Opporsi alla schiavitù economica del Ttip . > Il semestre europeo in mano al governo PD/Berlusconi darà agli italiani che li hanno votati il criminale compito di aprire alla concorrenza tutti i settori «invisibili» e di interesse generale. Gli stati firmatari sottomettono i loro servizi pubblici alla logica del mercato, ma anche a rinunciare a qualunque intervento sui fornitori stranieri di servizi che ambiscono ai loro mercati. E non avranno più parole su sanità, energia, educazione, acqua, trasporti e agricoltura.

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Ttip, ossia il Trat­tato tran­sa­tlan­tico per il com­mer­cio e gli inve­sti­menti, è un patto che gli Stati Uniti chie­dono, per non dire impon­gono, ai paesi dell’Unione euro­pea. L’intento dichia­rato dagli Usa e fatto pro­prio da Bru­xel­les è rilan­ciare il com­mer­cio inter­na­zio­nale e abbat­tere i prezzi delle merci e dei ser­vizi. Nell’acuminata cri­tica di Saskia Sas­sen, pub­bli­cata da Open Demo­cracy ,si indica una atteso van­tag­gio di 545 euro per fami­glia dall’introduzione del Ttip.

Sas­sen fa notare che non si quan­ti­fica il costo della per­dita di lavoro che col­pirà quella stessa fami­glia. È lo scon­tro tra mul­ti­na­zio­nali e per­sone indi­fese e non è una gara equi­li­brata, per­ché le per­sone hanno le mani legate. La let­tura pre­va­lente del Ttip è diversa da quella dei governi euro­pei. Si ritiene piut­to­sto che gli Usa vogliano garan­tirsi un’egemonia indi­stur­bata nei con­fronti dell’Europa con il con­trollo poli­tico, raf­for­zato da leggi pre­cise, valide per il pros­simo futuro in tutti i paesi facenti parte dell’Ue, nes­suno escluso. La scelta dei tempi, per non dire la fretta dell’operazione, ha pro­ba­bil­mente ori­gine nella grave crisi dell’economia occi­den­tale, cul­mi­nata nel 2008 e tut­tora pre­sente in molti paesi d’Europa. È dif­fusa la pre­oc­cu­pa­zione di per­dere altri colpi nei con­fronti dello slan­cio cinese che con­tem­po­ra­nea­mente sta com­ple­tando una serie di accordi con­cor­renti (il Regio­nal Com­pre­hen­sive Eco­no­mic Part­ner­ship, o Rcep, che com­prende oltre a Cina anche India, Giap­pone, Corea) nell’altra parte del globo, esclu­dendo da tali accordi gli Usa. Qui c’è un aspetto da sot­to­li­neare: Bru­xel­les e i governi euro­pei inte­res­sati sono con­vinti di rivi­vere l’epopea del Piano Mar­shall e quindi non hanno il corag­gio di tirarsi indie­tro, o almeno di pren­dere tempo. I governi, uno per l’altro, temono di per­dere qual­che grande occa­sione di rilan­cio e di cre­scita, lasciando l’ascensore a qual­che stato con­cor­rente. A sug­ge­rire un tale risul­tato con­cor­rono in modo deter­mi­nante le schiere di lob­bi­sti sti­pen­diati dalle mul­ti­na­zio­nali che con­vi­vono con gli eletti del Par­la­mento euro­peo e inse­gnano loro il mondo e i dintorni.

Cor­po­ra­tion e lob­bi­sti fio­ri­scono, al Senato e tra i rap­pre­sen­tanti, anche a Washing­ton, sia pure in un sistema di pesi e con­trap­pesi che offre cre­di­bi­lità demo­cra­tica al qua­dro poli­tico; una forma di demo­cra­zia ben pal­lida in Europa, ammesso che ci sia. Se que­sto è vero, se esi­stono tal­volta i con­trap­pesi, rimane però sem­pre, soprat­tutto oltre Atlan­tico , il prin­ci­pio della difesa dell’America, uno strac­cio rosso che viene sven­to­lato davanti agli occhi del pre­si­dente – ogni pre­si­dente – che così si con­vince a fir­mare qual­siasi obiet­tivo e a ini­ziare qual­siasi guerra che le mul­ti­na­zio­nali – del petro­lio, dell’auto, della finanza, delle der­rate ali­men­tari, delle reti com­mer­ciali, dell’informazione – riten­gano indi­spen­sa­bile al buon corso della nazione.

L’America lo vuole. In sostanza le mul­ti­na­zio­nali hanno la meglio; sanno cor­rom­pere e invi­schiare con i loro buoni argo­menti; e sanno ser­virsi dell’arma finale: la difesa della demo­cra­zia con­tro il comu­ni­smo, oppure, se del caso, con­tro il ter­ro­ri­smo. Que­sto argo­mento ha por­tato a un con­trollo molto inva­dente di inter­net. Per far­sene un’idea si può leg­gere il blog di Marco Schiaf­fino sul Fatto . Da noi, in Europa, non sem­pre è così, non tutto è così e la par­tita è ancora in corso. A fianco di un potere tra­di­zio­nale che è filoa­me­ri­cano sem­pre e comun­que, vi sono, da destra a sini­stra, anche par­titi, sin­da­cati, gruppi sociali, movi­menti, per­sone che si oppon­gono alle guerre, quelle pre­ven­tive e quelle por­ta­trici di demo­cra­zia; e, per quanto vale, rifiu­tano la schia­vitù eco­no­mica, quella pro­pria e quella altrui.

Guglielmo Ragozzino

17/10/2014 www.ilmanifesto.info

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