5 Stelle: 5 volte destra, senza dirlo mai. Perchè è ancora difficile identificare il Movimento di Beppe Grillo come un movimento di destra? E perchè chi lo vota non si rende conto di questo dato ormai evidente?

Il Partito Democratico, secondo tutti i sondaggi della vigilia, vincerà di gran lunga le imminenti elezioni europee; tuttavia, lo scenario politico che uscirà dalle urne sarà non privo di ombre minacciose sul futuro dell’Italia, soprattutto per chi coltiva idee progressiste e di sinistra.

Perché?

Il risultato delle elezioni, come gli stessi sondaggi prevedono e come il dialogo quotidiano con le persone suggerisce, vedrà una nuova, importante, affermazione del Movimento 5 Stelle, pari o anche superiore a quello preso una anno fa alle elezioni politiche nazionali.

Il movimento dell’ex comico Beppe Grillo e dell’imprenditore Casaleggio si confermerà seconda forza nazionale, scalzando da quel ruolo il decadente berlusconismo, la cui storia è da ricondurre ormai a torbide relazioni con la criminalità organizzata, come i casi Cosentino, Dell’Utri e Scaiola dimostrano drammaticamente.

Il problema, sia chiaro, non è dato dai milioni di voti che il Movimento 5 Stelle raccoglierà; in democrazia si rispetta il risultato anche quando non lo si comprende fino in fondo.

Ciò che invece inquieta è il fatto che, ancora oggi, non sia chiaro a tutti la natura di destra di quel movimento e che, in primis, esso stesso non si dichiari ufficialmente tale.

Si tratta di una questione non di poco conto: l’elettore e più in generale il cittadino dovrebbe sempre sapere da che parte stanno i propri rappresentanti; d’altro canto in tutti gli stati più avanzati esiste una destra e una sinistra. Sarà sempre così fin quando esisteranno due diverse visioni dell’economia e della società.

Fatta questa premessa, è utile spiegare perché è lecito collocare a destra il Movimento.

A tal fine, è utile procedere per punti, in modo da rendere più semplice ed efficace la dimostrazione della tesi.

■Il “partito” di Grillo si è sempre autodefinito né di destra né di sinistra. Il suo motto più noto è il seguente: “se una cosa è fatta bene la votiamo, a prescindere da chi la propone”. Nel senso letterale del termine è una banalità mostruosa. E’ evidente che le cose “buone” sono da sostenere! La domanda tuttavia da porre è questa: chi certifica che un provvedimento sia buono? E, soprattutto, come fa un provvedimento ad essere buono per tutti? Per definizione, come l’economia insegna (a chi l’ha studiata), nei giochi a somma zero c’è sempre uno che vince e uno che perde. E’ proprio qui che destra e sinistra, sulle soluzioni da adottare, non concordano, rappresentando interessi diversi; quindi, non prendere posizione significa per certi versi essere incapaci di capire la complessità economica e per altri assumere che, in taluni casi, anche politiche di destra siano accettabili. Un movimento di sinistra non lo potrebbe fare, per definizione.

■Il Movimento 5 Stelle non è un partito democratico. A dirla tutta non si definisce nemmeno partito; al di là degli aspetti demagogici alla base di ciò, tutti dovremmo ricordare che la Costituzione Italiana, nata secondo sentimenti antifascisti, presuppone esplicitamente l’esistenza e la centralità dei partiti stessi, strumento fondamentale di aggregazione politica. Si può non concordare, ovviamente, ma nel farlo ci si dovrebbe assumere anche la responsabilità di dire che la Costituzione antifascista andrebbe superata. Detto ciò, la mancanza di democrazia interna ai 5 stelle è sempre stata palese e a certificarla è bastata la brutalità delle espulsioni fatte in questo anno al minimo dissenso verso il grande capo. E’ lui e solo lui che detta la linea e non va mai contraddetto. Per chi si sente di sinistra dovrebbero tremare le vene ai polsi alla luce della storia che il nostro paese ha già vissuto in passato.

■Il grillismo galoppante sta sempre più esplicitandosi in un cocktail di violenza verbale, turpiloquio, insulti e offese verso chiunque la pensi diversamente, sia esso un cittadino, un giornalista o un avversario politico. Questo tipo di linguaggio, per natura molto pericoloso se accettato come strumento di discussione, è praticato tanto dai rappresentanti del popolo quanto da chi li vota. E’ prassi quotidiana assistere a “sceneggiate” parlamentari e attacchi senza sosta alle istituzioni più alte (Quirinale, Governo, Parlamento) , sbeffeggiate, oltraggiate e addirittura praticate con senso di distacco: basta pensare al ridicolo se non inquietante atteggiamento di rifiuto verso l’appellativo di “Onorevole”, sostituito con quello letteralmente insignificante di “cittadino”. Il rischio concreto, in parte già effettivo, è quello di contrapporre sempre più la “piazza” alle istituzioni democratiche, il “popolo” alla “classe corrotta al potere”. Chiunque abbia studiato la storia sa bene che violenza verbale e populismo esasperato sono stati gli strumenti usati da chiunque, in prevalenza a destra, abbia instaurato poi regimi dittatoriali a autoritari.

■Esaltare la “rete telematica” come unico strumento di formazione delle decisioni senza averla prima disciplinata con un insieme di regole condivise è solo il modo più ingannevole per garantire al più forte la supremazia nella giungla. La rete è già democrazia nella misura in cui offre a tutti una quantità tale di informazioni da rendere le persone più consapevoli e mature. Esaltarla oltre modo, tuttavia, è un pericoloso errore che chi si sente progressista non può commettere. Un blog (come quello di Grillo) resta pur sempre un blog e chi lo amministra decide ovviamente “in solitudine” cosa rendere pubblico e cosa oscurare. E’ questa identificabile come reale partecipazione civile?

■Molti di quelli che votano oggi per il Movimento 5 Stelle hanno votato per anni Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. La matematica infatti, come si sa, non è un’opinione. Se quel 25% dei voti venisse tutto o quasi da sinistra, tale parte politica si sarebbe pressoché estinta; oggi, in altre parole, lo scontro sarebbe tra la destra berlusconiana e Beppe Grillo. Poiché invece lo scenario non è questo ed il PD dovrebbe superare il 30%, la semplice aritmetica impone una sola conclusione: la maggior parte dell’elettorato del Movimento è sempre stata di destra (il che spiega anche la discesa impetuosa di Forza Italia, passata dal 35% a meno del 20% ipotizzato dai sondaggi). Molti elettori grillini, in verità, non nascondono nemmeno tale circostanza, giustificando la loro personale delusione per l’avventura dell’ex-cavaliere. Niente di male: cambiare opinione è lecito, purché si ammetta di aver sempre voluto, col proprio voto, ostacolare l’ascesa al potere della sinistra in Italia. Ieri con Berlusconi, oggi con Grillo. Tutto qui.

L’elenco potrebbe proseguire, ad esempio ricordando lo sdegno con cui Grillo ed i suoi hanno sempre rifiutato una possibile collaborazione col PD, tanto con Bersani che con il suo rivale Renzi; neanche il minimo segno di titubanza o sofferenza ha mai accompagnato tale scelta politica.

Il senso è dunque chiaro. L’Italia si dimostra ancora una volta un Paese con un’anima di destra molto forte, difficile da convertire pienamente da parte di una sinistra apparsa talvolta troppo timida nell’affermazione dei propri principi culturali ed economici.

Infatti, se tanti oggi possono votare per Grillo non capendo fino in fondo la natura di quel voto è anche perché negli ultimi anni c’è stata una certa sudditanza culturale del mondo progressista alle ideologie neo-liberiste; solo così si può pensare che 80 euro in busta paga dati a chi guadagna di meno e l’aumento della tassazione sulle transazioni finanziarie non venga subito percepito come un primo ma fondamentale passo verso la fase della redistribuzione della ricchezza che la sinistra ha come elemento fondamentale della sua natura genetica.

Giancarlo Avolio

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