Mio caro morbillo

Scrive il Lancet, dando voce a due dei maggiori esperti di sanità pubblica di Canada e Australia: “L’eradicazione del morbillo è la soluzione economicamente più vantaggiosa: si risparmierebbero ogni anno >2 miliardi di dollari per i trattamenti evitati e >63 miliardi di dollari in termine di DALY (anni di vita in buona salute guadagnati)”[1].

Purtroppo, nonostante l’impegno e i proclami dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il morbillo continua a circolare abbastanza indisturbato su almeno tre quarti del Pianeta. Solo nella Regione Americana (che comprende nord, centro e sud America) si è al momento certificato lo stato di eliminazione. Eliminazione vuol dire che la circolazione locale del virus è stata interrotta e che dunque tutti i casi osservati sono originati da un caso di importazione. Questa situazione, in termini di sanità pubblica, è estremamente costosa: significa infatti tenere in piedi una rete di sorveglianza estremamente sensibile ed intervenire massicciamente ad ogni segnalazione di caso. Infatti l’unico modo per mantenere lo stato di paese libero da morbillo, è quello di indagare ogni singolo caso, raggiungere tutti i contatti, sottoporli a sorveglianza sanitaria e, se suscettibili, vaccinarli.

Nel 2011 negli Stati Uniti si sono registrati 107 casi suddivisi in 16 epidemie separate: si trattava di casi originati da casi importati per lo più dall’Europa (qualcuno ahimè dall’Italia). I costi sviluppati da quelle epidemie sono stati stimati fra i 2,7 ed i 5,3 milioni di dollari. Per arginare la diffusione, infatti, i dipartimenti di prevenzione hanno dovuto contattare fra gli 8.900 e i 17.450 individui, generando così un carico di lavoro stimato fra le 42.000 e 83.000 ore[2].

Mantenere lo stato di eliminazione in un mondo in cui il morbillo non è eliminato, costa dunque tantissimo. In Italia siamo ancora lontani dall’eliminazione, nonostante l’impegno preso dal nostro governo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, insieme a tutti i governi della Regione Europea, di eliminare definitivamente morbillo e rosolia. Le coperture vaccinali medie nel Paese non hanno mai raggiunto la fatidica soglia del 95%, anzi negli ultimi anni hanno ripreso a calare grazie all’impegno di tribunali male informati, avvocati e associazioni irresponsabili, deliranti gruppi anti-vaccinisti e tanti, ma tanti, genitori confusi in questo marasma comunicativo. Fatto è che il morbillo continua ad essere endemico in Italia e, a cicli più o meno regolari, ritorna con picchi epidemici come è il caso di quest’anno.

Il 2017, ho paura, vedrà in Italia il picco di morbillo più alto degli ultimi anni. Osservando i dati delle ultime settimane, la curva epidemica è in rapida salita e, purtroppo, gli interventi di sanità pubblica in questa fase servono solo a mitigare la diffusione ma difficilmente riescono a fermarla. Eh già, perché, anche se l’Italia non ha ancora eliminato il morbillo, forse non tutti sanno che comunque per ogni caso di morbillo notificato i nostri Dipartimenti di Prevenzione sono obbligati a contattare il caso, individuare i contatti, mettere in atto misure di vaccinazione ed isolamento, ecc. Si fa, cioè, esattamente quello che si fa negli Stati Uniti e che lì hanno stimato faccia spendere milioni di dollari. In Italia, inoltre, questo carico di lavoro cade sulla testa di un servizio sanitario decisamente stressato, con un organico insufficiente già a gestire la routine. In definitiva, il nostro Paese si trova in una situazione di transizione molto svantaggiosa: non abbiamo eliminato il morbillo, con le conseguenti epidemie cicliche, ma dobbiamo comunque mettere in atto le stesse misure preventive legate al programma di eliminazione.

A queste considerazioni va aggiunta una nota di carattere epidemiologico. Questa lunghissima fase di latenza, con coperture mediocri e non sufficienti a garantire l’interruzione della circolazione del virus, ha fatto si che negli ultimi decenni si sia accumulata una vasta coorte di suscettibili fra gli adulti. Moltissimi dei casi registrati nelle ultime settimane erano in soggetti non più giovani, nati quando il vaccino non era neanche offerto e cresciuti in una società a bassa circolazione del virus con la conseguenza di essere arrivati all’età di 40 o 50 anni senza aver mai avuto la malattia e senza aver mai pensato di doversi vaccinare. Giusto per la cronaca, qui in Toscana uno dei casi  osservati aveva 69 anni! Questi casi fra gli adulti non sono il risultato di un calo dell’immunità individuale (la cosiddetta waning immunity). Sono il risultato di una strategia vaccinale mal condotta.

Ad aggravare il quadro è il fatto che molti dei soggetti adulti di cui si parla sono operatori sanitari o personale dei servizi che orbitano intorno agli ospedali. Questo non ci stupisce, visto che l’ospedale è il luogo che offre maggiori occasioni di contagio in caso di recrudescenza epidemica del morbillo. Se dunque nella popolazione è sparso un certo numero di adulti suscettibili, la probabilità, fra questi, di prendere il morbillo alla loro veneranda età è maggiore se si lavora in ospedale piuttosto che in un ufficio postale. Ma se un impiegato delle poste può anche permettersi il lusso di non riflettere sul proprio stato immunitario verso morbillo e rosolia, per un operatore sanitario questo rappresenta una grave mancanza perché, oltre al rischio individuale, esiste anche un problema di responsabilità professionale nei confronti dei pazienti.

Quanto ci costa, allora, questo morbillo? Certamente pesa sulle tasche del sistema sanitario in modo non indifferente. Sicuramente ci costa in termini di immagine, visto che l’Italia ha già ricevuto un ammonimento da parte dell’OMS su come stia conducendo la campagna di eliminazione. Quello che facciamo in Italia ha infatti risvolti internazionali dal momento che malattie come il morbillo non rispettano di certo i confini. Le politiche vaccinali mal condotte a casa nostra rallentano l’impegno internazionale del programma di eliminazione. Ma quello che è più grave è che se non invertiamo la tendenza e non raggiungiamo presto la soglia per l’eliminazione, questo continuo ripetersi di picchi epidemici porterà con sé il suo prevedibile carico di complicanze gravi e di morti.

Pier Luigi Lopalco, professore ordinario di Igiene, Università di Pisa.

Bibliografia

  1. Durrheim DN, Crowcroft NS. The price of delaying measles eradication. Lancet Pub Health 2017; 2(3): e130-e131.
  1. Ortega-Sanchez IR, Vijayaraghavan M, Barskey AE, Wallace GS. The economic burden of sixteen measles outbreaks on United States public health departments in 2011. Vaccine 2014; 32(11): 1311-1317.

Pierluigi Lopalco

5/4/2017 www.saluteinternazionale.info

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