Torino. Questioni di ambiente e sanità

UNA RIFLESSIONE URGENTE

Le pratiche politiche di tutela ambientale e di tutela della Salute, nella sua accezione di benessere psico-fisico che è diritto individuale e bene collettivo, sono intimamente connesse.
Ciò significa che obiettivi e strategie che attengono alla sfera dell’Ambiente, della Salute e dei Diritti devono trovare le ragioni comuni per divenire da singole situazioni di “conflitto” a tessere di una unica Piattaforma politico -programmatica.
Questo pensiero è particolarmente vero ed urgente per quello che attiene la Salute e le politiche ad essa collegate.
Per quanto lo scontento possa essere diffuso rispetto le inefficienze del sistema sanitario stenta a tradursi in una consapevolezza diffusa della necessità di una attiva difesa del sistema stesso e della sua natura di servizio pubblico.

Questa è una questione che paradossalmente nella opinione pubblica sembra riguardare più gli operatori che gli utenti.
Salvo poi indignarsi momentaneamente, allorquando si diviene singolarmente vittime dell’inefficienza o presunta tale del SSN. Nell’approccio a queste problematiche è quantomai necessario contestualizzarle in un quadro allargato capace di tenere insieme nell’analisi gli elementi di livello nazionale a quelli di stretta pertinenza locale regionale.
Gli eventi internazionali recenti, i cosiddetti “cigni neri”, quali le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, la Pandemia da Covid-19 e di recente con le minacce di forti politiche protezionistiche, le conseguenze di una crisi energetica ed economica a livello europeo e dunque nazionale, intervengono su di un Paese come l’Italia il cui modello economico di sviluppo è da tempo fondato da un lato sulla competitività del proprio export (bassa produttività, basso regime salariale e precarietà diffusa, assenza di politiche di sviluppo nei settori oggi strategici, alta frammentazione del tessuto produttivo, assenza di politiche pubbliche di valorizzazione del capitale umano), sostegno alla domanda interna a carattere assistenziale (bonus per fasce di popolazione, una pesante spesa pensionistica), cui si affianca un alto livello di elusione ed evasione nell’ambito della fiscalità generale.

Questo modello economico e sociale è la fonte di un progressivo aumento del Debito pubblico interno che per il 2024 si attesta ad un ragguardevole 136,3 % del Pil nazionale.
Il Sistema Italia dunque è un sistema che impiega per il suo malfunzionamento più energia (leggi ricchezza) di quanta ne produce.
Tutto ciò non può che riflettersi sulla inadeguatezza delle risorse a disposizione per il welfare socio-sanitario.
A questo proposito occorre superare due dogmi del pensiero politico in auge.
Il primo è che l’ammontare del finanziamento debba in assoluto avere come unico criterio di valutazione il rapporto con il PIL nazionale.
Nel 2025 è calcolato al 6,2%, dato sicuramente inferiore alla media europea.
Tuttavia è tutto da dimostrare che al crescere del PIL un corrispondente incremento di risorse al welfare sanitario comporti meccanicamente un migliore funzionamento dello stesso in termini di efficienza ed efficacia.
In realtà finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale è, nel corso degli anni, (fa eccezione il 2020 anno pandemico) cresciuto costantemente.
Per il 2025 si attesta a 136,5 miliardi di euro.
Semmai non di “tagli” bisogna parlare, ma di insufficienza delle risorse messe a disposizione di esso.
Si stima che quanto destinato per l’anno in corso non sia in grado di fare fronte né agli aumenti di spesa derivanti da inflazione e costi energetici, né agli impegni dei rinnovi contrattuali per il personale medico ed infermieristico, né tanto meno al piano straordinario del Ministro Schillaci di assunzioni stimato in 30 mila unità lavorative.
Il secondo è che la soluzione ai problemi strutturali della Sanità italiana consista semplicemente nell’aumentare il monte complessivo di spesa.
Questo ragionamento è semplicemente falso, ma soprattutto autoassolutorio perché scarica le classi dirigenti politiche dall’affrontare quello che è il secondo aspetto del fenomeno di progressiva colliquazione del servizio pubblico (o come si preferisce semplicisticamente dire di “privatizzazione”): l’abbandono di una reale azione di programmazione centrale (a favore di un’autonomia regionale del tipo “fai da te”) e di una strategia di controllo aziendale sulla gestione delle risorse in relazione agli obiettivi definiti.
In questo senso per alcuni lo Stato è il problema e non la soluzione.
Se non reintroduciamo merito e competenza la privatizzazione disordinata, a macchia di leopardo, del SSN non sarà il frutto di una cosciente volontà politica di questo o quello schieramento bensì l’inevitabile conseguenza di una sostanziale INSOSTENIBILITA’ dell’intero sistema.

Da troppo tempo si preferisce a livello nazionale e regionale agire sul versante della “prescrizione normativa” definizione di LEA, sui criteri d ripartizione della risorse alle Regioni (l’ultima definizione è del 2023 ad opera del Comitato interministeriale per la Programmazione economica e la Sviluppo sostenibile CIPESS) o sul versante di azioni prescrittivo inquisitorie (vedi l’annunciata vicenda del blocco dell’attività intramoenia alla Città della Salute o sulla stretta sulle ricette prescritte dai medici di base dell’AA.SS. Riboldi).
Il processo di aziendalizzazione iniziato con la legge 502/’92 e successivamente con la Riforma Bindi 229/99 si arrestato sulla soglia del cosiddetto “controllo di gestione”, componente non imprescindibile in un sistema a forte impronta aziendale.
Anche perché è noto agli addetti ai lavori che il futuro è segnato da un progressivo incremento del capitolo spesa sanitaria.
Considerato che il bisogno sanitario è di per sé “incomprimibile” tre sono i driver protagonisti di questo trend:
a) il cosiddetto “inverno demografico” e cioè la tendenza ad un progressivo invecchiamento della popolazione, con il suo bagaglio di cronicità, pluripatologie individuali e la ingravescente perdita sul versante dell’autosufficienza fisica e mentale.
b) la messa a disposizione da parte dell’industria farmaceutica di una gamma di presidi terapeutici farmacologici sempre più mirati ed ahimè sempre più costosi. Qui si pone la questione delicatissima della “appropriatezza” prescrittiva e dei percorsi Diagnostico Terapeutici
c) lo stesso ragionamento si può applicare per il comparto delle tecnologie diagnostico terapeutiche, con particolare attenzione al rapporto pubblico-privato per le intrinseche problematiche che esso comporta sotto il profilo della diagnostica precoce e della multidisciplinarietà terapeutica.
A prescindere dalla condivisione o meno di una tale analisi ciò che interessa in realtà è il prendere coscienza che il problema locale (l’allocazione del nuovo ospedale nel Parco della Pellerina, con quanto comporta in termini di impatto ambientale e di economia organizzativa della rete ospedaliera metropolitana torinese) si rafforza nella sua importanza nel momento in cui diviene appunto una tessera di una realtà più ampia e contribuisce a costruire una piattaforma di proposte fra loro coerenti.

Dove sta l’URGENZA in premessa denunciata?
L’urgenza consiste nel comprendere che se ci rapportiamo alla situazione della Sanità piemontese è alto il rischio a fronte di un debito accertato nella gestione corrente di oltre 300 milioni di eu di avviarsi verso l’ennesimo commissariamento della sanità o Piano di Rientro che dir si voglia!
Questo considerato che a fronte di un Bilancio di spesa prossimo ai 10 miliardi di euro ogni anno (fra spesa corrente e conto capitale) la Regione è priva dal 2015 di un Piano Sanitario Regionale (PSSR) ed è transitata negli anni precedenti attraverso ben due Piani di Rientro.
Siamo dunque privi di un “piano aziendale”, in uno stato di perenne emergenzialità che va dalle liste di attesa ad un piano di edilizia ospedaliera ormai in una sorta di caos progettuale, e che tuttavia si vorrebbe completamente autonomo rispetto a due elementi epocali:

– la Pandemia covidica
– la riorganizzazione della medicina territoriale sulla base del Contratt di Sviluppo nell’ambito della Missione 6 del PNRR firmato tra Regione Piemonte e Ministero della Sanità.

Questi eventi di per sé sarebbero sufficienti a dichiarare obsoleta la classificazione degli stabilimenti ospedalieri in HUB e SPOKE, senza tener conto dell’impatto che su di una tale organizzazione potrebbe avere un serio piano di informatizzazione del sistema regionale.
Piano di cui peraltro non esiste traccia alcuna.
Ne sono testimonianza il progetto del Parco della Salute di Torino, quello di Novara, la scelta di Cambiano per l’ospedale di Moncalieri, la vicenda dei due ospedali del VCO, a Ivrea la scelta dell’inadatta area Montefibre per la costruzione del nuovo ospedale e quella dell’ospedale di Cuneo (il tanto decantato partenariato pubblico – privato oggi finito in tribunale).

Da ultimo il progetto di un nuovo ospedale per l’area metropolitana Nord Ovest.
Questo nuovo nosocomio dovrebbe riassumere in sé ben tre ospedali:
Maria Vittoria, Amedeo di Savoia e Birago di Vische, con un incremento di posti letto da 347 a 511.
Un progetto che si vorrebbe allocato in una area del Parco Carrara oggi destinata ad un uso improprio: la sede per giostrai e spettacoli viaggianti.
Il Dossier che il nostro gruppo di lavoro ha elaborato bene illustra le ragioni delle numerose contrarietà ad una simile soluzione.
Vi sono dunque consistenti ragioni di urgenza per temere che una siffatta gestione della Sanità regionale, improntata esclusivamente ad una strategia oramai quotidiana dell’annuncio a mezzo stampa (con relativa fotografia di Assessore e Presidente) del provvedimento tampone del giorno piuttosto che della ennesima Commissione ad hoc di esperti “amici”, ci stia portando sull’orlo del punto di non ritorno.
Quel punto superato il quale l’intero sistema entra in una logica di auto frammentazione qualunque sia il rimedio posto in essere.
Per ora non vi è né un progetto alternativo né un “soggetto” in grado di farsi carico della consapevolezza di tale URGENZA.
L’obiettivo di questa riflessione è solo quello di fare crescere una maggiore coscienza della complessità e dei risvolti socio-sanitari di una tale problematica.

Torino 09.02.2025

Firme

Dott. Sergio Bretti
Già Primario Oncologia ASLTO4
Dott. Rodolfo Brun
Psicologo – Psicoterapeuta
Già Coordinatore Servizio
Psicologia per i Trapianti
Regione Piemonte Valle d’Aosta
Dott. Franco Rubiola
Medico – Odontoiatra

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