Mentre Gaza è al collasso l’UE taglia i fondi alle organizzazioni umanitarie palestinesi

Amnesty International e altre 95 organizzazioni hanno pubblicato una lettera, inviata all’Unione europea e a tutti i Paesi che ne fanno parte, in cui hanno espresso forte preoccupazione per gli annunci della Commissione europea e di alcuni Stati membri di limitare i finanziamenti destinati alle organizzazioni palestinesi per i diritti umani. Secondo i firmatari, essi costituiscono atti discriminatori che avrebbero conseguenze estremamente negative per la popolazione di Gaza, minando la credibilità di un’Unione europea che, mentre si auto-proclama paladina dei diritti umani, sembra seguire tutt’altro tipo di logiche. Molti Paesi del continente, tra cui Austria, Danimarca, Germania, Svezia e Svizzera, e la stessa Commissione europea hanno adottato provvedimenti, in alcuni casi anche prima del 7 ottobre – giorno in cui Hamas ha scatenato l’offensiva contro Israele con uccisioni e rapimenti –, con la finalità di sospendere o limitare i finanziamenti alle organizzazioni della società civile palestinese sulla base di un’accusa, non dimostrata, secondo cui essi potrebbero andare ad arricchire le casse di “organizzazioni terroristiche” o sarebbero utilizzati per “incitare all’odio e alla violenza”.

L’Unione europea rappresenta uno dei principali fornitori di aiuti umanitari e finanziari alla Cisgiordania, territorio governato dall’ANP di Abu Mazen, e alla Striscia di Gaza, per la quale il denaro viene raccolto e convogliato attraverso l’Unrwa. Il sostegno è in particolare destinato ai servizi essenziali, come la sanità, l’assistenza sociale, gli stipendi dei dipendenti pubblici e i progetti di sviluppo. L’annuncio ufficiale da parte della Commissione Europea sulla revisione urgente dell’assistenza dell’UE alla Palestina, da attuare “il prima possibile” e da coordinando “con gli Stati membri e i partner qualsiasi azione di follow-up necessaria” è datato 9 ottobre 2023. Negli stessi giorni, anche una serie di Paesi dell’UE hanno deciso di riconsiderare il loro supporto umanitario ai territori palestinesi. La Germania, per esempio, ha stabilito una sospensione temporanea per effettuare una “revisione finanziaria”, mentre l’Austria ha annunciato lo stop al trasferimento di 20 milioni di euro e la Svizzera ha sospeso i finanziamenti a 11 ong che difendono i diritti umani (6 palestinesi e 5 israeliane). Il 21 novembre la Commissione europea ha reso noto che “non è stata rinvenuta alcuna prova che indichi che i finanziamenti siano stati deviati per scopi diversi”. Ciononostante, la stessa Commissione ha annunciato l’introduzione di una clausola “anti-incitamento” in tutti i nuovi contratti con le Organizzazioni Non Governative palestinesi, che per ricevere i fondi dovranno dichiarare che non inciteranno all’odio e saranno sottoposti al “monitoraggio di una terza parte” per la verifica del rispetto della clausola. Secondo Amnesty, applicare tale clausola solo alle Ong palestinesi “è indice dello stigma nei loro confronti” e “incoraggia altri a incitare all’odio”, suonando come “un gesto politico”.

“Siamo profondamente preoccupati per questi sviluppi e invitiamo il vostro governo a revocare qualsiasi decisione di bloccare finanziamenti così cruciali – mettono nero su bianco i firmatari –. Una riduzione dei fondi a questi gruppi e organizzazioni erode la protezione dei diritti umani in Israele e nei Territori palestinesi occupati (OPT) e mette in discussione la vostra capacità di promuovere e proteggere in modo credibile i valori universali dei diritti umani in Medio Oriente e Nord Africa”. Secondo le organizzazioni, allo stato delle cose la preoccupazione che tali fondi possano essere dirottati verso gruppi armati come Hamas è “infondata” – mancando, infatti “prove credibili” -, così come lo è il contenuto delle affermazioni secondo cui il lavoro delle ong della società civile impegnate a documentare e denunciare le violazioni dei diritti umani da parte di Tel Aviv equivarrebbe ad “antisemitismo” e “incitamento alla violenza contro lo Stato di Israele”. Gli scriventi che tali accuse, infondate e discriminatorie, “non soddisfano i criteri di legittima limitazione della libertà di associazione”, trattandosi invece di una “violazione del diritto internazionale per le misure antiterrorismo o antiestremismo da utilizzare come pretesto per limitare il lavoro della società civile indipendente”.

Amnesty International, in particolare, ha attaccato il “doppio standard” fortemente “discriminatorio” da parte delle istituzioni e degli Stati europei, che evidenzia a suo dire un “approccio selettivo ai diritti umani”. A tal proposito, ha esaminato un caso concreto: quello della Svezia, che ha dichiarato che in futuro chiederà ai partner palestinesi di condannare Hamas come condizione per i finanziamenti, mentre non ha mai chiesto a ong o organismi governativi israeliani con cui coopera – che anzi “hanno invocato uccisioni, trasferimenti forzati e l’uso di armi nucleari nei confronti dei palestinesi” – di condannare tali crimini. Nella lettera, inoltre, le organizzazioni criticano aspramente gli Stati europei per l’approccio mantenuto verso la crisi in atto a Gaza, sostenendo che la loro credibilità sia “già stata danneggiata dalle restrizioni ai diritti alla libertà di espressione e di riunione di persone e gruppi che protestano contro le violazioni delle norme umanitarie internazionali da parte delle autorità israeliane”, con cui è stato “indebolito lo spazio civico”.

Stefano Baudino

6/12/2023 https://www.lindipendente.online/

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