Sanità al collasso, domani la mobilitazione della Cgil: “Pronto soccorso nel caos”

La sanità è al collasso e i cittadini, privi di un’efficace rete territoriale alternativa, sono costretti a recarsi nei Pronto Soccorso di ospedali senza più i posti letto sufficienti. Quello che sta accadendo in questi giorni nei maggiori ospedali italiani ha dell’incredibile. Complice anche l’ondat di influenza, ormai non passa giorno che i reparti di pronto soccorso a fine giornata non registrino presenze superiori a 250.La riduzione dei fondi e del personale ricade così sulle liste di attesa, e quindi sui cittadini, privati di un diritto fondamentale. Gli operatori, intanto sono costretti a turni massacranti per mantenere i servizi. Sono questi i temi al centro della mobilitazione della Fp Cgil di domani in tutta Italia. Ilsindacato lancia ai cittadini una domanda provocatoria: Sicuri di volervi far curare da medici e infermieri stressati?.

Per spiegare ?#ProntoSoccorsoKo? La Fp-Cgil mette in fila i numeri della crisi del sistema: persi 23.500 operatori sanitari, di cui 5mila medici, dal 2009 al 2013; 32mila gli operatori sanitari con contratti precari su un totale di 670mila; 31 i miliardi di tagli tra il 2009 e il 2015, a cui si aggiungono i 4 previsti dall’ultima legge di stabilità che, ricadendo sulle regioni, colpiranno inevitabilmente il Servizio Sanitario Nazionale; persi 1,3 posti letto ogni mille abitanti in 12 anni, passati da 4,7 a 3,4 a fronte una media Ocse al 4,8; sotto la media anche la spesa sanitaria complessiva, che in Italia è poco superiore al 9% del pil.
Senza contare che l’Italia è stata deferita alla Corte Europea di Giustizia per l’assenza di una normativa sull’orario di lavoro per i medici, che dovrebbe prevedere un massimo di 48 ore settimanali e riposi giornalieri di 11 ore. “Dati – sottolinea il sindacato – che permettono di capire le ragioni del caos che caratterizza il lavoro nei Pronto Soccorso. Mentre si riduce la capacità del sistema ospedaliero di rispondere ai sempre maggiori bisogni di cura dei cittadini, questi ultimi si rivolgono più frequentemente ai soli presidi h24 accessibili, ma non idonei”.

L’ultima relazione della Corte dei conti parla chiaro: visto che scuola e sanità hanno di fatto finanziato l’austerità dal 2009, o si mette in conto unan revisione della spesa nellaa direzione degli investimenti oppure le prossime vittime saranno i Lea, i livelli minimi di assistenza e quindi il “nocciolo duro” dei servizi. Secondo i magistrati contabili, il processo di revisione della spesa sanitaria «dovrà essere più selettivo e reinvestire risorse nei servizi sanitari relativamente più carenti». Per la corte queste risorse vanno prese dai settori come l’acquisto di beni e servizi non effettuati attraverso le centrali regionali d’appalto o con convenzioni della Consip. Si devono invece basare su «processi molecolari di riorganizzazione» condotti dalle singole Asl. Le regioni dovranno effettuare una più attenta riprogrammazione dei fabbisogni, mentre il governo dovrebbe potenziare il piano di medicina preventiva indicato dal piano nazionale delle riforme presentato nel Def 2014.

Fabrizio Salvatori

22/1/2015 www.controlacrisi.org

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