L’esternalizzazione dei servizi sanitari

La sanità, anche in Italia, è un settore in cui è in atto una esternalizzazione di servizi. Tale termine, che corrisponde all’inglese outsourcing, si riferisce in realtà a più tipologie di processi e di servizi. Vi sono attività che non fanno parte del “core” del Servizio sanitario e il cui processo di esternalizzazione è in corso da decenni: gestione parcheggi, giardinaggio, trasporto rifiuti, gestione mensa, lavaggio biancheria ecc. L’attuale esternalizzazione dei servizi sanitari riguarda invece attività che fanno più direttamente parte del percorso si cura, con valenza professionale medica e infermieristica e quindi direttamente connesse con l’assistenza alla persona.

Le ragioni che vengono addotte per giustificare, o per promuovere tale esternalizzazione verso il privato, coinvolgendolo in parte del percorso assistenziale a fianco del pubblico o chiamandolo direttamente a sostituire il servizio pubblico, sono sostanzialmente tre.

  • La prima è, per usare un neologismo, di natura efficientistica. Il privato consentirebbe, data la sua maggiore efficienza, di raggiungere i risultati con una minore spesa. Tale affermazione ha trovato molte obiezioni di natura empirica: l’aumento della spesa per Beni e servizi; il confronto fra i costi di servizi esternalizzati e di servizi effettuati direttamente. Viene inoltre evidenziato come il contenimento dei costi sia spesso realizzato non con una più efficiente organizzazione delle attività, ma tramite il ricorso a personale precario e sottopagato.
  • La seconda ragione è di natura più prettamente ideologica, là dove di afferma che in una società “libera” pubblico e privato debbano collocarsi sullo stesso piano e agire competitivamente. È presumibilmente tale convincimento che ha ispirato l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato a rivolgersi al Presidente del Consiglio dei Ministri con la sua annuale Segnalazione di Proposte di riforma concorrenziale chiedendo “… una maggiore apertura all’accesso delle strutture private all’esercizio di attività sanitarie non convenzionate [ed eliminando] il vincolo della verifica del fabbisogno regionale di servizi sanitari”[1]. A tale impostazione vi sono obiezioni di natura sia pratica che etico-politica. Si fa presente che le massive esternalizzazioni comportano un depauperamento di competenze pubbliche e la conseguente incapacità di esercitare anche un controllo sulle attività demandate al privato. Si obietta inoltre che, in una società democratica, i “bisogni sociali” non sono semplicemente bisogni, bensì diritti, che si collocano in una relazione di obblighi e doveri reciproci che solo un ente pubblico, ossia un ente capace di agire a nome di tutti simultaneamente e collettivamente può soddisfare[2].
  • La terza e ultima ragione è in termini di efficacia, cioè la capacità di un intervento sanitario di ottenere gli esiti desidera: i servizi sanitari gestiti dai privati sarebbero più efficaci o, quantomeno, ugualmente efficaci a quelli attuati dal pubblico, ma a costi più contenuti.

Marco Geddes da Filicaia

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25/7/2022

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