Rischio salute docenti, studenti e tutele lavoratori

La didattica a distanza in Italia, prima dell’emergenza del coronavirus, sussisteva in via del tutto marginale per una casistica ben definita, come per l’istruzione domiciliare. Poi, in questi mesi, tale strumento, in via straordinaria ed eccezionale ha coinvolto milioni di studenti e l’intero personale scolastico.

Trascorrere parecchie ore innanzi a dispositivi elettronici può essere problematico per la salute, tanto per il personale scolastico che per gli studenti. E non è solo una questione del quanto, ma anche del come. Si sta operando in un contesto dove il personale scolastico utilizza la propria strumentazione, a proprie spese tra le altre cose, ha trasformato le proprie abitazioni in ufficio/scuola. Cosa che andrebbe presa in considerazione e nella stragrande maggioranza dei casi non sarebbero neanche a “norma” di legge per la salvaguardia della tutela della salute. Semplicemente perché non sono a conoscenza di come dovrebbero operare, in che modalità. Perché non è stata fornita alcuna informativa. E lo stesso discorso vale anche per il benessere della salute degli studenti.
La tutela dell’integrità psicofisica va garantita. Ma ciò sta accadendo?

La zona grigia del lavoro agile per il personale scolastico

Il MIUR ribadisce che l’articolo 87 del decreto legge 17 marzo 2020, convertito dalla legge 29 aprile 2020, n. 27, ha disposto che, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid 19 (31 luglio 2020), il lavoro agile costituisca modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni. Il DECRETO-LEGGE 8 aprile 2020, n. 22 afferma che “in corrispondenza della sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica, il personale docente assicura comunque le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza, utilizzando strumenti informatici o tecnologici a disposizione.

Le prestazioni lavorative e gli adempimenti connessi dei Dirigenti Scolastici nonché del personale scolastico, come determinati dal quadro contrattuale e normativo vigente, fermo restando quanto stabilito al primo periodo e all’articolo 87 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, possono svolgersi nelle modalità del lavoro agile anche attraverso apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici, per contenere ogni diffusione del contagio”.
Ad oggi le uniche disposizioni in materia di lavoro agile sono state emanate solo nei confronti del personale ATA e docente inidoneo che veniva sottoposto al lavoro agile, (circolare del 6 marzo 2020). Ma la questione della sicurezza sul lavoro rimane sempre in una zona grigia anche per questo personale. Nella circolare in questione il titolo era personale

scolastico ma le disposizioni sul lavoro agile riguardavano il personale ATA e docente inidoneo.
Dunque, vi rientra o meno anche il personale docente nella possibilità di ricorrere al lavoro agile in base a quanto disposto dal Decreto Scuola? Non essendoci state indicazioni, parrebbe di no. Non sembrerebbe essere questa la volontà del legislatore. Ma anche nel caso in cui vi
rientrerebbe dei problemi comunque ci sarebbero. L’articolo 87 del decreto 18, 2020, afferma che si dovrà in sostanza
prescindere dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81. Che è la legge che disciplina il lavoro agile. Ovvero, non sarà necessario alcun accordo tra le parti per regolamentare l’esecuzione del rapporto di lavoro subordinato in forma agile, si esonerano i Dirigenti dall’obbligo informativo in materia di sicurezza sul lavoro. E se la prestazione lavorativa si svolge, come accade nella quasi totalità dei casi, attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall’amministrazioni, non si applica l’articolo 18, comma 2, della legge 22 maggio 2017, n. 81, come evidenzia l’articolo 87 del decreto Cura Italia. Dunque ciò significa che il datore di lavoro non sarà responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Insomma, i lavoratori della scuola sono mandati allo sbaraglio? Eppure questo non significa che il datore di lavoro non possa esserne responsabile. L’articolo 2087 del codice civile dovrà essere sempre garantito. Ci sarà una corresponsabilità.

Esiste il dovere di valutare il rischio con il lavoro a distanza?

L’art. 15 del Dlgs 81/08 elenca in maniera minuziosa le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro. La restrittiva nozione di “luogo di lavoro” rinvenibile nell’art. 62 D.Lgs.n. 81/2008 (a mente del quale si intendono per “luoghi di lavoro” “i luoghi destinati ad ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda (quindi anche la scuola) o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”), è posta unicamente in relazione alle disposizioni di cui al Titolo II del citato decreto. E quindi va ribadito che ogni tipologia di spazio può assumere la qualità di “luogo di lavoro”; a condizione che ivi sia ospitato almeno un posto di lavoro o esso sia accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro.
L’informativa dell’INAIL un prezioso strumento a cui fare riferimento.

Anche se si esonera il datore di lavoro dall’informativa di cui all’articolo 22 della legge 81 del 2017, sarebbe in ogni caso cosa utile far propria quell’indicazione redatta dall’INAIL, un documento che fornisce indicazioni su come dover operare nel caso del lavoro agile. Indicazioni tecniche e operative importanti che possono aiutare a prevenire.
Stesso discorso vale anche per gli studenti. Ricordiamo che il personale scolastico non sta facendo volontariato, ma sta lavorando!

La tutela del telelavoro.

All’articolo 3, comma 10 del TU di cui al D.Lgs. n. 81/2008 afferma che: “a tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e telematico, compresi quelli di cui al D.P.R. n. 70/1999 e di cui all’accordo-quadro europeo sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al titolo VII, indipendentemente dall’ambito in cui si svolge la prestazione stessa. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III”. E si tratta di disposizioni importanti che vanno dal dovere di informazione, a quello di formazione. Dalla valutazione dei rischi per la vista, e per gli occhi, ai problemi legati alla postura ed all’affaticamento fisico o mentale; alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale. Sarà dovere del datore di lavoro adottare tutte le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi riscontrati, passando anche per l’importante sorveglianza sanitaria.

Bisogna capire come queste norme si possono armonizzare con quelle per il lavoro agile applicato al personale scolastico o meno, e comunque una cosa è chiara: la tutela della sicurezza sul lavoro al personale scolastico, tutto, ed anche agli studenti, va garantita. Non si può ignorare questo aspetto. D’altronde, si dice, che prevenire è meglio che curare, ma in questo caso c’è stata prevenzione? Si sta ottemperando la normativa sulla sicurezza sul lavoro? O da quando è iniziata questa emergenza semplicemente ed in modo sconcertante si è sottovalutato questo aspetto?

Dopo oltre due mesi di lockdown, la reperibilità continua e la mancanza di paletti stanno rendendo il cosiddetto smart working una fabbrica di “zombie”. Leggi e garanzie sono fondamentali. Al momento tanti lavoratori sono tumulati in casa e incollati 18/20 ore su 24 a un qualsiasi schermo (o pronti ad attivarlo in qualsiasi momento).
Lo smart working, una modalità di lavoro nata e cresciuta per mansioni di un certo tipo: per professionisti, per i freelance, per chi lavora da anni in grandi aziende illuminate o, al contrario, in piccole realtà sufficientemente elastiche da aver sposato da anni questa versatilità.
Non basta attaccare quell’etichetta a qualsiasi mansione svolta a casa. Urge una nuova legge sullo smartworking, che ritocchi quella che già esiste (n. 81/2017, “lavoro agile”) per elevare in modo più netto il cosiddetto diritto alla disconnessione a principio assoluto per tutti i contratti di lavoro.

Marilena Pallareti

Docente

Collaboratrice redazionale di Lavoro e Salute

Articolo pubblicato sul numero di maggio del mensile Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

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