Verità e giustizia, basta morti nel Mediterraneo

Immagine dal servizio di SkyTG24

«Non si può accettare che a poche bracciate dalle coste italiane e nel Mar Mediterraneo si continui a morire. Non si può stare in silenzio di fronte all’ennesima ecatombe che poteva essere evitata». Mentre si aggrava il bilancio delle vittime del naufragio avvenuto davanti alle coste della Calabria, ci sono state manifestazioni in decine di città italiane: la più importante senza dubbio a Crotone dove erano quasi un migliaio le persone davanti alla Prefettura convocate dalla “Rete 26 febbraio. La Calabria per i diritti umani” che al termine ha rilanciato una manifestazione nazionale per sabato prossimo, l’11 marzo.

Prima del presidio molte persone si erano riunite davanti alla Camera ardente presso il Palamilone. Altri due corpi di bambini erano riemersi dal mare e sono ancora decine i dispersi e i corpi non identificati. Le famiglie oltre al dolore della perdita devono confrontarsi con le difficoltà di poter rimpatriare le salme in Afghanistan e nei paesi di origine. E’ quanto ha denunciato il progetto Mem.Med presente a Crotone per dare supporto: «I dispersi sono in mare e terra, abbandonati senza risposta e senza rispetto. I familiari accorsi sul posto, chiedono da giorni di poter far luce sulla strage avvenuta a Steccato di Cutro quella tremenda notte del 26 febbraio, di poter rientrare a casa con la salma dei loro familiari, di accelerare le procedure di rimpatrio nei paesi di origine, per lo più Pakistan e Afghanistan, paese quest’ultimo con cui non si riesce ad ottenere il nullaosta. Assenza di risposte a domande legittime, disinformazione e confusione vige tra i genitori, fratelli e sorelle, cugini a cui viene an-negata doppiamente la vita».

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Dal presidio pomeridiano, scrive la Rete 26 febbraio, «superstiti, familiari, soccorritori, volontari e associazioni hanno preso finalmente parola denunciando lo stato di estremo abbandono a cui sono sottoposti». Hanno ringraziato tutti i partecipanti, le tantissime persone che da Milano alla Sicilia sono scese in piazza contro ogni disumanità e in solidarietà con i migranti.

«Una folla partecipe, indignata ed unita nel chiedere verità e giustizia per i morti della strage di Steccato di Cutro e per dire basta alle politiche discriminatorie che generano tutto questo», aggiungono i promotori che puntano il dito contro il governo e le sue responsabilità politiche nei mancati soccorsi, ma anche nel modo in cui non sta fornendo supporto ai parenti delle vittime.

«La strage di Cutro è solo l’ultima di una lunga serie. Negli ultimi 10 anni le morti in mare sono state più di 25mila e non possiamo lasciare che le nostre coste e il nostro mare diventino un vero e proprio cimitero per chi è cerca un futuro migliore scappando da guerre, dittature, povertà. Siamo calabresi, sappiamo bene cosa voglia dire lasciare la propria terra e siamo consapevoli che le politiche criminali che abbandonano in mare i migranti sono le stesse politiche che ci abbandonano sulla terraferma. Comunità locali e migranti, volontari, associazioni, terzo settore si stanno facendo carico, nell’assenza delle istituzioni, nel fornire supporto ai superstiti e ai familiari delle vittime. A tutt’oggi, nonostante la visita del Presidente della Repubblica e le sistemazioni tardive trovate alla Regione Calabria, non ci sono informazioni certe sulle pratiche relative al rimpatrio delle salme e ai ricongiungimenti familiari».

«È dunque proprio dalla Calabria – conclude la Rete 26 Febbraio – che chiamiamo a raccolta movimenti, singoli, sindacati, associazioni di tutta Italia per una manifestazione nazionale sabato 11 marzo a Crotone. Per chiedere verità e giustizia sulla strage di Cutro e su tutte le stragi di migranti. Per dire no alle passerelle del governo e di chi ha costruito il suo consenso criminalizzando i migranti e i salvataggi in mare, usando parole disumane e colpevolizzando le vittime. Per fermare la criminalizzazione delle ONG e dei salvataggi in mare. Per la creazione di canali di ingresso legali e sicuri. Per la fine di ogni politica discriminatoria verso i migranti».

Un corteo molto partecipato nel pomeriggio di ieri ha attraversato la città Milano, altre manifestazioni si sono svolte a Palermo, Padova, Trento, Schio, Parma e Aosta.

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Nelle iniziative è stato ribadito che le persone potevano essere salvate se si fossero attivate con tempestività le operazioni di soccorso, ben cinque sono state le segnalazioni dell’aereo di Frontex alle autorità italiana. Inoltre, è cosa nota che da almeno tre anni la rotta verso le coste calabresi è una delle più battute e che nel corso del 2022 sono approdate in Calabria oltre 18.000 persone.

Ma lungi dal riconoscere qualsiasi tipo di corresponsabilità, il governo ha invece spostato l’attenzione contro i trafficanti e gli scafisti e ha ribadito la necessità di bloccare le partenze, ribadendo la retorica imposta dall’Unione Europea.

«Questa tragedia – è stato affermato nelle piazze – è la diretta conseguenza di politiche sull’immigrazione incentrate esclusivamente nell’ostacolare e impedire la libertà di movimento delle persone. Questa politica ideologicamente anti-migrazione arriva a criminalizzare ogni atto di solidarietà ed il soccorso civile, questa politica vuole produrre morte e sofferenza, costringendo le persone, nel momento in cui si nega il diritto alla mobilità, a intraprendere viaggi sempre più pericolosi o doversi rivolgere a trafficanti e scafisti. Sono passati quasi 10 anni dal 3 ottobre 2013, quando un barcone naufragò a poche miglia da Lampedusa provocando la morte di 368 persone. Nel frattempo oltre 20mila persone hanno perso la vita sulla rotta del Mediterraneo centrale. Ma nulla si è fatto per prevenire questo genocidio.

Schio

Le politiche italiane ed europee non hanno proposto alcunché: non sono stati aperti né canali umanitari di un certo impatto numerico, né vie legali e sicure per agevolare la mobilità umana, né tantomeno si sono poste il problema di aprire vere iniziative di cooperazione internazionale per rendere vivibili aree del Pianeta cui guardiamo, dal nostro “mondo occidentale sviluppato”, solo come grandi riserve minerarie, o di cui ignoriamo profondamente le condizioni di guerra, o di devastazione ambientale.

Al contrario: governi ed UE siglano accordi con dittature sanguinarie, finanziano con miliardi di euro muri e barriere e pozzi petroliferi, inviano equipaggiamenti militari e mezzi a milizie irregolari per controllare territori densi di ricchezze o per esternalizzare le frontiere europee, respingere e bloccare le persone in campi di detenzione.

Cercando in Europa un luogo dove vivere in serenità, le persone devono rischiare la vita, chi sopravvive porterà indelebili sul corpo e nella mente i segni della violenza dei confini, quasi un rito iniziatico per introiettare le gerarchie di questa società ed essere funzionali al sistema di produzione e sfruttamento. Che arrivino dall’Afghanistan, dalla Nigeria o dall’Ucraina la richiesta non può essere che una: “Aprire i confini, documenti subito!”».

Infine, anche in vista della manifestazione nazionale di sabato prossimo a Crotone, sono stati definiti alcuni punti chiave. Bisogna chiedere che siano lasciate aperte le vie sicure per arrivare in Italia e in Europa: prendere un aereo o una nave non può essere un privilegio legato solo al passaporto che si possiede. Inoltre: immediata estensione della direttiva n. 55/2001 dell’UE (la stessa che è stata applicata per le persone in fuga dall’Ucraina) a chi chiede protezione, nonchè documenti per chi si trova nel territorio europeo, e infine libertà di navigare per ogni nave dedita al salvataggio delle persone nel Mediterraneo.

5/3/2023 https://www.meltingpot.org

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