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Non aspettiamo il dopo virus per capire

Siamo una società malata? Pare che con l’ausilio Covid-19 ora tutti se ne siano accorti, anche quelli che l’hanno consapevolmente ridotta a questo stadio, quasi terminale come si può facilmente dedurre dalla diagnosi psicosociale. I decessi culturali, intesi come morte della cultura di comunità, che abbiamo riscontrato in questi mesi di quarantena ci dicono che i sintomi erano presenti, radicati, da anni e nessuno oggi, tra chi utilizza il parametro dell’onestà intellettuale, può dire che eravamo asintomatici.

La comunicazione travestita da informazione.

La narrazione mediatica dell’andamento del Coronavirus si fonda prevalentemente su notizie incontrollate e su bollettini ufficiali di fonti interessate. Senza uno scatto in avanti e una profonda riorganizzazione il sistema dell’informazione, da tempo in declino, uscirà da questa epidemia irrimediabilmente distrutto.

Per questo il mantra oggi imperante “Niente sarà come prima” rischia di essere una presa per i fondelli, che ci scambiamo sui social e nelle chiacchierate a distanza sui balconi e per strada, se non operiamo un esame di coscienza da chiedere a noi stessi, ancor prima che agli altri, per creare un atto di cesura con il passato di consenso, spesso consapevole, ai distruttori dello stato sociale, e della sanità pubblica in particolare.

Oggi in tanti si ingegnano a prevedere, dopo l’esperienza del coronavirus, come le cose dovrebbero cambiare, e tanti ancora affermano che il virus cambierà il mondo in maniera permanente e che il populismo e il sovranismo saranno sconfitti.

Cosa potrebbe cambiare in peggio.

Il peggioramento che non vorremmo vedere una volta finita l’epidemia: dalla cementificazione delle grandi opere ad un approfondimento delle diseguaglianze.

Per noi noi questa è una speranza forte ma i segnali ci portano a considerare che i potenti si stiano attrezzando molto meglio degli sfruttati, e degli ultimi di questo mondo mortalmente diseguale, per capitalizzare il Covid-19 e rendere
lo stato sociale, sopravvissuto a decenni di lotta classe unilaterale, un malato terminale, dato che non sono riusciti ancora ad instaurare compiutamente governi di stampo fascista e conseguenti leggi marziali.

Fase piena di pericoli, ma anche
di altre opzioni.

Le emergenze, reali o presunte, possono legittimare e accelerare misure economiche anti-popolari (la shock economy), limitare le libertà individuali, perfino ridurre le garanzie democratiche.

Comunque, si va manifestando in maniera molto forte la scelta da parte di molti governi, anche europei, di strumenti antidemocratici, con la motivazione del combattere il virus, dai droni spioni, ai programmi di sorveglianza di massa, fidando sulla paura e quindi sull’accettazione ad essere segregati tout-court, e costruendo infinite e invisibili gabbie sociali che determinano una mirata epidemia psichica come permanente effetto collaterale del coronavirus, letale in quanto produce tristezza, rabbia, senso di impotenza, frustrazione, solitudine, insonnia, angoscia, depressione, trasformandoci in sofferenti psichici.

Non c’è salute senza salute mentale!

Bisogna garantire il funzionamento della rete territoriale della Salute

Mentale, come dei servizi territoriali
rivolti agli anziani, alle persone con disabilità, alle persone con malattie croniche e occorre farlo subito, perché “non c’è salute senza salute mentale!”»: lo si legge nell’appello della Conferenza Nazionale per la
Salute Mentale.

Si valuta in oltre il 50% delle persone in questo periodo in isolamento perché contagiate da coronavirus avrà disturbi emotivi. “ un supporto psicologico programmando sin da ora il post epidemia, prevedendo gli interventi per le patologie che sicuramente si manifesteranno sotto forma di disturbi post traumatici da stress”.
A mettere in guardia è Fabrizio Starace, presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica (Siep).
Quanto alla situazione psicologica degli operatori sanitari, vanno forniti loro oltre ai presidi “fisici” anche “dispositivi di protezione emotiva, psicologica..

Bisogna pur chiedersi chi dovrebbe dare ascolto al personale sanitario a rischio senza protezioni adeguate e agli operai delle grandi fabbriche. E allora una domanda sorge spontanea: di questi aspetti le istituzioni, nazionali e regionali, se ne stanno occupando, o perlomeno li hanno messi in agenda?

Macché! Piuttosto si sono preoccupati a pararsi i fondelli da eventuali interventi della Magistratura.

I partiti di maggioranza e dell’opposizione (quella in Parlamento) hanno tentato il colpo con una serie di” emendamenti al decreto “Cura Italia con cui puntano a cancellare responsabilità di ordine penale, civile, amministrativo ed erariale di quanti rivestivano ruoli politici e gestionali nelle tragiche scelte politiche fatte in questi decenni. Responsabilità che risalgono a quasi vent’anni fa e che oggi vengono a galla.

L’avvertimento del virus.

Nel 2002, quando vi fu l’epidemia
di coronavirus SARS, i virologi avevano avvertito che sarebbero seguiti altri coronavirus e che si sarebbe potuto trovare un vaccino, ma i governi si rifiutarono di finanziare la ricerca; essi vogliono che la ricerca medica resti nelle mani delle aziende multinazionali farmaceutiche, il cui obbiettivo non è la salute pubblica, ma ottenere profitti attraverso la vendita di medicine sul mercato dei pazienti solventi.

Ulteriore spregevolezza gliela dobbiamo comminare in rapporto all’immunità mediatica che riserva loro l’informazione non parlando più, neanche quel poco di prima, degli infortuni e delle morti sul lavoro che continuano senza alcuna soluzione di continuità. Definirla delinquenza politica pare poco.

Per avere la piena impunità sui misfatti di questo periodico epidemico, come quella storica sui tre morti al giorno nei loro luoghi di schiavitù produttiva, forse non ci riusciranno subito ma troveranno tempo e modi, nelle pieghe della impenetrabile discrezionalità con la quale fanno politica, per portare a termine la loro opera. Si serviranno di tuti gli strumenti per capitalizzare il virus in corso per ridurre lo stato sociale e l’occupazione a malto terminale.

Quella che oggi pare una scelta obbligata di prevenzione come quella di stare chiusi in casa è una grande opportunità per i poteri del dominio tecnologico.

Il dominio di Big Tech.

L’aumento del tempo trascorso su web, lo smart working e l’insegnamento a distanza, spinge a grande velocità i processi inarrestabili di cattura delle vite delle persone, campionate attraverso i dati personali. Giganti dell’informatica come Google, Amazon, Microsoft, Facebook e Apple si sono buttati a capofitto per approfittare di questa straordinaria occasione per accumulare dati.

Nel mentre stanno tentando, certi del servilismo di TV e giornali, di farsi belli con la cantilena “Bisogna investire nella sanità pubblica” fidando sulla memoria sotterrata da questo sistema informativo nelle loro mani su delega dei poteri editoriali dei quali sono diretti referenti politici.

Non possiamo restare indifferenti, di fronte a tanto spregiudicato cinismo, fermarli si può, a iniziare dal chiedere una pena per i responsabili politici, non parliamo di carcere ma di inibizione perenne dalla gestione della cosa pubblica e la restituzione allo Stato di quanto percepito durante il dannoso mandato politico.

E’ il momento di puntare a obbiettivi che fino a ieri ci hanno detto che erano
solo utopie perché non consideravano le leggi dell’economia capitalista che non può prescindere dallo sfruttamento di una parte della forza lavoro e tenere l’altra parte nel parcheggio della disoccupazione e della sosta della precarietà.

Ridurre orari, distribuire il lavoro.

Spesso grandi conquiste dei lavoratori avvengono dopo un crak del sistema, come le otto ore che furono conquistate dopo la prima guerra mondiale e l’epidemia di spagnola. E’ il momento di tornare a lottare per una riduzione di orario di lavoro.

Come si può intuire, è lo storico conflitto tra il profitto dei soliti noti e la vita e la salute di tutti, la strada per uscire dal disastro c’è, dobbiamo imboccarla o continueremo ad alimentare oggi l’odio tra i popoli e domani la guerra tra i poveri.

Non è utile tornare “come prima” dopo una crisi planetaria visto che prima c’erano già milioni di persone oppresse dalla povertà o dallo sfruttamento. Non dimenticando che in altri continenti milioni di persone stanno ignorando il

corona virus, semplicemente perché per loro è normale e naturale vedere un bimbo morire di diarrea o chiamare “vecchio” un cinquantenne.

Popoli senza acqua, senza fogne, dall’alimentazione scarsa, dal sistema immunitario fisiologicamente compromesso fin dalla nascita.

Popoli derubati e calpestati da un’occidente che oggi si scopre vulnerabile e malato a causa dell’ingordigia di sette al governo dei suoi paesi.

Popoli già decimati, principalmente, dal criminale inquinamento industriale che ha paura di perdere gli iper profitti da una riconversione produttiva di beni comuni.

L’anno scorso l’OMS ha stimato che ogni anno circa otto milioni di decessi siano attribuibili all’inquinamento atmosferico. Per quanto riguarda l’Europa, invece, l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha registrato che nella sola Italia per le polveri sottili ogni anno muoiono circa 80.000 persone.

Parliamo del popolo del nord Italia lasciato, dalla mancata autorevolezza del Governo, nelle grinfie mortali dell’incapacità dei “Governatori”.
Quell’incapacità, amplificata dalla loro arroganza, che sta alla base della loro richiesta di autonomia totale, su tutte le materie dello stato sociale, dallo Stato, ma già oggi la loro gestione dell’emergenza ha posto gravi rischi per la salute pubblica e per l’impianto costituzionale e la stessa convivenza civile.

Risulta evidente che se vogliamo evitare il rischio di una catastrofe sociale e politica, serve più welfare, più equità, più cultura, più ricerca scientifica, più diritti, più laicità, più democrazia, altrimenti i settori politici, militari e finanziari propensi all’abbattimento totale della democrazia costituzionale, avranno buon gioco per restringere gli spazi di libertà e partecipazione, in particolare delle classi sociali più basse più esposte alle disuguaglianze, di salute, come dimostra la gestione colpevole della pandemia e sociali in generale.

A conferma di quanto affermo arriva la decisione del Governo di affidare la “fase 2, 3, 4,….” a una task-force, di ispirazione politica bipartisan, composta da manager espressione degli interessi egoisti degli imprenditori propagatori del virus. Quindi la scelta è quella di sempre: lacrime e sangue per i soliti.

Franco Cilenti

Editoriale del periodico cartaceo Lavoro e Salute numero 4/aprile 2020 www.lavoroesalute.org

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