mentre lo spread fa crollare i complicati equilibri di bilancio. Legge di stabilità: Paolo Ferrero “Come faccia Renzi a dire che ha messo in piedi una manovra di sinistra ed espansiva non è dato sapere: o è grullo o è in malafede. E’ infatti del tutto evidente che il taglio di 15 miliardi di spesa pubblica produrrà contemporaneamente una ulteriore distruzione del welfare, oltre ad essere una misura pesantemente recessiva. Parimenti il grande regalo fatto ai padroni con il taglio dell’IRAP, vista la situazione del mercato mondiale, determinerà solo un aumento dei profitti senza particolari vantaggi per l’economia italiana. Libertà di licenziamento, distruzione della sanità pubblica e rispetto dei diktat della Merkel, è questo ciò che Renzi copre quotidianamente con le sue chiacchiere: peggio di Berlusconi.”

L’impennata dello spread rischia di cancellare i “sogni” di palazzo Chigi e di Confindustria sulla manovra. Il balzo di cinquanta punti degli ultimi due giorni si è mangiato 2-3 miliardi del deficit. Intanto, tutte le Regioni sono in rivolta contro i tagli di 4 miliardi previsti dalla Legge di stabilità.
Dopo le prime critiche del presidente Sergio Chiamparino, ieri sono intervenuti anche altri presidenti. Il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti ha detto che “è facile abbassare le tasse con i soldi degli altri” e che le amministrazioni locali hanno avviato da tempo l’eliminazione degli sprechi, mentre cresce ovunque l’allarme sugli effetti devastanti sulla sanità dalla cancellazione dell’Irap. Tagli “insostenibili” e che si riverseranno inevitabilmente sulla sanità, avvertono i governatori, o che comporteranno nuove tasse per non far saltare i bilanci locali. Il premier Renzi risponde indispettito: incontreremo le Regioni, ma intanto facciano la loro parte cominciando a tagliare, visto che le famiglie italiane fanno i sacrifici da anni. Parole rispedite al mittente come “offensive” dal presidente della Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino che punta invece il dito contro gli sperperi dei ministeri. Alle Regioni si lascia la “libertà” di scegliere come perseguire i 4 miliardi di risparmi (che si aggiungono però ai 750 milioni già chiesti con il dl Irpef, dovuti fino al 2018). Se i governatori non si dovessero decidere, il governo è pronto a intervenire, a quel punto anche sulla spesa sanitaria. Di fatto, insomma, la responsabilità è sulle spalle delle Regioni, ma, “due miliardi sono sostenibili se lavoriamo bene”, getta beffardamente acqua sul fuoco il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio, che in queste settimane ha tenuto le fila dei rapporti con i governatori, mentre il ministro dell’Economia La manovra in realtà chiede uno sforzo corposo anche all’amministrazione centrale, da circa 6 miliardi. Sforbiciata equivalente a quella inferta agli enti locali (da Province e città metropolitane dovrà arrivare 1 miliardo e 1,2 dai Comuni).

Pier Carlo Padoan, ha ribadito che il pressing è perché‚ si aumenti “l’efficienza” non le tasse. Ma in realtà sanno tutti che non sarà così. Per il titolare di via XX Settembre la manovra va nella direzione giusta per agganciare la ripresa. “Punta a voltare pagina” dice, assicurando che le coperture ci sono e che anche per questo non ci sono timori sul giudizio di Bruxelles, con cui c’è “un dialogo assolutamente cordiale e costruttivo”. Intanto sono tutte confermate le misure di sostegno al Jobs Act (che diventa un collegato alla legge di stabilità, come il ddl di riforma della P.a.), dalle risorse per gli ammortizzatori a quelle per azzerare i contributi per le nuove assunzioni. Che insieme al nuovo taglio dell’Irap dovrà spingere le imprese ad assumere. Confermato anche il Tfr in busta paga, che però, a sorpresa, avrà tassazione ordinaria e non separata, come avviene ora per la liquidazione a fine rapporto.
I più soddisfatti delle scelte del governo restano comunque gli industriali, con Giorgio Squinzi che parla di manovra “molto positiva” con dentro “una serie di provvedimenti che aspettavano da anni”. Di segno totalmente opposto il giudizio dei sindacati: “Non risponde alla vera emergenza del Paese che è quella di creare lavoro” dice il segretario della Cgil Susanna Camusso, mentre il leader della Fiom Maurizio Landini, assicura che così si andrà “allo sciopero generale”. E il muro dei sindacati si alza soprattutto contro l’ennesima proroga del blocco dei contratti degli statali, fermi ancora per tutto il 2015 (“inaccettabile” per il nuovo segretario della Cisl Annamaria Furlan) e contro i tagli “scellerati” che metteranno in ginocchio i servizi pubblici.

Fabrizio Salvatori

17/10/2014 www.controlacrisi.org

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *