SOCIAL DEI POTERI. Illibertà di parola

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Il mondo ormai sta evolvendo sempre più rapidamente, e pare difficile stare costantemente a passo coi tempi. Nel terzo decennio del terzo millennio, l’informazione sulla carta è divenuta obsoleta, attinge utenza solo tra le generazioni dall’età più avanzata. Oggi tutto si “gioca” online. E’ semplicissimo oggi sapere quel che accade dall’altra parte del mondo, e tutti possono diffondere notizie. Non serve più andare in tribunale ad iscrivere il proprio giornale, è sufficiente creare una pagina instagram, e pubblicare le notizie degli avvenimenti rilevanti.

Fatta questa premessa sui modi e sui metodi nuovi dell’informazione, è bene capire in che contesto avviene, su delle piattaforme private, e non regolamentate dallo stato, bensì dai detentori di questi social, che sanciscono i regolamenti. Se nel secolo scorso l’informazione regolata dal capitale avveniva tramite i giornali controllati dai padroni e dei più potenti capitalisti, oggi tal sistema si è evoluto. Infatti i social sono amministrati dai nuovi borghesi del ventunesimo secolo, che hanno fatto la loro fortuna inventando queste piattaforme, o semplicemente acquistandole, creando alle volte dei veri e propri monopoli.

L’informazione di regime quindi è sempre la stessa anche su internet. Rimane certo anche qui l’inganno della democrazia e della libertà d’opinione: tutti noi possiamo metterci a fare informazione, il problema è che la nuova “inquisizione”, ovvero il team che si occupa di controllare che i contenuti sulla piattaforma rispettino le linee della community, possa usare il pretesto della violazione di tali linee per censurare persone, pagine, organi di controinformazione.

Sta avvenendo in questo periodo per quanto concerne il terribile massacro che Israele sta perpetrando ai danni della popolo palestinese. Infatti, sono innumerevoli gli episodi di censura e manipolazione delle notizie. L’algoritmo (che possiamo definire un meccanismo digitale semiautomatico che regola la presentazione di contenuti agli utenti sui social) favorisce ora solo le pagine di quei giornali che un tempo, quando erano cartacei, costituivano la voce del capitale, e penalizza chi prova a dare una diversa narrazione dei fatti.

Per fare un esempio, l’algoritmo di Facebook farà apparire a più persone la notizia presentata dal Corriere della Sera su un massacro di civili palestinesi, il cui titolo potrebbe essere <>, mentre invece, farebbe arrivare a meno persone la stessa notizia, ma presentata in modo diverso, magari con il seguente titolo <<L’esercito israeliano apre il fuoco sui civili inermi, ne ammazza dieci>>. Certo, la diffusione della notizia dipende anche e in buona parte dal numero di mi piace che un post ottiene, dal numero di condivisioni etc… ma è sempre l’algoritmo, l’amministrazione del social a regolare ciò. E sappiamo bene che è un “arbitraggio” per nulla imparziale, che favoreggia i governi, le grandi emittenti televisive

Altro passaggio fondamentale per descrivere il mondo dell’informazione di oggi, è che le notizie ci pervengono tramite titoli sintetici, o video rapidi. Viene raccontato il minimo necessario, possibilmente in una maniera che possa attirare l’attenzione del lettore in pochi secondi. I social hanno ridotto di tanto la nostra soglia dell’attenzione, quindi di conseguenza chi vuole trasmettere un mesaggio, deve adeguarsi ai nuovi tempi, e farlo in modo veloce. Il video non può durare dieci minuti, ma al massimo sessanta secondi, e l’input del contenuto dev’essere presentato immediatamente, nei primi cinque secondi di video.

Solo così si può fare presa sulla maggioranza degli utenti che oggi navigano in rete. E’ un’informazione rapidissima, un susseguirsi veloce di diversi tipi di contenuti, e in questa repentina successione, il trucco sta nel presentare quel che si vuole in maniera coinvolgente e accattivante. Ma qui ritorna in gioco l’algoritmo, perché una notizia scomoda può anche ottenere lo stesso numero di mi piace e condivisioni di una notizia neutra, ma la pagina che farà controinformazione, prima o poi verrà penalizzata, e verrà calata improvvisamente la scusa della violazione delle norme della community, sufficiente per limitare o addirittura cancellare una pagina, un giornale o chicchessia.

Quindi il sistema novecentesco regolato dai forti e dai potenti che esercitano la propria egemonia con i vari mezzi, si è solo semplicemente e abilmente evoluto. E si è anche conservata la retorica democratica del “abbiamo tutti diritto di parola”, si, peccato che non è sempre così, nella realtà, come nei social. E se la battaglia, la lotta di classe si è spostata su un altro campo, dobbiamo continuare a combatterla con nuovi modi, e perseguire il ragionamento che è giusto e necessario utilizzare gli strumenti che il capitale ci fornisce, per metterlo in crisi.
Quindi anche noi dobbiamo (seppur a malincuore) impegnarci a trasmettere quello che vogliamo comunicare in maniera studiata e adattata ai social, specialmente quelli più “veloci” come Instagram e TikTok. Dobbiamo anche noi compiere la nostra evoluzione, il nostro aggiornamento, per consentirci di continuare a combattere la battaglia quotidiana per denunciare le ingiustizie che avvengono in Italia e nel mondo e invitare a lottare contro queste, per una nuova società.

Antonio Marzio Liuzzi

Responsabile comunicazion Giovani Comunisti/e
Rifondazione Comunista

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