NoTap: La testimonianza di Valentina detta “Terrore”, vittima della violenza di Stato.

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Tutti a raccontare ciò che non hanno vissuto… ma chi c’era?!

Sono Valentina, detta “terrore” anche dalla digos e dai questurini di Lecce e non…

Sono tra i 50 ‘violentissimi e pericolosissimi delinquenti’ che passeggiavano nelle campagne salentine, fermati a ridosso della zona rossa.

Per molti giornalisti, cittadini e per la questura sono una persona pericolosa per l’ordine e la sicurezza pubblica, ma in realtà pochi sanno che nella vita vera realizzo giocattoli e accessori per bambini. Eh sì, delusi vero?! Dai racconti in giro vi aspettavate una terrorista?

Spiacente, mettete fiori nei vostri cannoni.

Da mesi spendo la mia vita opponendomi alla costruzione del gasdotto Tap.

E si, mi è stato contestato anche questo nel verbale della questura… Gasdotto che anche ora ritengo illecito, con intrighi loschi e una speculazione di denaro pubblico senza precedenti. Considero tutt’ora le aziende collaboratrici, gli emissari, i difensori e i fan, complici e colpevoli quanto la stessa multinazionale, di questo malaffare. E mi spiace per il prefetto o per il questore, ma, non accolgo il loro “invito” a cambiare condotta (sempre citato nel lungo verbale di oltre 10 pagine) perché non ritengo assolutamente che io, difendendo il territorio, sia dalla parte sbagliata del sistema, anzi, colgo l’occasione come ieri sera a invitare i lorsignori a cambiare punto di vista… e di vita. Molto meglio essere liberi, che servi!

Detto questo, noi 50 che passeggiavamo a ridosso della zona rossa…

Zona che per me non dovrebbe esistere, perché non dovrebbe essere limitata la libertà umana solo per affari privati ed economici, non lo trovate anche voi abbastanza squallido?! Beh, noi quella libertà l’abbiamo chiesta, l’abbiamo urlata, l’abbiamo pretesa e ieri l’abbiamo fatta nostra. È stata un’emozione vedere la torre dove sventolava la nostra bandiera, dove per tante notti abbiamo guardato un manto di stelle nel silenzio assordante; è stato un’emozione vedere quel fico che ogni giorno ci regalava frutti succosi e dolcissimi, momenti che regalavano a tutti quel sorriso solidale e forte. E nelle mie vene ha iniziato a scorrere la forza della vittoria, della libertà!

E poi?!

Poi, l’orrore.

L’elicottero basso sulle nostre teste, l’agitazione, una marea di caschi blu con scudi e manganelli pronti. Da lì tutto è cambiato, non dovevamo salvare: dovevamo salvarci. Ed è iniziata la corsa, la paura, ma allo stesso tempo la forza data uno con l’altro. Chi con i polmoni forti che si fermava e aiutava chi non ce la faceva più; occhi avanti, occhi dietro, occhi ovunque: e quella marea blu che continuava ad avvicinarsi minacciosa e assetata di sangue.

E poi ecco lì, un dolore lancinante alla testa, le mani che la prendono forte e quel colpo che ti fa cadere a terra. Alzi gli occhi sperando stiano tutti bene e boom, un altro dolore lancinante al fianco. E ancora. Ancora. Ancora. Finché non senti un abbraccio amico che cerca di proteggerti e altrettanto senti i colpi su di lui. E ti ritrovi con la faccia schiacciata tra terra, rovi e sassi, con le mani dietro la schiena e le manette ai polsi strette, mentre qualche Simpaticone ogni tanto si diverte ad avvicinarsi e dare qualche tallonata ai fianchi, tanto, tu sei inerme, dolorante e spiaccicata a terra.

Da lì il teatrino: “siete tutti in arresto! Portateli tutti via! Questi non devono parlare e finiscono in galera! Con questi ci divertiamo!” Funzionari, a mio avviso, troppo esaltati. E sempre ammanettata neanche fossi la peggio criminale di sto mondo, vengo trascinata o spinta, a scavalcare muretti, camminare su un terreno pieno di rovi e poco scorrevole, a raggiungere assieme ai miei compagni una zona dove ad attenderci c’erano i blindati.

E lì, come fossimo la peggio specie sulla terra, veniamo fatti inginocchiare per quasi un’ora, sul terreno pieno di pietre, freddo e umido, con rimproveri e minacce se ci avvicinavamo uno all’altro. Abbiamo cercato di contattare i nostri avvocati, ma l’azione è risultata poco piacevole ai funzionari, che ci hanno fatto sequestrare borse, zaini, marsupi e cellulari.

Ciao ciao diritti!!

Nel blindato vi risparmio i commenti sessisti che siamo state costrette ad ascoltare, vi dico solo che l’uomo di Neandertal sarebbe stato più evoluto…

E poi, l’arrivo in questura: la loro falsa agitazione davanti ad un paio(?!) di giornalisti chiamati da loro stessi probabilmente: “facciamoli entrare da dietro”, “non sappiamo quanti sono”, “che ne facciamo di loro” e così, rimaniamo chiusi in una piccola cella che loro chiamano “stanza dei fermati” per 8, quasi 9 lunghissime ore. Da lì, perquisizioni, battutine sull’intimo indossato, battutine sul ciclo mestruale, momenti privati al bagno da condividere con i poliziotti dietro le porte, assenza di rispetto e dignità, assenza di buonsenso e cuore.

Ma soprattutto: assenza di carta igienica in tutta la questura di Lecce!

(Un’appello a tutti quelli che ci regalavano carta igienica al presidio, portatene anche lì o ce la portiamo noi)

Chiamata ai famigliari? Negata.

Chiamata agli avvocati? Negata.

Notizie sui compagni? Negato.

Verbali su verbali, carte su carte, giri su giri…

Per cosa?! Per niente!

Perché è così che si conclude la mia serata: con un foglio di via da Lecce, marine e frazioni per tre anni. Foglio di via da Melendugno, frazioni, marine e qualche paese d’intorno per tre anni. E una serie di denunce e contestazione di vari articoli…

Beh, Terrore non potrà andare a Lecce, non potrà andare a melendugno: ma tutto il mondo è paese!

E se sei Notap, lo sei ovunque!

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Porteremo la lotta NOTAP ovunque
Siamo stanchi ma per nulla scoraggiati, torniamo da una giornata di dura lotta. Siamo arrivati a Melendugno, dopo essere stati a Lecce il giorno prima, assieme ad altri compagni e compagne baresi per portare il nostro supporto alle manifestazioni NO TAP contro repressione e militarizzazione dei territori.

Lecce – 8 dicembre 2017 – corteo contro la repressione e i fogli di via

Il nostro sarebbe stato un resoconto differente se non avessimo incontrato sul nostro percorso 1 elicottero, centinaia di uomini e donne delle FDO, oltre a camionette, blindati e auto usate per aggredire militarmente 52 fra compagni e compagne, di cui 3 minorenni, che passeggiavano fuori dalla zona rossa istituita dallo stato nell’agro di Melendugno, a difesa degli interessi e del cantiere di TAP.
Ci siamo ritrovati isolati ed inseguiti dalla polizia in assetto antisommossa sino a quando non siamo stati circondati e a quel punto sequestrati per oltre due ore nelle campagne. Cariche e pestaggi, compagne colpite a terra, compagni ammanettati e costretti a stare in ginocchio e mentre l’elicottero ci sorvolava ci venivano sottratti documenti e cellulari e tutti coloro che intendevano reagire venivano da subito colpiti con i manganelli e ridotti al silenzio. Dopo oltre due ore di attesa siamo stati divisi in gruppi e deportati a Lecce tra questura e comando dei carabinieri dove siamo rimasti per oltre 8 ore per le fotosegnalazioni e le impronte digitali senza la possibilità di poter usare i servizi igienici, bere o avere assistenza sanitaria: due attiviste hanno avuto la possibilità di accedere alle cure mediche solo dopo il deciso intervento di una infermiera del 118 nei confronti di una dirigente della Digos mentre il bagno veniva concesso solo in base all’umore della guardia di turno. Compagne e compagni portati al comando dei carabinieri sono stati sottoposti a invadenti perquisizioni corporali mentre le compagne hanno dovuto subire insulti sessisti e commenti su biancheria intima e orientamenti sessuali. Solo dopo le due di notte abbiamo avuto la possibilità di riabbracciare i/le nostr* compagn* dai quali eravamo separati solo da un muro e quindi di riabbracciare tutti gli attivisti e le attiviste che ci attendevano in strada. Cellulari sequestrati senza motivi plausibili oltre ad alcuni k-way con il cappuccio, un pericolosissimo cavatappi, un letale coltellino multiuso e qualche volantino, questo il bottino di guerra delle forze del ordine. Siamo riusciti a recuperare le nostre macchine in tarda nottata per metterci in strada e arrivare a Bari alle 6 di mattino, stanchi ma carichi e determinati.
Come compagni e compagne di Ex-Caserma Liberata e collettivo Athena, al fianco del popolo NOTAP, ribadiamo che non sarà la repressione a fermare la lotta per la tutela del nostro territorio dagli interessi di imprese e multinazionali, non saranno i vostri comportamenti cileni a scoraggiare la nostra determinazione contro un’opera dannosa per tutti, tranne per coloro che trarranno profitto dalla devastazione della nostra terra.
Rigettiamo le ricostruzioni fantasiose di giornali e telegiornali che riportano solo le veline della questura di Lecce. Non è stata mai violata la zona rossa così come se uomini e donne delle FDO sono rimasti feriti durante le cariche questo è dovuto esclusivamente alla loro incapacità di stare su due piedi mentre corrono. Menzogne scritte per mettere in scena il solito teatrino dei buoni e dei cattivi, mentre quanto accaduto nei giorni scorsi è la dimostrazione che la lotta contro TAP è una lotta di popolo dove uomini, donne e bambini marciano compatti in un’unica direzione. La zona rossa non esiste.
Porteremo la lotta NOTAP ovunque.
Ex-Caserma Liberata
Collettivo Athena
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