Non autosufficienza. Sull’approvazione del disegno di legge di bilancio

Con l’approvazione del disegno di legge di bilancio da parte del Consiglio dei Ministri e la prospettiva di un risicato dibattito parlamentare senza emendamenti di maggioranza, è scattato l’allarme sull’assenza di fondi per la non autosufficienza, dei quali la manovra non fa cenno. Il «Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza», variegata organizzazione cui hanno aderito mutue e assicurazioni, gestori dei servizi, associazioni degli utenti e Caritas, ha quantificato tra i 5 e i 7 miliardi il budget complessivo «di legislatura» necessario, segnalando la necessità che in questa tornata di bilancio venga stanziato almeno un miliardo come segnale dell’attenzione al tema da parte del Governo. Si tratta, però, del finanziamento della neonata legge 33 del 2023 in materia di «politiche in favore delle persone anziane», per la quale non sono nemmeno ancora stati approvati i decreti attuativi. Una norma di politica sociale (non sanitaria) che l’autorevole giurista Giovanni Maria Flick ha invitato a osservare con molta prudenza, sollecitando le associazioni di difesa degli utenti a spendersi per conservare intatto «ciò che già c’è ed è garantito – anche se insufficiente rispetto al fabbisogno – per i malati inguaribili, sotto la tutela dell’articolo 32 della Costituzione, a salvaguardia della loro salute e del loro diritto alle cure»

Il contesto. Il quadro finanziario, e quindi di prestazioni concrete per gli utenti, della complessa materia delle prestazioni sanitarie, previdenziali e assistenziali destinate ai malati cronici non autosufficienti è più articolato e ampio rispetto alla singola manovra di bilancio, poiché tiene conto delle spese storiche nel settore, dei diritti esigibili ai quali lo Stato è tenuto a dare risposta, dei servizi strutturati (il sistema delle Residenze sanitarie assistenziali, quello delle cure domiciliari…). È bene, quindi, senza tacere degli aspetti negativi delle politiche in atto, addirittura discriminanti per gli anziani malati non autosufficienti, provare a fare un po’ di chiarezza in merito alle cifre nazionali e ad alcune ricadute locali. L’obiettivo di questo servizio è fare chiarezza a favore dei malati e delle loro famiglie, ma anche per quei luoghi/servizi di prossimità (le parrocchie e i centri d’ascolto, per esempio) che spesso intercettano la fatica, persino la disperazione di chi non ha accesso alle cure e ai servizi, non di rado per mancanza di informazioni e orientamento, spaventato da una comunicazione allarmistica.

Un quadro esaustivo delle risorse impiegate per i malati non autosufficienti è contenuto nel documento «Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario» redatto a giugno di quest’anno da Ministero dell’economia e delle finanze, cui la finanziaria approdata in Parlamento fa esplicitamente riferimento. «La spesa pubblica per le cure di lunga durata (long-term care, Ltc), rivolta agli anziani (…) non autosufficienti, include tre componenti – spiega il rapporto –: la componente sanitaria, la spesa per indennità di accompagnamento e la spesa per altre prestazioni Ltc».
Sanità. La spesa sanitaria comprende un variegato ventaglio di prestazioni, dall’assistenza sanitaria territoriale (soprattutto semi-residenziale e residenziale in Residenza sanitaria assistenziale – Rsa) a quella di lungodegenza. Secondo gli osservatori del settore, nel 2022 la spesa nazionale per questa componente riferita agli ultrasessantacinquenni malati non autosufficienti è stata di 9 miliardi.

In Piemonte, da questa ripartizione del Fondo sanitario nazionale, vengono attinte le risorse per pagare le quote sanitarie delle rette in Rsa (il 50% della retta complessiva, il resto è a carico dell’utente o del Comune). Che la spesa sia fortemente sottodimensionata rispetto al fabbisogno e al diritto soggettivo di cura dei malati non autosufficienti, è un dato di fatto: degli oltre 30mila utenti ricoverati in Residenza sanitaria assistenziale in Regione, solo la metà è attualmente destinataria della convenzione sanitaria Asl che copre la metà dei costi di ricovero. La spesa regionale per i ricoveri in Rsa è di 280 milioni di euro; ne servirebbero il doppio (arrivando a circa il 6% del budget annuale della sanità piemontese) per fare in modo che tutti i ricoverati siano beneficiari della convenzione: oggi circa 15mila posti Rsa sono occupati da malati che pagano di tasca propria l’intero importo della degenza – 3.000 euro al mese – poiché si sono visti rifiutare l’intervento sanitario, cioè negare il loro diritto alle cure, dalle commissioni valutative delle Asl.

Indennità. La seconda componente della spesa statale destinata ai malati non autosufficienti è costituita dall’indennità di accompagnamento: un’erogazione di liquidità di 527 euro mensili corrisposta «al solo titolo della minorazione» a persone che non possono deambulare autonomamente o che non sono in grado di svolgere le funzioni della vita quotidiana senza aiuto di terzi. Si tratta di una prestazione monetaria, erogata a favore dei non autosufficienti di tutte le età, a prescindere dalla loro condizione economica. Nel 2022, l’importo complessivo delle indennità di accompagnamento erogate agli ultrasessantacinquenni è stato di 10,7 miliardi, lo 0,5% del Pil.

Altre risorse sociali. Il rapporto del Ministero delle finanze qualifica come «altre prestazioni per Ltc» l’insieme eterogeneo di interventi, erogati prevalentemente a livello locale dai Comuni, soggetti a verifica della condizione economica dei richiedenti (Isee). Il loro ammontare complessivo è stato nel 2022 di 4,7 miliardi. Su questo capitolo di spesa insiste anche il «Fondo per le non autosufficienze» per un ammontare di 700 milioni di euro, previsto in crescita nei prossimi anni, creato in origine (legge finanziaria dell’anno 2007) per permettere ai Consorzi dei servizi socio-assistenziali locali di integrare a livello economico la parte di retta alberghiera non versata dagli utenti indigenti.

Oggi il Fondo – snaturato rispetto ai propositi originari, formalmente ancora mantenuti ma di fatto inapplicati – è destinato a prestazioni eterogenee, dalla promozione della Vita Indipendente dei disabili alle prestazioni domiciliari, ai contributi sociali per i malati di Sla. In Piemonte, con questa componente si pagano le prestazioni domiciliari di lungoassistenza per i non autosufficienti: un settore di intervento che, ben più di quello residenziale, denuncia la scarsità di fondi e l’assenza di una presa in carico sanitaria di reale risposta alle esigenze dei malati non autosufficienti. A Torino sono 4.000 gli anziani malati non autosufficienti assistiti a domicilio, ma altri 4.300 si sono visti negare la prestazione da Asl e Comune.

In definitiva, quindi, sommando la componente sanitaria, quella dell’indennità e la spesa socio-assistenziale comunale, le risorse destinate ai malati non autosufficienti ultrasessantacinquenni sono state le 2022 pari a 24 miliardi; cifre che il Ministero delle Finanze conferma di fatto anche per gli anni a venire. In valori relativi, si tratta dell’1,3% del Pil (l’1,7 se si considerano anche i non autosufficienti sotto i 65 anni), che rende il confronto con altri paesi europei impietoso, in analogia a quanto avviene per il Fondo sanitario in rapporto alle spese per la salute.

Andrea Ciattaglia

Direttore della rivista “Prospettive. I nostri diritti sanitari e sociali”, voce del Csa – Coordinamento sanità e assistenza e della Fondazione promozione sociale, storiche organizzazioni di promozione e tutela dei diritti dei malati non autosufficienti e delle persone con grave disabilità.

13/11/2023

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