Solidarietà e mutualismo per una nuova coscienza di classe

Öcalan, Marcos e l’Europa che vogliamo

Non perdete i dettagli: 

Mi sentirei matto e insignificante se non assaporassi quest’ aria di salsedine che, dal mare genovese, si fa strada tra le montagne dell’appennino, arrivando a pizzicare le mie narici montane per riportarmi al contatto con la realtà per ricordarmi quanto piccolo sia il mondo e quanto lontano possa volgere lo sguardo. Quanto concreta sia la vita che schiacciandosi su un foglio bidimensionale rischia sempre di apparire astratta agli occhi dei più quando invece è ora e qui con me, nel pixel di un fermo immagine spazio-temporale universale che noi chiamiamo terra.

Siamo sempre invischiati in qualche dicotomia contemporanea, fin troppo in ritardo di decenni sul reale contesto contemporaneo che è impossibile per chiunque vedere nel suo insieme. 

Se la storia fosse scritta non ci sarebbero colpi di scena come quelli che stiamo vivendo da una decina d’anni. 

E mitiziamo fin troppo quegli attori di strada come noi che in qualche modo sono riusciti a raggiungere i vertici del comando di un pianeta pur restando un semplice ottomiliardesimo, otto alla nona, come chiunque di noi. Sono solo persone, e non sempre la malafede piuttosto che le responsabilità, ne governano i comportamenti. Spesso persino i piú razzisti, anzi soprattutto loro, sono solo alla ricerca di consenso ma chissà che gli obiettivi personali non possano essere ancora un nobile retaggio infantile. Non possiamo saperlo. Ma io non voglio vivere il relazione ad un “nemico”. Voglio perseguire obiettivi nati dalla mia empatia perciò rifletto:

Non c’è governante, nemmeno il dittatore piú feroce, che possa muovere piú di una casella per volta. 

Da sempre chi sta sulla punta della piramide a metterci la faccia non é altro che portavoce ed equilibrista sotto la pressione dei diversi poteri fisiologici dell’ umanità. Mitizzare i personaggi non ci fa cogliere la tavola rotonda che compone il vero potere di governo. Quindi pur restando fedele alle mie idee, che sono sostanzialmente di anarchica sensibilità umana e comunistissimo Diritto, voglio leggere la storia da un punto di vista differente.

Di poco tempo fa la notizia, sconvolgente per i piú disattenti, che Öcalan chiede lo scioglimento del Pkk, cercando un accordo col Sultano Erdogan, che pare essere diventato in grado di comprendere la necessità di Diritto e dignità delle minoranze. Chissà che non fosse semplicemente costretto al doppiogiochismo come é tipico della storia Turca per via della sua posizione geografica. Voglio sempre riconoscere ingenuamente il beneficio del dubbio, altrimenti la storia non evolve mai. 

Se pensate che sia matto o illuso valutate che lo sia anche Öcalan, o ricominciare l’articolo dal principio notando i dettagli. Ora proseguiamo. 

Non solo in Turchia con la vicenda Curda, anche in sud America pochi mesi or sono, il sub comandante Marcos, dopo aver abbandonato la scena anni addietro, é tornato con la proposta già in atto di deporre le armi e mettere in pratica un piano di pace all’insegna della democrazia. 

O sono impazziti i piú grandi rivoluzionari contemporanei o ci é sfuggito qualcosa. 

Se a tutto questo riassocio il passaggio statunitense, che dopo aver spinto i suoi servi alla guerra fratricida, salta dalla parte opposta del fronte lasciandoci soli a combattere una guerra inutile, a questo punto non si sa piú bene nemmeno perché, il vero quadro comincia a comporsi. 

Certo, non sono ingenuo come mi ostino a fingere di essere per evitare tuffi di paranoia: é evidente che l’America che ê l’unico vero governo europeo mai esistito, usa la diplomazia che ê appannaggio esclusivo dell’ impero, spingendo noi alla guerra per ottenere un doppio vantaggio economico sul breve termine e militare sul lungo passo, ovviamente a discapito nostro. 

Ma é anche vero che già questo é un clamoroso passo indietro, una ritirata strategica, che corrisponde ad un passo avanti dell’apparentemente perduto e inerme sud del mondo. Da questo punto in poi non si torna indietro. Lo spazio-tempo é irreversibile per l’unità carbonio e la millenaria storia umana prosegue, ovviamente passando obbligatoriamente dal parlamento mondiale sempre troppo poco compreso e attenzionato.

Veniamo a noi europei. Qui smetto di citate personaggi che, saturi di voltagabbana inconsapevoli della storia contemporanea quanto me, rischierebbero di distorcere la lettura generale.

La Francia non sta facendo altro che tentare di sostituirsi alla Germania e sostituire la Nato con una auspicata maturità europea. Certo secondo me non necessitiamo di esercito comune, casomai sarebbe auspicabile diventare il primo (pezzo di) continente a vivere di pace e diplomazia senza piú necessità di esercito. Ma sulla necessità di una emancipazione europea credo si possa essere (quasi) tutti d’accordo. 

l’Italia é ormai una provincia inerme, almeno fin quando non ci saremo liberati dei servi di un padrone che non esiste quasi piú. Il che secondo me, potrebbe avvenire presto e forse addirittura in modo quasi indolore. 

Il resto delle valutazioni sulla resistenza interna lo sorvolo per lungimiranza. Voglio a questo punto citare un giornalista, Giorgio Bianchi, che dopo aver ipotizzato, forse con realismo forse toppando, l’imminente caduta del Venezuela, non mi aspettavo arrivasse ad una conclusione che ritengo concordare completamente: bisogna distogliere l’ossessivo sguardo dai massimi sistemi e dalla guerra per qualche istante (non troppo perché non son svernato a paglia) per guardare a noi, e intendo proprio noi come singola persona, e chiederci: ma al di là di tutto noi dove vogliamo andare? Quale futuro vogliamo costruire concretamente e quanto ci stiamo lavorando? 

Siamo ancora in grado di lavorare alla concretizzazione di un’utopia umanistica o ci stiamo lasciando condizionare dal mare in tempesta e dalla propaganda di guerra che egemonizza ormai l’intera narrativa? 

Ecco. Io voglio guardare alla costruzione di una alternativa comportamentale. Voglio prendere spunto dall’esperimento di municipalismo venezuelano (che vinca o perda il concetto permane) che dimostra la fattibilità di una democrazia diversa, piú coinvolgente ed emancipante senza la quale il voto ha perso la sua concretezza democratica ed é ovvio che poi la gente disillusa e impossibilitata a studiare, informarsi e capire, abbia deciso di alienarsi per non soffrire di perenne paura. 

Perché l’Europa, madre del socialismo, ha bisogno di rinnovare la sua spinta caratteriale e la sua voglia di democrazia dalla base se davvero, dico davvero, vogliamo uscire dalla guerra e da questa brutta storia ormai decennale in cui ci siamo invischiati. 

Non é con l’attivismo politico asettico, ma con la solidarietà ed il mutualismo che si dà nuova vita alla voglia di partecipazione la quale sola puó portare a governare i nostri avversari che poi sarebbero nostri dipendenti senza la necessità di scontrarcisi fisicamente giacche in quello scontro rischiamo di essere perdenti e ad armi impari quando siamo già nei numeri infinitamente superiori. 

E servirá anche non buttare il bambino con l’acqua sporca perché da che mondo é mondo la classe lavoratrice pur lottando contro i padroni non ha mai abbandonato le fabbriche, nê ha deciso di boicottare la meccanica ma semplicemente ha combattuto per rivendicare del progresso la pubblica proprietà. I luddisti furono richiamati da Marx a dismettere azioni reazionarie e sfruttare le condizioni oggettive per convergere su obiettivi condivisi. 

Oggi, all’insegna non solo della pace ma di una visione rivoluzionaria della democrazia planetaria, mi rivolgo a voi compagni consapevoli per invitarvi ad uno slancio caratteriale che piuttosto che farci scendere dalla inconcludente ruota del criceto universale, ci permetta di rompere il perno di tenuta che ci vincola l’immaginazione, così da poter sfruttare quella ruota a vantaggio dell’utopia tanto agognata. Ed al massimo della sua velocità se non vogliamo arrivare ultimi nella storia. Non è già scritto che si debba precipitare nella guerra, possiamo almeno provare. 

Questa volta il colpo di scena potrebbe derivare da una nuova coscienza di classe e una voglia di rivoluzione che non sperimentiamo più da cinquantasette anni. 

Delfo Burroni

6/3/2025

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