Sudan: un anno di una guerra dimenticata

Situazione in peggioramento, attività umanitaria in continua difficoltà: ecco cosa sta succedendo in Sudan oggi

Continui blackout elettrici, interruzione delle connessioni internet e telefoniche, aumento esponenziale del prezzo del carburante e scarsità di beni di prima necessità, farmaci e attrezzature sempre più difficili da reperire, difficoltà a ottenere nuovi visti per il personale internazionale, anche sanitario…

A un anno dallo scoppio della guerra, il nostro intervento in Sudan deve fare i conti con difficoltà enormi, che mettono ogni giorno a repentaglio la sopravvivenza della popolazione e rendono sempre più complesso garantire la continuità dei nostri progetti nel Paese.

L’interruzione delle linee ha rallentato le comunicazioni tra Khartoum e gli altri ospedali, e con gli Uffici di coordinamento in Italia. Questa restrizione ha compromesso anche il contatto da remoto con i pazienti del Centro Salam. Basti pensare che nel corso di un anno di guerra abbiamo perso i contatti con oltre 1.000 dei nostri pazienti cardiaci che devono ricevere cure e assumere terapie a vita. Non riescono a raggiungerci né a contattarci. L’assenza di rete ha reso anche molto difficile effettuare trasferimenti bancari online impedendo l’approvvigionamento di materiali e farmaci e il pagamento dei salari per il personale sudanese.Franco Masini, Coordinatore medico del Centro “Salam” di cardiochirurgia a Khartoum

Le testimonianze da Khartoum

Fin dai primi giorni di conflitto le difficoltà, soprattutto a Khartoum, fortemente colpita dagli scontri, sono state molte. Oggi i blackout elettrici sempre più frequenti e questo ci costringe a usare generatori: “Siamo ormai al ventitreesimo giorno di blackout“, racconta Andrea, coordinatore logistico, “i nostri generatori supportano 24 ore su 24 l’attività dell’ospedale. Con l’intensificarsi degli scontri trovare diesel è sempre più complicato e il prezzo del carburante è salito alle stelle”.

L’aumento del costo del carburante, passato a circa 1 euro al litro a 7 euro, ha conseguenze disastrose per tutti. Da un lato sui costi di gestione del Centro Salam; dall’altro, come spiega Manahel, capo infermiera, “sulle effettive possibilità di spostamento da parte dei pazienti che non possono permettersi di coprire i costi di viaggio necessari a raggiungerci da altre aree del Paese”.

In una situazione in cui i blackout della rete elettrica sono continui, il carburante è fondamentale per alimentare i generatori che garantiscono la continuazione delle attività dell’ospedale, basti pensare alle sale operatorie, ma il costo è passato da circa 1 a 7 euro al litro.Manahel Bader, capo infermiera del Centro “Salam” di cardiochirurgia in Sudan

Le testimonianze da Port Sudan

Mentre Khartoum è una città fantasma, Port Sudan – diventata la capitale de facto del Sudan – ha le sembianze di un enorme campo profughi. Negli ultimi mesi, la zona est del Paese ha accolto circa 500.000 sfollati, di cui almeno 270.000 si sono fermati a Port Sudan.

Le famiglie che non si possono permettere un alloggio vivono in strada, senza acqua e in condizioni igieniche pessime, che favoriscono anche la diffusione di malattie come il colera.

Nel nostro Centro pediatrico vediamo bambini malnutriti, con patologie del tratto respiratorio e gastro-enterico. Gli ingressi sono quasi raddoppiati rispetto alla media pre-guerra.Franco Masini, Coordinatore medico del Centro Salam di cardiochirurgia a Khartoum

Aprile 2024: il nostro impegno nel Paese continua

Sin dalle prime fasi della guerra, abbiamo scelto di rimanere al fianco dei nostri pazienti, di non abbandonare il Sudan.

A un anno dallo scoppio della guerra, nonostante i limiti e gli ostacoli che minacciano costantemente la sostenibilità del nostro intervento, con uno staff di 586 persone in tutto il Paese (20 operatori internazionali, 566 sudanesi) cerchiamo di garantire l’assistenza medica a:

Per ragioni di sicurezza, rimangono chiusi il Centro pediatrico di Mayo e l’Ambulatorio cardiologico di Wad Madani.

Gli aggiornamenti dal campo in un anno di guerra

Sudan: una delle peggiori crisi umanitarie di oggi

Sono bastate poche settimane dal 15 aprile 2023 – giorno in cui i combattimenti iniziarono nella capitale, Khartoum – perché il mondo si dimenticasse del Sudan e della guerra in corso tra l’esercito governativo e le truppe paramilitari delle Rapid Support Forces (RSF).

Eppure, dopo un anno di guerra nel Paese si conta il maggior numero di sfollati interni al mondo, oltre 6,5 milioni, e si calcola che nel corso del 2024 saranno 24,8 milioni le persone bisognose di assistenza umanitaria.

Circa il 65 % della popolazione non ha accesso ad assistenza sanitaria e il 70% delle strutture ospedaliere nelle aree coinvolte nei combattimenti non è più funzionante.

Dati: OCHA

12/4/2024 https://www.emergency.it/

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