Aspettando le decisioni dell’Aia

Non tutti i genocidi sono uguali, la categoria di quell’azione criminale non può essere ridotta a un modello unico, per esempio quello nazista compiuto sulla popolazione ebrea o su quella romanì. Ci sono stati genocidi diversi, nei confronti degli Armeni, in Ruanda e nelle Americhe. Lo storico Antonio Gibelli afferma dunque che la questione giuridica posta nei giorni scorsi presso la Corte Penale Internazionale ha una evidente legittimità basata non solo sulle dichiarazioni esplicite dei ministri israeliani sulla disumanità dei Palestinesi ma tenendo conto dell’intenzione dichiarata da parte del governo israeliano di prolungare ad libitum il massacro in corso. Israele mostra chiaramente l’intenzione di sbarazzarsi definitivamente del popolo che opprime da decenni, in un modo o nell’altro. Secondo l’Onu, almeno un quarto della popolazione di Gaza è alla fame, mentre Israele ha appena approvato una modifica aggiuntiva di 13 miliardi di euro al suo bilancio da dedicare alla campagna di sterminio. Allo stesso modo, precisa Gibelli, chi si fa scudo di falsi argomenti per negare il genocidio, chi invita Israele a moderare la sua azione omicida anzichè a interromperla, chi dichiara che le vittime civili palestinesi sono “troppe” come se ne esistesse una quota legittima e accettabile, di fatto è complice del misfatto che si sta consumando da mesi sotto i nostri occhi

La questione giuridica sollevata dalla denuncia del Sudafrica contro
Israele andrà risolta nella sede della Corte internazionale di giustizia
cui è stata posta. La procedura prevede che prima dell’emissione della
sentenza, la quale potrà richiedere un tempo lungo, si possa imporre
l’interruzione dell’azione israeliana, il che appare importante perchè
–  a differenza della feroce azione terroristica di Hamas, consumata in
un giorno – quella di Israele, comunque la si qualifichi, è in corso
tutt’ora e si annuncia come durevole.
La denuncia del Sudafrica ha sollevato polemiche, distinguo, prese di
distanza, inclusi argomenti palesemente capziosi (come l’equiparazione
di Gaza a Dresda, ossia di due milioni di civili palestinesi contrapposti agli
ottanta milioni di tedeschi della superpotenza mondiale nazista) di cui
non val la pena di occuparsi. Inoltre si parla molto delle malefatte del
Sudafrica e poco o niente del merito. Soprattutto si solleva scandalo
contro chi osa  accomunare sotto la categoria di genocidio il
comportamento attuale di Israele e la Shoah.
La Shoah ha un valore giustamente paradigmatico perchè combina tutti i
possibili ingredienti del genocidio nella forma più sistematica, ma non
esaurisce tutte le varianti possibili. Non tutti i genocidi sono uguali,
ciò che non vieta in sede storica di chiamarli con questo nome:
genocidio è stata la Shoah, ma anche quello del popolo armeno, quello
del Ruanda (scatenato da una stratificazione sociale e di potere che
aveva preso una configurazione etnico-tribale), alcuni parlano di
genocidi  anche nel caso delle popolazioni precolombiane sterminate dai
conquistatori, decimate indirettamente dalle epidemie e
programmaticamente sottoposte a sradicamento delle loro culture per
imporre loro quella cattolica. Dunque, la categoria non può essere
ridotta a un modello unico ma può essere discussa in sede storica e
applicata a eventi diversi.



Modalità dell’azione israeliana: uccisioni dirette
L’esercito di Israele, il quarto meglio equipaggiato del mondo, dotato
dei mezzi più sofisticati di scelta, controllo e raggiungimento degli
obiettivi, colpisce il territorio di Gaza con bombardamenti che uccidono
sistematicamente in maggioranza uomini non armati, donne e bambini,
personale medico, giornalisti, e così via.  Secondo i dati forniti
dall’ONU, la media giornaliera fino all’11 gennaio era di 247 morti, di
cui 48 madri, 117 bambini, 3 medici, 2 insegnanti, 1 impiegato ONU, 1
giornalista. Essendo esclusa l’incapacità, non resta che l’intenzione: o
esplicita, come finalità perseguita  o come conseguenza accettata
dell’azione (effetto collaterale programmato). Un evento del genere una
tantum potrebbe essere considerato preterintenzionale (è il caso
dell’uccisione dei propri soldati seminudi, disarmati e con vessillo di
resa, che si è effettivamente verificata almeno una volta). Ma non è
questo il caso in questione.

Modalità dell’azione israeliana : morti, malattie e sofferenze provocate
Alle morti direttamente provocate dai bombardamenti, si aggiungono le
morti, le malattie e le menomazioni permanenti, per ora incalcolabili,
dovuti alla limitazione dei mezzi di sussistenza (energia, acqua, cibo),
quindi alla denutrizione,  e alla sistematica distruzione delle
strutture abitative e sanitarie, le case e gli ospedali, in particolare
le sale operatorie e di rianimazione, le incubatrici per neonati ecc..
Tutto questo è reso possibile dallo statuto imposto da Israele a Gaza,
divenuta una specie di enorme  campo di concentramento: un territorio
occupato, incaccessibile nè da terra nè dal mare se non sotto il
controllo di Israele stesso, a parte il varco egiziano ora ugualmente
controllato anche da Israele. Una popolazione così confinata può essere,
ed è stata, ridotta alla fame, alla sete, all’impossibilità di
comunicare anche con la sospensione temporanea di internet.

Continuità dell’azione
L’azione omicida  di Israele è cominciata all’indomani della strage
perpetrata da Hamas ed è proseguita senza interruzione tranne una breve
sospensione per lo scambio di prigionieri. Il governo Israeliano ha
annunciato che la “guerra” durerà ancora a lungo, precisando poi “almeno
un anno”. La prosecuzione viene motivata con il mancato raggiungimento
dello scopo proclamato (la distruzio
one di Hamas), che viene dunque procrastinato di giorno in giorno e di
mese in mese. Un’attività che provoca prevalentemente se non
esclusivamente vittime civili senza raggiungere lo scopo dichiarato, e
che viene iterata di giorno in giorno, costituisce un crimine continuato
dagli effetti tendenzialmente illimitati. Col ritmo attuale, tra un anno
sarebbe eliminato il 10% della popolazione di Gaza. Se non persegue
apertamente, certo Israele non esclude l’eliminazione fisica pressochè
totale della popolazione di Gaza.

Complementarietà tra omicidi di civili e pulizia etnica (spostamento
coatto ed espulsione di popolazione).


Accanto all’uccisione e all’invalidazione  metodica cotinuata di
civili, diretta e indiretta, Israele ha enunciato, progettato, messo in
atto programmi di spostamento coatto, deportazione, espulsione simili a
quelli che hanno preceduto e/o accompagnato genocidi riconosciuti come
tali: ad esempio quelli del popolo armeno da parte dello stato turco
durante la prima guerra mondiale e dello stato nazista con la
collaborazine dei fascisti francesi, italiani ecc. durante la seconda.
Lo stato turco, alleato della Germania (che per questo chiuse un
occhio), diede corso al genocidio attraverso un’operazione di
spostamento coatto che aveva lo scopo dichiarato di allontanare gli
Armeni dal confine con l’Impero zarista che li proteggeva: dunque, uno
scopo di sicurezza interna dovuto alla guerra in corso e non una
intenzione genocida dichiarata. Di fatto si risolse in un genocidio,
perchè le fatiche, le percosse, le eliminazioni dirette produssero
l’estinzione e/o la completa diaspora degli Armeni. Le autorità turche
attuali negano la natura genocida di quell’azione, ma in Occidente si
insiste giustamente per l’uso di quel concetto.
Quanto ai nazisti, si sa che il progetto di espulsione degli ebrei
(additati come responsabili del collasso tedesco nella Grande Guerra
appena conclusa e quindi della pace punitiva imposta alla Germania, tale
da mettere in discussione  l’identità e la integrità tedesca) fu
enunciato precocemente nel Mein Kampf: ma espulsione poteva significare
spostamente coatto fuori del territorio tedesco (si pensò tra l’altro al
Madagascar), solo più tardi divenne identificazione, segregazione,
discriminazione, privazione di diritti, più tardi ancora deportazione
nei campi ed eliminazione fisica sitematica con gas.
Ora Israele 1) ha obbligato la popolazione a spostarsi all’interno di
Gaza trattandola come gregge che si movimenta forzosamente e
scompostamente  dentro un mattatoio. Poco importa che lo spostamento
coatto venga motivato con la necessità di scansare le bombe che Israele
stesso sgancia, per di più contraddetto dal bombardamento di luoghi già
indicati come sicuri, dai tempi insufficienti ad effettuarlo, dal viavai
imposto tra Nord e Sud; 2) ha spinto la popolazione di Gaza verso il
confine con l’Egitto, cercando di buttarla fuori dal territorio da
sempre abitato e dentro uno stato contrario a questa accoglienza;  in
pratica, una trappola; 3) ha enunciato il progetto di trasferire una
quota di polazione palestinese in Congo, come se si trattasse di una
merce, di prigionieri, di schiavi (purtroppo al presente anche di
migranti “illegali”).

Conclusioni. Anche a non considerare le dichiarazioni esplicite di
ministri israeliani sulla disumanità dei palestinesi e le intenzioni
manifestate dai coloni di Cisgiordania, ma tenendo conto dell’intenzione
dichiarata da parte del governo israeliano di prolungare ad libitum
l’azione in corso, far rientrare tutto questo nella categoria storica
del genocidio appare del tutto legittimo e appropriato. Israele mostra
chiaramente l’intenzione di sbarazzarsi definitivamente dei Palestinesi,
in un modo o nell’altro. Chi si fa scudo di falsi argomenti per negarlo,
chi invita Israele a moderare la sua azione omicida anzichè a
interromperla, chi dichiara che le vittime civili palestinesi sono
“troppe” come se ne esistesse una quota legittima e accettabile, di
fatto è complice di questo misfatto che si sta consumando sotto i nostri
occhi.

Antonio Gibelli

16/1/2024 https://comune-info.net/

Immagine: Gaza 2023. Foto wikipedia

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