Palestina. Violenza coloniale di Israele dopo la criminalizzazione di 6 Ong palestinesi

«… Israele ha definito qualsiasi mossa palestinese che non fosse una resa all’apartheid e all’occupazione come “terrorismo”. Fare appello alla Corte penale Internazionale? Terrorismo giudiziario. Rivolgersi alle Nazioni Unite? Terrorismo diplomatico. Invitare al boicottaggio i consumatori? Terrorismo finanziario. Protestare? Terrorismo popolare»

Con queste parole Hagai el Ad, direttore di B’Tselem, la maggiore associazione israeliana per i diritti umani, ha accolto la decisione del Ministro della Difesa israeliano Benny Gantz di classificare come terroriste 6 ben note e internazionalmente riconosciute ONG.

Il fatto

Le 6 associazioni, dal 19 ottobre “terroriste” secondo Israele ai sensi della legge nazionale antiterrorismo (2016) sono: Addameer, Al-Haq, Bisan Center for Research and Development, Defense for Children International – Palestine (DCI-P), Union of Agricultural Work Committees (UAWC) e Union of Palestine Women’s Committees (UPWC). Sono state messe fuori legge dal comandante militare israeliano in base ai regolamenti di emergenza del 1945, dichiarandole “associazioni illegali” (https://www.adalah.org/uploads/uploads/Adalah_Expert_Opinion_Palestinian6_Nov2021.pdf).

Oggi sono legalmente rappresentate da Adalah (giustizia in arabo) – The Legal Center for Arab Minority Rights in Israel, dall’avvocato Michael Sfard e dall’avvocato Avigdor Feldman. Adalah, organizzazione indipendente per i diritti umani e centro legale, è stata fondata nel novembre 1996 da due importanti ONG arabe – The Galilee Society e Arab Association for Human Rights (HRA), ed è diventata una Ong indipendente nel 1997.

La criminalizzazione è, a loro avviso, una decisione palesemente politica volta a distruggere la società civile palestinese, servendosi di leggi arbitrarie e misure di emergenza. Delegittimare e screditare il lavoro di questi gruppi, mettendo le organizzazioni, il loro personale e i loro sostenitori in pericolo, mira anche a provocare un taglio dei finanziamenti internazionali su cui si reggono. A conferma di questo, il Governo Olandese nei giorni scorsi ha deciso di mettere fine al proprio finanziamento di una delle Ong UAWC (comitati per il lavoro agricolo) che durava dal 2013!

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Il tutto in assenza di prove che, nonostante le richieste di Adalah e autorità internazionali, rimangono “segrete”!

Perché adesso?

Ci sono almeno due ragioni, che spiegano l’azione di Israele: la prima sta nei risultati importanti raggiunti dalla società civile palestinese con la denuncia presso la Corte penale internazionale, volta al perseguimento degli israeliani responsabili di crimini di guerra (compreso Benny Gantz!) e di apartheid, smascherando il sistema vigente e le infinite vessazioni anche sui bambini, dell’amministrazione civile e dei coloni. Il lavoro più importante di Al-Haq negli ultimi anni è stato fornire assistenza alla Corte penale internazionale nelle sue investigazioni sui crimini israeliani. La seconda, che chiama in causa la politica mondiale, è la pluridecennale impunità di Israele, che non ha mai dovuto pagare per i suoi crimini un prezzo, imposto dalla Comunità internazionale, inclusa la Unione Europea, come è avvenuto per altri Paesi. “La criminalizzazione delle istituzioni palestinesi e l’espansione degli insediamenti sono due facce della stessa medaglia” scrive

Zena Agha sul NYT, spiegando come l’obiettivo finale di Israele sia reprimere il dissenso, mettere a tacere l’esposizione delle sue violazioni dei diritti umani, ostacolando la sua espansione illegale degli insediamenti e spingendo verso la responsabilità internazionale.

Reazioni energiche dalla società civile, deboli dalle Istituzioni

E’ stata immediata la condanna espressa in un comunicato congiunto da Human Rights Watch e Amnesty International. Subito si è diffusa una campagna social #standwiththe6, lanciata da 242 organizzazioni regionali e internazionali, che hanno espresso piena solidarietà alla società civile palestinese e ai difensori dei diritti umani contro l’azione di Israele. Le 6 Ong hanno adesso creato un apposito sito https://palcivilsociety.com/

Molti finanziatori si sono fatti sentire, con una lettera aperta di 100 tra individui e fondazioni che si sono dichiarati al fianco delle organizzazioni dei difensori dei diritti umani, per il diritto alla libertà di parola e a fornire sostegno finanziario a chi promuove diritti umani, dignità e benessere del popolo palestinese. https://funders4palestine.com/

Si sono espresse personalità internazionali, come Michelle Bachelet, alto Commissario per i diritti umani (OHCHR) e il gruppo dei Relatori speciali delle Nazioni Unite.
Il coordinamento europeo delle associazioni per la Palestina (rete europea di 43 associazioni, Ong, sindacati di 18 paesi) ha portato la condanna e la richiesta di ritiro della decisione israeliana in incontri con parlamentari e in varie sedi dell’Unione europea.

Anche in Italia decine di gruppi e reti hanno preso posizione, sollecitando ad esprimersi Governo e Parlamento.
Ma le Istituzioni, europee e nazionali, non hanno brillato per coerenza intellettuale e politica, con i propri valori fondanti. Non è arrivata una decisa condanna della decisione israeliana, con la richiesta del suo immediato ritiro, un atto dovuto di ogni Paese democratico, che si dichiari sostenitore dei diritti umani e di chi li difende. In Italia un timido passo è stato fatto con la deposizione a novembre di una interrogazione, firmata da 13 parlamentari, prima firmataria Laura Boldrini Il “caso” Boldrini e la solidarietà di 14 personalità israeliane Il 20 dicembre, la stessa on. Laura Boldrini, presidente del Comitato sui diritti umani nel mondo, organismo interno alla Commissione Esteri della Camera, ha tenuto un’audizione di due delle sei ong palestinesi, Al-Haq con Shawan Jabarib, e Addameer con Francis Sahar.

L’Ambasciata israeliana ha reagito con una arrogante nota di condanna della iniziativa “scioccata che nel Parlamento italiano siano accolti “terroristi”, interferendo così scompostamente in prerogative del parlamento sovrano. La presidente Boldrini, che anche la destra non ha perso l’occasione di attaccare, ha risposto, dichiarando, tra l’altro, che le due associazioni audite sono del tutto autonome e indipendenti, e che “la decisione assunta dal Governo israeliano ha sollevato le critiche non solo di diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani, ma anche di alcuni Governi – oltre che di rappresentanti delle organizzazioni internazionali.

Tra le molte espressioni di solidarietà alla Presidente Boldrini è particolarmente significativa la lettera inviata da 14 personalità israeliane del mondo diplomatico e accademico: “Per anni, il governo israeliano ha condotto campagne aggressive per ridurre lo spazio civico per quelle Ong che criticano la sua violenta occupazione della Palestina e che denunciano le sue violazioni sistematiche del diritto internazionale. Il governo israeliano ha esteso questa campagna in Europa e sta cercando di ridurre lo spazio parlamentare per i diritti umani”. Di qui l’ appello ai paesi europei: “Esortiamo i parlamentari europei a seguire l’esempio della deputata Boldrini, invitando i difensori dei diritti umani palestinesi a intervenire al Parlamento europeo per parlare della situazione in Palestina”.

La violenza strutturale dell’occupazione coloniale

Tutto questo avviene mentre l’ impresa coloniale di Israele si espande mirando alla Valle del Giordano, l’apartheid si consolida, i comportamenti militari si induriscono, fino a stabilire nuove regole di ingaggio che consentono di sparare a più palestinesi di quanto non sia già possibile, secondo la norma che definisce il lancio di pietre già motivazione sufficiente per sparare e uccidere, anche ragazzini. L’assedio di Gaza permane, con saltuari bombardamenti, e il degrado socioeconomico continua a peggiorare anche per la pandemia.
La notizia del rilascio dalla detenzione amministrativa di un detenuto in sciopero della fame da 141 giorni, è stata accolta da violenza, come racconta il quotidiano Haaretz, istigata da un deputato di destra Ben-Gvir ”: “Fermare la resa del governo israeliano al terrorismo. Bennett e Gantz si sono arresi alla richiesta dei sostenitori del terrorismo alla Knesset e hanno ordinato il rilascio del terrorista in sciopero della fame Abu Hawash. Verremo in ospedale e chiederemo che tale vergogna venga fermata”

Il coraggio di vivere

In tale situazione di violenza materiale e politica, sorprende e incanta sempre la capacità della società palestinese, pur frammentata territorialmente, di continuare a desiderare, creare, vivere. Ce lo mostra un’idea brillante di alcuni giovani. Facce di donne e uomini “comuni” con i loro desideri, ambizioni e realizzazioni si susseguono su Untold Palestine: una piattaforma digitale indipendente Facebook e Instagram, che vuole far conoscere la Palestina di cui non parlano giornali e tv.*

Così conosciamo Hiba Alhallaq, 32 anni, di Khan Yunis., che sogna un ristorante tutto suo, ma intanto si destreggia tra cucine, foodblog, e insegnamento culinario; Dania Naalweh di Tulkarem, che studia giornalismo e si paga gli studi decorando mani con l’henné; Rachel Mehssen Kaddoura, che vive nel Rashidieh Camp, è innamorata della musica e vuole imparare a suonare bene l’oud; ed anche un anziano come Yacoub Aboarafeh che vive a Sheikh Jarrah sotto la costante minaccia dello sfratto coloniale, e impiega il suo tempo intrattenendo e insegnando ai bambini o Ahmad di Nablus che da 20 anni si sveglia alle 3 del mattino per andare a lavorare nella fabbrica di sapone, con l’ orgoglio di una professionalità che tende a scomparire….e Abdelmalek Salameh, cieco, esperto di elettronica, capace di installare antenne satellitari; le sorelle del campo di Nuseirat, Gaza, Wafaa AbuHjajj Nada e Amal Al-Khatib ideatrici del progetto armadio verde, dove riciclano vecchi abiti e li vendono online a basso prezzo; centinaia di donne e uomini, non piegati dalle sofferenze e dalla violenza, trasmettono al mondo, dalla propria terra, colonizzata il loro coraggio di vivere, la loro dignità,. Sono donne e uomini che vogliono essere protagonisti della propria vita, consapevoli che è possibile se esistono alcune condizioni e diritti fondamentali: libertà di parola, libertà di movimento, diritto alla salute, allo studio, al lavoro, alla cultura…Ci invitano a pensare che la volontà di Israele di eliminare il lavoro delle 6 note Ong che da anni si battono per garantire e proteggere l’esercizio di questi diritti è anche quella di piegare chi, con determinazione (sumud), intende praticarli. Ci chiamano tutt a sostenerli e ad impedire che
cali la cortina del silenzio.

8/2/2022 https://www.intersezionale.com

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