Migranti: La micro-accoglienza diffusa della Valsusa

 

Il progetto per una micro-accoglienza diffusa in Valsusa ha radici lontane. Nella volontà di aprirsi all’accoglienza da parte del comune di Avigliana e degli altri venti Comuni della Valle c’è tutta l’esperienza maturata nella cooperazione decentrata con la Rete dei Comuni Solidali. A partire dai primi anni Duemila infatti sono stati moltissimi i valsusini che hanno partecipato ai viaggi di scambio in Mali nelle municipalità di Oualià e Kassaro: semplici cittadini, volontari delle associazioni locali ed amministratori comunali. Nel 2006 poi c’è stato l’incontro con Mimmo Lucano e la grande esperienza di accoglienza di Riace che ha permesso di scoprire un modello ed un’idea di accoglienza sostenibile e capace di innescare anche processi virtuosi di trasformazione delle comunità. Anche in questo caso le occasioni di viaggio e di scambio con Riace hanno visto protagonisti moltissimi valsusini.

La Valle di Susa è una valle alpina atipica e lontana dagli stereotipi che accompagnano le aree montane. Intanto è molto vicina ad una grande città come Torino che dista meno di trenta chilometri dai centri della bassa Valle. Il paesaggio è eterogeneo. Si passa dall’Alta Valle, vocata al turismo e sede di rinomate località sciistiche, alla Bassa Valle dove le concentrazioni urbane e gli insediamenti produttivi si alternano alle borgate tipiche di un paesaggio rurale e pedemontano. È da sempre una valle aperta e di passaggio. Un crocevia fra Italia e Francia, fra pianura e montagna. Dal 2005 è balzata all’attenzione del mondo per l’opposizione della popolazione alla costruzione della linea Tav da Torino a Lione.

L’esperienza di cooperazione internazionale e l’esempio di Riace non bastano però a spiegare il retroterra culturale che ha favorito l’avvio dei progetti di accoglienza in Valsusa. Esistono forse anche ragioni storiche. Qui durante la seconda guerra mondiale la lotta all’occupazione nazifascista è stata particolarmente forte e diffusa. Nelle file della Resistenza confluirono anche molti ex militari dell’esercito provenienti dal sud Italia e disertori cechi, russi ed ucraini dell’esercito tedesco, creando anche un’inaspettata occasione di apertura e di incontro culturale per la popolazione locale. Questa solidarietà “senza confini” la ritroviamo nel gesto di uno degli storici comandanti partigiani valsusini Alessio Maffiodo che nel 1997 in punto di morte, sposò una giovane cittadina delle Seychelles, per garantire la cittadinanza ed un futuro migliore a lei ed alla sua piccola figlia.

Un altro evento che ha visto la Valle diventare un luogo di incontro fra culture è stato nel 1991 l’arrivo a Susa di circa duecentocinquanta albanesi, inviati dal Governo nell’ambito del piano nazionale per fronteggiare l’emergenza del primo grande sbarco sulle coste pugliesi. Negli anni successivi molti di quei migranti albanesi scelsero la Valle come luogo di residenza, insediandosi su tutto il territorio e diventando parte integrante della comunità locale.

15492589_1248121101898365_5693261985752798661_nLe potenzialità per aprirsi in maniera strutturata all’accoglienza, hanno trovato la loro realizzazione in Valsusa nel 2010 con un primo sperimentale progetto, coordinato dalla Provincia di Torino con i comuni di Avigliana e Condove, grazie al quale fu accolto un piccolo nucleo di sei profughi provenienti da Eritrea e Somalia. Nel 2014 invece il comune di Avigliana ha partecipato al bando Sprar per l’accoglienza di ventuno richiedenti asilo e rifugiati, cercando da subito di coinvolgere altri Enti del territorio e raccogliendo l’adesione dei comuni di Almese, Caprie, Rivalta di Torino, Vaie e del Consorzio Socio Assistenziale Valle di Susa. Il progetto è stato approvato dal Ministero ed affidato con bando europeo alla Coop Orso in qualità di soggetto gestore. Nell’aprile del 2015 è stato così possibile accogliere i primi due nuclei familiari. Il primo passo con l’avvio dello Spar ormai era stato fatto. Nello stesso 2015 però il permanere della crisi umanitaria, con l’arrivo sulle coste italiane di altri 140.000 richiedenti asilo ed i continui appelli delle Prefetture ad aderire al Piano nazionale per l’accoglienza, hanno spinto alcuni amministratori locali della Valsusa, guidati da Enrico Tavan assessore alle Politiche Sociali del comune di Avigliana, a mettere in piedi un progetto per ampliare i numeri dell’accoglienza. L’idea fu da subito quella di realizzare in accordo con la Prefettura di Torino un’operazione socialmente sostenibile per i migranti e per la popolazione locale, dando al tutto una dimensione umana.

Mentre la Valle ospitava il suo primo Sprar e si preparava ad accogliere nuovi rifugiati nel 2014 arrivano senza preavviso ad Almese (Comune della bassa Valle di appena 5mila abitanti) circa cinquanta richiedenti asilo tutti giovani africani, ospitati presso un’ex casa-vacanze in una frazione montana adibita a Centro di Accoglienza Straordinaria della Prefettura (Cas). Sebbene fin da subito gli abitanti e l’amministrazione si siano mobilitati, nelle forme più creative ed ospitali per garantire sostegno ai nuovi arrivati gli effetti di un intervento non concordato con il territorio ed il numero elevato di persone ospitate nel Cas, hanno generato alcuni elementi di criticità ed una certa preoccupazione nei Comuni limitrofi. La situazione di Almese al di là dei timori iniziali, non ha però ostacolato il progetto di ampliamento dei numeri dell’accoglienza in Valsusa ed al contrario ha rinforzato negli amministratori la volontà di lavorare per un progetto di accoglienza condiviso e sostenibile per i Comuni. Il percorso di concertazione avviato con la Prefettura ha infatti raccolto l’adesione di ben venti Comuni della bassa Valle ed è culminato con la firma di un protocollo d’intesa stipulato il 14 maggio del 2016 per l’accoglienza di 112 persone. Il protocollo “per l’accoglienza diffusa in Bassa Valle di Susa” è stato dichiaratamente ispirato al sistema nazionale Sprar del Ministero dell’Interno e all’esperienza di micro accoglienza sperimentata fin dal 2011 in Val Brembana a Breno (BS) che coinvolge più Comuni e soggetti del privato sociale fra cui la cooperativa K-Pax.

L’accordo con Avigliana Ente capofila coinvolge i comuni di Almese, Buttigliera, Condove, Novalesa, Sant’Ambrogio, Sant’Antonino, Susa; Borgone, Caselette, Chianocco, Chiusa di San Michele, Mattie, Mompantero, San Didero, San Giorio, Villar Dora e Villar Focchiardo, Caprie e Vaie. Il protocollo in sintesi prevede che i Comuni diano volontariamente la disponibilità ad accogliere richiedenti asilo e rifugiati: in totale fra i venti Comuni saranno ospitate 112 persone ripartite in piccoli numeri (da un minimo di quattro a un massimo di dodici). I richiedenti asilo dovranno essere ospitati presso normali abitazioni private reperite sul mercato. La Prefettura di Torino da parte sua si impegna a non inviare ulteriori profughi sul territorio ed a corrispondere 35 euro pro-die a persona, senza ribasso economico all’Ente capofila per i costi di gestione dell’accoglienza. Un tavolo di  coordinamento degli Enti monitorerà l’andamento del progetto e verificherà il rispetto degli standard di qualità del servizio. Il comune di Avigliana in qualità di capofila del protocollo d’intesa è invece legalmente responsabile dell’attuazione del progetto nei confronti della Prefettura. La gestione operativa del progetto, secondo le linee previste dal Protocollo, prevede invece l’affidamento ad imprese sociali con comprovata esperienza nel settore e conoscenza del territorio.

Nel maggio del 2016 è stata l’associazione temporanea d’impresa (ATI) composta da Coop. Orso (capofila), Coop. Amico, Coop. Frassati, Diaconia Valdese e Fonda zione Talità Kum ad aggiudicarsi il bando per la gestione della micro accoglienza diffusa in Valsusa. Il progetto presentato dall’ATI si caratterizza in particolare per i seguenti aspetti: capacità di sviluppare sinergie dalle differenti specifiche competenze ed esperienze di ciascuna delle cinque organizzazioni; presenza storica sul territorio; capacità di garantire una presenza diffusa su un territorio vasto ed eterogeneo; rispetto dell’autonomia e delle scelte delle persone accolte con l’obiettivo di evitare un modello assistenzialista che vede i destinatari come soggetti passivi ed incapaci di sviluppare efficaci progettualità di vita. L’organizzazione per la gestione del progetto prevede l’attivazione di due poli denominati “centri servizi dell’accoglienza” a cui gli ospiti possono autonomamente accedere in base alle loro esigenze relative all’assistenza legale, socio-sanitaria ed ai percorsi d’integrazione socio-economica. Gli operatori inoltre svolgono le loro attività in modo coordinato e trasversale su differenti equipe di lavoro, composte su base funzionale e territoriale. L’organigramma è strutturato con un coordinatore generale del progetto e due coordinatori territoriali (alta e bassa Valle) mentre gli operatori possono far riferimento ad un referente di “micro-equipe” a cui è affidata l’accoglienza di un massimo di venti persone”. La Coop Amico cooperativa di tipo B (almeno il 30 per cento dei lavoratori deve essere composto da soggetti svantaggiati) si occupa invece esclusivamente di curare l’allestimento e la manutenzione di tutti gli alloggi (ne sono previsti circa 28 Nella gestione del progetto sono attualmente coinvolti trenta operatori in pianta stabile oltre ad un numero variabile di consulenti e collaboratori in base alle specifiche esigenze (servizi di mediazione linguistica e culturale, servizi di tutela psicologica etc.).

Il progetto ha preso il via nel luglio del 2016 con l’arrivo dei primi quattro ospiti. Nel corso dei primi tre mesi gli sforzi si sono concentrati soprattutto sulla ricerca degli alloggi e sulla messa a punto della macchina organizzativa. Nel giro di poco tempo sono stati reperiti ed allestiti quattordici alloggi su dodici Comuni ed ospitate 59 persone fra cui 4 nuclei familiari con bambini molto piccoli. Gli amministratori locali sono stati fin dall’inizio un soggetto attivo e sempre presente in tutte le fasi di realizzazione del progetto. Le riunioni mensili del tavolo di coordinamento del protocollo d’intesa hanno visto la partecipazione della quasi totale maggioranza di sindaci ed assessori coinvolti. Gli incontri oltre ad avere funzione di controllo e monitoraggio sull’andamento delle azioni, sono state anche un momento di confronto, in particolare sulle strategie comuni da adottare in tema di volontariato e inserimento lavorativo. Sono stati organizzati momenti informativi aperti alla popolazione in tutti i Comuni già interessati dall’arrivo di profughi con modalità che permettessero anche uno scambio fra la cittadinanza e i nuovi residenti della micro accoglienza. I funzionari delle amministrazioni coinvolte ed in particolare quelli del comune capofila Avigliana sono pienamente coinvolti nella gestione amministrativa ed operativa del progetto, agevolando in maniera determinante il lavoro di rete con la Prefettura di Torino, gli Enti ed i soggetti gestori dell’ATI.

Il rapporto con la popolazione locale è sempre stato in questi primi mesi collaborativo ed aperto al confronto. Le rivolte xenofobe e l’ostilità contro i migranti viste dalla Valsusa sembrano appartenere ad altri mondi lontani. Associazioni, parrocchie e società civile si sono mobilitate in ogni centro della Valle per agevolare l’arrivo dei profughi e sostenere il progetto. Grazie alla collaborazione delle comunità locali sono nate anche alcune inattese esperienze di scambio e d’incontro. Gli ospiti del comune di Chiusa di San Michele hanno partecipato durante l’estate con i giovani del Paese ad un progetto di riqualificazione urbana. La squadra degli eco-volontari del comune di Avigliana ha accolto fra le sue fila cinque nuovi volontari; sempre ad Avigliana è nato uno spazio denominato “sport migrante” aperto a tutta la popolazione dove settimanalmente si può praticare basket e pallavolo.

Il progetto avviato in Valsusa, richiede sicuramente tempi più lunghi per essere valutato soprattutto in riferimento alle ricadute sociali. La capacità del progetto di garantire efficaci percorsi di autonomia e di tutela delle persone accolte è ancora tutta da verificare così come la sostenibilità e la potenzialità rigenerativa per i territori ospitanti. I primi riscontri sull’andamento del progetto sembrano però confermare che il modello di accoglienza basato su piccoli numeri diffusi sul territorio, sul coinvolgimento responsabile delle comunità locali e sulla collaborazione costruttiva e vigile con il privato sociale, può efficacemente rappresentare una risposta strutturata che ribalta la logica dell’emergenza e garantisce un’accoglienza responsabile e degna di un Paese civile.

Francesco Calabro

cooperativa Orso progetto di micro-accoglienza diffusa in bassa Valsusa

L’articolo dedicato alla Valsusa fa parte del libro Miserie e Nobiltà viaggio nei progetti di accoglienza (26 testimonianze da tutta Italia, 190 pagine, 10 euro) di Chiara Sasso e Giovanni Maiolo (è possibile prenotarlo scrivendo a coordinamento@comunisolidali.org o telefonando allo 011 9724236)

13/12/2016 da Comune-Info

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