Perché ancora, e urgentemente, Rojava

Il punto di partenza di questa nota, e la giustificazione, nel suo titolo, dell’“ancòra” è un contributo recente (https://volerelaluna.it/mondo/2025/02/13/il-tribunale-permanente-dei-popoli-e-il-rojava/) che aggiornava sulla conclusione di una sessione del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) in cui le responsabilità della Turchia (di Erdoğan e dei suoi principali collaboratori) vengono sintetizzate nell’aggressione del popolo kurdo nel territorio siriano e nelle politiche successive, che si configurano come un vero processo genocidario.

Da allora la conclusione del TPP è stata tradotta in una sentenza, documentatissima a livello fattuale e molto articolata ed esaustiva dal punto di vista delle qualificazioni giuridiche, presentata il 26 aprile al Parlamento Europeo con una circolazione anche in streaming, importante per una condivisione attiva della popolazione di Rojava e della diaspora. La sentenza (strumento veramente unico di informazione: val la pena di leggerla e tenerla presente: https://permanentpeoplestribunal.org/la-sentenza-del-tpp-su-rojava-vs-turchia-come-strumento-per-prevenire-il-crimine-del-silenzio/) è stata consegnata formalmente nei giorni scorsi alle istituzioni nazionali e internazionali coinvolte attraverso le loro ambasciate, ma mira soprattutto, come sempre il materiale del TPP, ad essere una delle risorse conoscitive e operative nelle lotte-ricerche-politiche del popolo di Rojava: una componente delle strategie di resistenza-resilienza in un tempo che non è certo tra i più facili, al di là della ormai ‘epica’ sollevazione popolare in Turchia, e delle preoccupanti, per quanto attese, ambigue posizioni del ‘nuovo’ Governo siriano. Una sentenza che conferma, motivandolo rigorosamente, il giudizio di più radicale condanna di una dittatura come quella di Erdogan non è una novità degna di nota in una cronaca che si concentra sulle voci più chiassose dei ‘signori’ del mondo globale. Coerentemente, anche la stampa italiana vi ha dedicato solo qualche trafiletto irrilevante.

La sentenza indica al meglio delle possibilità, come un sintomo diagnostico radicale e urgente, che il crimine più grave, tanto da non trovare posto nelle narrazioni ufficiali, è quello di dichiarare inaccettabile, e perciò reprimibile con tutti i mezzi, il progetto Rojava: il diritto fondamentale di un popolo di vivere un presente preciso, concreto, ormai ‘vecchio’ di difficilissimi anni, e l’esperimento di un futuro diverso da quello delle guerre e dei colonialismi. Rojava è, infatti, il sintomo – ancor più grave, perché al femminile, più a fondo dei dibattiti sul genere, e non riconducibile ad aggettivi (come islamici o religiosi) che fanno audience per confondere – di strategie di potere che operano avendo bisogno di creare ‘nemici’: negando, nascondendo, dichiarando terrorista, togliendo parola, visibilità, esistenza a chi pretende e dimostra con i fatti che l’unico vaccino contro le pandemie coincidenti e complementari della guerra e delle economie estrattivistiche è la sperimentazione condivisa e inclusiva di culture di pace.

Non è strana in questo senso la invisibilità di una sentenza sulle atrocità – fino al genocidio (forma più flessibile, integrata, efficace di cancellazione di chi è ‘altro’) – di un paese come la Turchia contro un piccolo popolo che è fatto di minoranze sopravvissute attraverso la pace e l’accoglienza reciproca a tanti frammenti di genocidi. È il sintomo perfettamente parlante del fatto che le democrazie, nelle loro rappresentanze statali, tutte o quasi, sono state sempre più rapidamente contagiate dal virus della in-umanità: che è assolutamente legale, visto che è privilegiato e coltivato da chi ha la guerra come misura e strumento di sostenibilità economica e sociale. Che la guerra si faccia con l’industria, e/o l’uso delle ‘bombe’ più o meno tecnologiche, o con la distruzione delle ‘infrastrutture’ (dighe, ospedali, ambulanze). Gli umani senza distinzioni, con preferenza per coloro che parlano di futuro e generazione come i bambini e le donne, hanno nelle guerre il ruolo di effetti collaterali: vittime, da contare accuratamente, a posteriori, per rendere più chiaro e accettato che chi le produce non se ne sente responsabile e, tanto meno, punibile o criticabile.

Che i soggetti cui si applicano strategie genocide resistano e pensino al futuro, non a parole ma costruendolo, non è accettabile: gli Stati europei attendono pazientemente che il loro prezioso e potente alleato turco (poco presentabile, ma perfettamente funzionale in tanti affari) concluda, da solo o con alleanze, il suo lavoro. La ‘pazienza’ europea è veramente incredibile: forse perché ormai alleata e allenata dalle tecniche israeliane che hanno riattivato (irridendo per mesi e per milioni di tonnellate gli aiuti umanitari) le antiche armi della fame, della sete, dello sprezzo del dolore… Il sintomo Rojava deve essere tacitato semplicemente ignorandolo. Un tempo il silenzio della civiltà era il crimine dei crimini, come l’omissione volontaria di soccorso in medicina: non ora che anche le ambulanze e i soccorritori non solo possono, ma debbono, essere bombardati e dichiarati, in prima battuta, vittime di incidenti….

La sentenza del TPP – “su” Rojava e “contro” la Turchia – è l’espressione conclusiva di un processo che è stato attivato anzitutto e soprattutto per essere tribuna di visibilità e di parola per un popolo assolutamente originale: soggetto di un presente-futuro che si cerca di realizzare nel ‘sintomo territoriale’ del Nord e dell’Est della Siria, portatore di un progetto che ha un peso simbolico, culturale, politico riconosciuto a livello internazionale da tante minoranze-sintomi-soggetti di pace-come-futuro.

Una sentenza dalla parte dei popoli ha nelle ‘vittime’ del linguaggio giuridico internazionale i soggetti-titolari di diritti fondamentali. L’impunità dei ‘colpevoli’ da parte dei tribunali formali è sintomo, grave, di una assenza del diritto che si è fatta con gli anni e gli scambi dei poteri di guerre ed economie una vera, contagiosa pandemia della società internazionale. È anche per questo che una parte imprescindibile, da leggere-usare, della sentenza, sono le raccomandazioni: la giuria internazionale del TPP, molto rigorosa e qualificata per le sue competenze e ruoli giuridici, non ha fatto un libro dei sogni. Ha disegnato, a partire dalla testimonianza di vita e resistenza di Rojava, una mappa senza sbavature di strade da fare nel contesto di tutte le società nel mondo attuale. Anche di questo sarebbe bello poter un giorno ringraziare il popolo di Rojava, e soprattutto la dignità delle sue donne.

Gianni Tognoni

11/4/2025 https://volerelaluna.it/

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