No Autonomia Differenziata, manifestazione nazionale a Napoli. Sabato 16 marzo piazza Garibaldi, ore 14,30

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Autonomia Differenziata Contro la secessione, da Napoli in poi

Oggi, come nell’emigrazione verso il nord Italia e il nord Europa si sperimenta nel sud l’l’impossibilità quotidiana di avere regole, civili e costituzionali, che permettano di vivere senza la sopraffazione dei potentati economici, politici e di una diffusa criminalità organizzata che permae profondamente, a differenza del mio periodo, i cortili delle stesse istituzioni.

Certamente non serviva l’emergenza pandemica a svelare il deserto dei servizi pubblici, in primo luogo il disatroso stato della sanità al sud. Già cinquant’anni fa per un’ecografia, ad esempio, bisognava fare un centinaio di chilometri e oggi pare sia peggio con la chiusura negli ultimi decenni di ospedali e presidi territoriali.

Con le stesse motivazioni e dinamiche è ripresa da da alcuni decenni l’emigrazione verso il nord Europa di intere famiglie rimamdando la memoria alla prima ondata degli anni 60 che spopolato il sud di energie.

Basterebbero solo questi dati a certificare il degrado economico e sociale, e la povertà di chi resta, che abbruttisce le stesse relazioni sottoposte all’apatia e all’indifferenza anche nei confronti delle ingiustizie e dell’arroganza ottocentesca delle possidenti terrieri oggi non più autonomi nel loro dominio ma, volenti o nolenti, strettamente connessi al malaffare in tutte le forme di sfruttamento e schiavista della manodopera indigenza e migrante.

Quell’apatia e indifferenza che non fa neanche più sperare in un futuro lavorativo e ancor prima a una scolarizzazione, se leggiamo i dati dell’induzione all’abbandono scolastico capiamo il destino assegnato al sud, ancora una volta, dall’Unità d’Italia ad oggi, a domani.

Questi dati riferiscono di contesti familiari riconducibili alle fasce disagiate con un retroterra storicamente povere e amplifica la consapevole scelta classista di tutte le riforme della scuole degli ultimi tre decenni. Quindi è elementare dedurre che la politica dettata dai potentati economici ha deciso di continuare a dare al sud il ruolo di discarica di rifiuti di serbatoio di manodopera, anche nelle repressive forze dell’ordine e nell’esercito destinato aai teatri di guerra, ovviamente meglio se ignorante.

In questo degrado sociale operano le tarme governatrici del nord, con la complicità di moderni Podestà del centrosud, con le loro intenzioni autonomiste sostenute dagli ultimi governi. L’autarchia politica ed economica delle Regioni, propedeutica a questa politica assservita alle sfere parassitarie che dominano le scelte economiche e politiche (vedi le briciole destinate al sud nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza) vuole continuare a farci ammalare di patologie terminali ma, come la storia delle lotte al sud dimostra, ha nel sangue la ribellione per ridisegnare una carta dei propri diritti come vaccino contro le satrapie funzionali alla costruzione dell’impero nordeuropeo che ridisegni la carta geopolitica del continente con i confini determinati dalle fortezze alleate dalla Germania all’Emilia e Romagna con le corti del centro Italia a fare da cuscinetto respingente sul sud destinato a territorio confinante con la solitudine dell’Africa.

La profonda convinzione è che le conseguenze dell’autonomia differenziata non riguarderanno solo il Sud. Ogni territorio, anche al Nord estremo, ha un proprio Sud. E’ il Sud della precarietà, delle difficoltà economiche, della marginalità, ovunque esse esistano. E’ il Sud dei diritti non garantiti.

L’autonomia differenziata liquida definitivamente tutto ciò che è “pubblico”, cioè finalizzato all’interesse generale, destinato a diminuire le differenze tra ricchi e poveri. E’ una famelica rincorsa alla privatizzazione, al privilegio di pochi, sottraendo a tutti gli altri diritti e relegandoli in una ulteriore marginalità. La Lombardia lo ha dimostrato dal 2001 ad oggi – da quando, cioè, la sanità è materia di potestà legislativa concorrente Stato/Regioni – privatizzando il proprio sistema sanitario.

Dietro tale progetto si nasconde né più né meno la divisione del Paese, anche attraverso un diverso accesso e una diversa esigibilità dei diritti universali garantiti a tutte/i le/i cittadine/i ugualmente e su tutto il territorio nazionale. Lo scardinamento del contratto collettivo nazionale determinerà diritti diversi tra uguali, sulla base del certificato di residenza, aumentando ulteriormente le già enormi diseguaglianze tra zone del Paese, contraendo ancor più gli spazi di democrazia, annullando conquiste e lotte dei lavoratori e delle lavoratrici.
L’autonomia differenziata è un disegno eversivo dell’unità della Repubblica.

A questo disegno eversivo risponderà in massa la parte più consapevole del sud con la manifestazione in Piazza Garibaldi il 16 marzo per continuare a rispondere con le le parole e con i fatti al governo, come abbiamo fatto con tutti i govern dal 2018, e per continuare a sensibilizzare la grande massa del sud del tutto ignara della mannaia ormai vicina al collo.
Da Napoli in poi nulla sarà semplice per il governo della restaurazione feudale con elementi di fascismo.

Redazione Lavoro e Salute

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CARTA DEI DIRITTI DEL SUD. PER IL SUD E PER L’ITALIA

Noi donne e uomini che abitiamo le regioni meridionali d’Italia e le vediamo continuamente attraversate dal degrado e dalla povertà;

Noi che abbiamo molta storia difficile alle spalle, ma non ci siamo abbrutiti nelle sofferenze e non ci siamo consegnati all’apatia e all’indifferenza dei sudditi consenzienti, come avrebbero voluto i tanti re che si sono succeduti nell’arco della modernità, ed anche prima, e come avrebbero voluto le classi possidenti e parassitarie che facevano loro da corona:

Noi che non siamo stati piegati neppure dalla ingenerosità di una Italia unita che non ha mantenuto ciò che prometteva e non ha modificato, se non tenuamente, le condizioni di miseria e abbandono;

Noi che abbiamo conosciuto soprattutto i risvolti negativi del decollo economico, largamente segnato, nel nostro Sud, dalla carenza dei servizi pubblici, dalla fatiscenza del sistema viario e ferroviario, dalla insufficienza del credito alle imprese, dalla prevalenza delle produzioni obsolete e tecnologicamente povere;

Noi che viviamo questi luoghi bellissimi, stracolmi di memorie e patrimoni culturali, ma incapaci di dare un futuro lavorativo a tanti nostri figli e figlie, e a tanti padri e madri di famiglia, ancora costretti a cercare altrove, nel nord dell’Italia e fuori dall’Italia, la possibilità di un futuro. Come cinquant’anni fa, cent’anni fa, centocinquant’anni fa;

Noi che sappiamo quanto poco sia cambiato dai silenzi rabbiosi dei nostri trisavoli, col cappello in mano davanti ai possidenti nobili e borghesi. E non basta che nei vicoli tortuosi delle città, i popolani non camminino più a piedi nudi;

Noi che capiamo sempre più chiaramente quanto abbia a vedere con la nostra condizione disperante il sistema sociale che si basa sul profitto di pochi e il lavoro di molti, e che concentra in alcuni poli il buon vivere e la ricchezza e ad altri poli lascia la miseria e la vita di scarto;

Noi che sperimentiamo giorno per giorno quanto continui ad esser duro lo scontro di civiltà tra le regole del vivere solidale e le regole della sopraffazione brutale dei potentati economici, politici, criminali;

Noi che ricordiamo quanto questo Sud abbia combattuto, come sia stato punteggiato da grandi lotte bracciantili e contadine e come i nostri operai non siano stati da meno degli operai del Nord nel rivendicare dignità e diritti:

Noi che solidarizziamo con le tante resistenze che continuano in questo nostro Sud martoriato: dalla tutela dell’ambiente, della salute e dell’istruzione alle battaglie contro l’affarismo clientelare e mafioso che sfregia il paesaggio e le comunità; dalle mobilitazioni per la salvaguardia dei beni comuni ai movimenti che si battono per il potenziamento dei servizi pubblici; dalla denuncia del lavoro precario e sottopagato alla difesa dei diritti di chiunque abiti i nostri paesi e le nostre città, vi sia nato o vi sia giunto con la speranza nel cuore; dalle lotte del lavoro e per il lavoro alla rivendicazione di un reddito e un vivere dignitosi per tutte e tutti; dalla costruzione di spazi aperti di condivisione, solidarietà e accoglienza all’affermazione di una cultura che metta assieme lo tradizioni territoriali e la rottura delle barriere, con lo sguardo inclusivo, aperto al futuro e alla vastità dell’orizzonte;

Noi, insomma, che vogliamo un nuovo Sud in una nuova Italia solidale, resa finalmente uguale per qualità di vita e prospettive di futuro.

SUD LAB

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