Ucrofascismo: i neri fili rimossi

Le radici occultate

Le radici del fascismo ucraino sono lontane nel tempo, ma connesse con l’oggi attraverso una ragnatela spesso occultata e/o sottovalutata. Stepan Bandera (1909-1959), che dal 2014 viene onorato dai governi di Kiev come eroe nazionale con monumenti, lapidi, francobolli, dediche toponomastiche, cerimonie ufficiali, già nel 1931, come capo della propaganda dell’OUN (Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini), si dichiara ammiratore di Mussolini e teorizzava una Ucraina indipendente, estesa alle province allora polacche galiziane ripulita dai “sottouomini”  ebrei, polacchi e moskali (1) e dall’anno stesso dell’ascesa al potere in Germania di Hitler (1933) intreccia rapporti con i servizi di sicurezza tedeschi, che probabilmente lo aiutano a fuggire il 13 settembre 1939 dal carcere polacco in cui è rinchiuso a seguito della condanna a morte, tramutata in quella all’ergastolo da parte della magistratura polacca per la partecipazione all’organizzazione dell’assassinio del Ministro degli Interni Polacco. Dal 1939 al 1941 collabora da Cracovia (capoluogo del Governatorato Generale nazista che domina sulla Polonia) coi nazisti e organizza gruppi di infiltrazione nell’Ucraina sovietica, e anche se i Tedeschi gli impediscono di partecipare alla proclamazione da parte dell’OUN, al seguito degli invasori hitleriani dell’URSS, della pseudo-indipendenza ucraina (30 giugno 1941), la fazione OUN da lui guidata partecipa nel luglio 1941 ai massacri degli Ebrei di Leopoli (4.000 trucidati) assieme ai membri degli einsatzgruppen (2) nazisti. Sono esclusivamente i collaborazionisti ucraini banderisti gli autori del massacro del 25 luglio a Leopoli, dedicato da loro al nazionalista antisemita Petljura (1879-1926), quando oltre 2.000 Ebrei vengono fatti marciare fino al cimitero e trucidati. 

I contrasti con le linee dello stato Maggiore tedesco sulla creazione di una Ucraina satellite del Reich portano ad un arresto in “detenzione d’onore” a Berlino di Bandera (5-14 luglio 1941), e poi dal settembre 1941 al settembre 1944 (a Berlino e a Sachsenausen), ma già dall’aprile 1944 egli collabora con i servizi nazisti nella formazione di gruppi armati contro l’Armata Rossa e nel frattempo in tutti quegli anni i suoi uomini confluiscono nelle diverse formazioni collaborazioniste ucraine. Al di là dei banderisti, le forme di collaborazionismo ucraino armato dei nazisti furono molteplici e vanno dall’inquadramento nella “Polizia ausiliaria” che ebbe un ruolo importante nello sterminio di Ebrei e Polacchi e nella lotta ai partigiani antinazisti in Ucraina, all’arruolamento a migliaia nelle SS Totenkopf, gli aguzzini dei lager (3) e nella XIV Divisione Waffen SS “Galizien” (creata il 28 aprile 1943 con un ruolo determinante della Chiesa Cattolica Ucraina di Leopoli), a quello in gruppi di stragisti di diversa denominazione (4). A conferma del fatto che lo sbandierato “nazionalismo ucraino”. caro  a chi oggi onora tutti quei collaborazionisti come eroi. era ed è una maschera malfatta, va notato che i collaborazionisti ucraini degli hitleriani non operarono solo in Ucraina, partecipando attivamente all’Olocausto (come nel caso dell’enorme massacro di bambini, donne e uomini ebrei di Babij Yar del 29-30 settembre 1941: 33.871 vittime), alla persecuzione dei comunisti e dei partigiani, come pure a stragi di almeno 100.000 Polacchi, ma furono attivi altrove, sia nei lager nazisti che nella repressione antipartigiana in Slovacchia, a Varsavia, in Piemonte, in Veneto e in Friuli (5). 

Il riciclaggio dei collaborazionisti

Sul finire della Seconda Guerra Mondiale, molti collaborazionisti ucraini e loro familiari si accodarono alle truppe tedesche in ritirata verso Ovest, spesso portando con sé i frutti in oro, gemme, valuta delle loro razzie, o, come i resti  della XIV Divisione Waffen SS “Galizien”, si arresero agli Angloamericani in Austria. Mentre altri contingenti di collaborazionisti cittadini sovietici vennero consegnati, sulla base di un accordo Churchill-Stalin, ai Sovietici, i criminali della “Galizien” vennero salvati dalla falsa dichiarazione del generale polacco Anders che li proclamò “tutti Polacchi” (e non lo erano) e vennero trasferiti, liberi, in Gran Bretagna, USA e Canada. Qui, mentre anche grazie ai beni rapinati si dedicavano a lucrose attività economiche, diedero continuità, assieme ad altri esuli collaborazionisti (ucraini, baltici e croati) al loro universo di riferimento, creando associazioni glorificanti il collaborazionismo ed educando a quei “valori” le nuove generazioni e in molti casi facendosi riciclare (assieme a criminali nazisti come Gehlen, ex-capo dei servizi hitleriani sul Fronte Orientale, nel dopoguerra prima capo-agente degli USA e poi capo dei servizi segreti della Germania Ovest) dai servizi angloamericani (6) e quando nel 1991, con la dissoluzione dell’URSS, l’Ucraina divenne indipendente, ma entrò in uno stato di deindustrializzazione e immiserimento, i discendenti di costoro tornarono, coi loro soldi, le loro idee, i loro simboli, nel Paese, dando vita con aiuti  di neofascisti americani ed europei a formazioni politiche e poi formazioni paramilitari come il partito “nazionalsocialista” (poi “Svoboda”), il battaglione “Azov” (che usa come simbolo la runa utilizzata dalla Divisione SS “Das Reich”, quella autrice del massacro di Oradour in Francia e, prima, della distruzione di 648 villaggi bielorussi e ucraini!) fatto passare per “resistente” in questo 2022 dai media italiani, ed altri simili soggetti. Formazioni che al di là della loro consistenza numerica sono state protagoniste sia del colpo di stato di Euromaidan, sia della strage di Odessa (2 maggio 2014: oltre 50 persone bruciate vive nella Casa dei Sindacati), sia hanno ruoli determinanti nelle forze militari ucraine dal 2014.

Rimozione, revanscismo, negazionismo, revisionismo

E’ triste vedere che soggetti ed individui che si dichiarano antifascisti e che chiamano in campagna elettorale a “fare argine al fascismo” dimentichino da anni questa storia, come pure la messa al bando già nel 2014 in Ucraina del PC e nel 2022 di tutti i partiti di opposizione, la distruzione dal 2014 dei monumenti dedicati alla lotta contro gli hitleriani, la strage neonazista nella Casa dei Sindacati di Odessa del 2 maggio 2014 (per la quale nessuno sciopero e nessun corteo è stato organizzato in Italia) ed accettino le menzogne di un regime che ha simboli, comportamenti, eroi, cerimonie, reparti militari esplicitamente neonazisti e che ha proclamato per anni che i Russi e i Russofoni vanno sterminati o “rieducati”, e ciò si inquadra nella logica che ha portato questi stessi soggetti a votare al Parlamento Europeo una mozione che equipara nazismo e comunismo, duramente criticata dall’ANPI e da altre Associazioni antifasciste.

Forse però c’è anche di più; si vuole continuare con la favola degli “Italiani brava gente” che nega i crimini commessi dagli Italiani in Libia (anche prima del fascismo), Etiopia, Grecia, Albania, Yugoslavia ed infine URSS, restati tutti impuniti. Infatti in URSS gli Italiani, prima di andare a farsi massacrare sul Don (7) avevano il comando proprio a Stalino (l’attuale Donetsk) e furono corresponsabili dei crimini nazisti nella regione e dei crimini dei collaborazionisti ucraini con cui intrattenevano ottimi rapporti (8). Inoltre Mussolini, che pregò a mani giunte Hitler di far partecipare l’Italia alla “crociata antibolscevica”, aveva fatto elaborare piani per lo sfruttamento coloniale dell’agricoltura ucraina (frustrati da quelli del padrone tedesco) e per trasferire 6.000 minatori del Donbass prigionieri nelle miniere sarde, idea abbandonata per paura della “contaminazione bolscevica” nei confronti dei minatori sardi. Anche per questo serve la corrente del negazionismo e del revisionismo che tanti danni provoca alla verità storica, alla democrazia, all’antifascismo, alla possibilità di rendere chiare alle giovani generazioni ragioni e caratteristiche non solo degli eventi della Seconda Guerra Mondiale, ma anche successivi, da Gladio allo stragismo nero, da EuroMaidan alla guerra in Ucraina del 2022.

Note:

termine dispregiativo per “Russi”;

termine che indica le unità speciali naziste che, nelle retrovie dell’invasione dell’URSS, hanno il compito dello sterminio di Ebrei, comunisti e altre categorie umane;

 i collaborazionisti ucraini, detti Trawniki dal nome della località in cui venivano addestrati, furono la maggioranza dei guardiani dei campi di sterminio di Treblinka, Sobibor e Majdanek ed operarono anche nel lager della Risiera di San Sabba a Trieste e nel lager di transito di Bolzano, come confermano le testimonianze di ex-deportati italiani sulle feroci violenze di cui erano autori, raccolte da Gad Lerner ;

Baldini A., Tesi di Laurea 2014 Università di Trento:L’occupazione nazista in Ucraina (1941-1943). L’Amministrazione Civile del ReichKommissariat Ukraine dall’invasione alla ritirata;

Si veda tra l’altro: Hale C., I carnefici stranieri di Hitler. L’Europa complice delle SS; Garzanti, Milano, 2012;

Katchanowsky L., Terrorists or National Heroes? Politics of the OUN and the UPA in Ukraine; Annual Conference of the Canadian Politica Science Association, 2010;

 si parla sempre della tragica ritirata italiana dal Don, mai di quel che fecero gli Italiani invasori nel lungo periodo prima di quegli eventi: Schlemmer T., Invasori, non vittime. La campagna italiana di Russia 1941-1943, Laterza, Bari, 2009;

Marconi S.,Donbass. I neri fili della memoria rimossa, Edizioni Croce, Roma, 2016;

Silvio Marconi, antropologo storico e ingegnere edile, operatore nella Cooperazione allo sviluppo in Africa, Asia e LatinoAmerica, studioso di sincretismi ed autore di vari testi su temi storico-antropologici, ha scritto nel 2016 DONBASS. I NERI FILI DELLA MEMORIA RIMOSSA (Edizioni Croce, Roma) e articoli sul fascismo ucraino e sul Donbass sulla rivista dell’ANPI Nazionale “Patria Indipendente”

Silvio Marconi

20/1/2023 https://www.sulatesta.net

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