AUTODIFESA DEL LAVORO PER LA SALUTE

Una delle conseguenze più dirompenti di questi mesi di distanziamento è la disconnessione con le relazioni sociali e quanti danni ha prodotto non verrà mai quantificato perché il peso degli effetti materiali sulla nostra salute sarà solo un dato statistico sul quale si cimenteranno opinionisti e studiosi per produrre volumi che nessuno utilizzerà, neanche a posteriori, per affrontare materialmente, vedi un sensato ripristino della prevenzione con la sanità territoriale, il deficit prodotto da quel distanziamento che avrebbe solo dovuto essere solo fisico, come la stessa OMS ha sempre affermato.

Cosa ci resta nelle mani come strumento di autodifesa? Ci resta, come a ogni vittima dopo una violenza, la razionalità di risposta di fronte a un sistema che opera come carnefice, un comportamento attivo che possa rappresentare un tassello indispensabile per ricostruire radicalità per cementare gli incastri quotidiani funzionali a concretizzare i percorsi delle nostre scelte, altrimenti ci pervade una forma di Sindrome di Stoccolma che permette al carnefice di utilizzare la nostra apatia, con l’intento di destrutturarci come soggetto pensante e trasformarci in oggetto da utilizzare per i propri scopi di classe dominante.

I buonisti preferiscono attendere con esistenzialista pazienza un buonsenso dai forti senza considerare che l’attesa diventa un macigno ingombrante del nostro cammino e quindi la si deve crepare senza tentennamenti con la forza dell’orgoglio collettivo di classe oppressa, anche sotto la spudoratezza dei forti nel mistificare l’informazione della realtà, producendo nell’opinione pubblica, quella debilitata socialmente, un virus permanente sul quale poggia il “Piano Colao” di questo governo, che non è un colpo di stato in itinere, come il Piano Gelli della Loggia P2, ma somiglia tanto anche se si differenzierà nel suo procedere. Questo in un percorso legislativo e l’altro in manovre segrete.
E non lasciamoci ingannare dagli strali animaleschi della Confindustria, è un gioco di ruolo teso a nascondere quello che hanno già avuto dal Governo in questi mesi: finanziamenti pubblici a pioggia senza condizioni, fabbriche aperte a prescindere dalla quarantena e dettatura al governo dei punti del Piano Colao.

L’infodemia che ci hanno scaricato addosso ha fatto solo danni perché dopo un primo momento di sensibilità di massa ha preso il sopravvento una lettura del covid che ne ha nascosto le cause silenziando le responsabilità, con il risultato che siamo in una condizione peggiore per quanto riguarda la difesa della sanità pubblica.

Questo potrebbe permettere alle Giunte Regionali più colpevoli di cavarsela nonostante la pandemia in atto abbia evidenziato definitivamente la tragicità delle scelte politiche di privatizzazione della sanità pubblica e di proseguire i progetti di svendita totale del diritto alla salute.
Quindi lo smantellamento del SSN non si è fermato durante la pandemia, anzi continueranno a praticarlo con maggiore discrezionalità con l’autonomia differenziata iniziata con il federalismo bipartisan.

Il cammino contro queste scelte dei forti è alla portata dei deboli con scelte di rivendicazioni da attivare con l’unico strumento ancora rimasto, quelle forme di lotta che esulano dalla pazienza.

Pretendere cosa dopo la tragedia sociale e politica del Coronavirus? Cose di semplice buonsenso ma oggi rivoluzionarie:

1- Investire in strutture, strumentazioni e dispositivi di protezione mettendole produzioni in mani pubbliche.

2- Avviare un piano di assunzioni di personale stabile, partendo dalla stabilizzazione dei precari arruolati in questi mesi, per arrivare ad avere organici di livello “europeo”.

3- Aumento dei posti letto e dotazioni delle terapie intensive di carattere strutturale.

4- Rcostruzione delle strutture e delle reti della prevenzione con la medicina sul territorio.

5- Recupero delle strutture e degli ospedali sul territorio chiusi o in via di chiusura.

6- Rilancio della rete dei medici di famiglia tramite assunzioni e dotazioni adeguate di DPI.

7- Inserimento dei Medici di Medicina Generale all’interno del SSN.

8- Piano di assunzioni di operatori sociosanitari per la costituzione in tutti i territori di unità sociosanitarie di continuità assistenziale.

9- Rilancio delle strutture della prevenzione e controllo nel territorio a partire dai servizi deputati alla prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro.

Credo, nel merito della vulgata in atto da parte di pezzi professionali della sanità, che gli operatori sanitari dovrebbero prendere in considerazione questi punti programmatici per non cadere ancora una volta in deleteri obiettivi di parte.
La sanità pubblica, quindi anche i lavoratori, si salva solo se si esce, culturalmente e sindacalmente, da percorsi isolazionisti che si sono rivelati utili solo a chi ha portato il SSN allo sfascio. Lo stipendio è un tassello della lotta per la giusta valutazione del lavoro, ma senza una visione completa del mosaico rischia solo di essere un mero risarcimento, individuale perché porterà anche a divisioni all’interno della professione depotenziandone la compattezza.

I pezzi della professione infermieristica che puntano alla corporazione, tramite espressioni sindacali, dovrebbero riflettere sul mutuare il peggio della storia delle rivendicazioni mediche e connettersi con il meglio per ragionare insieme sui percorsi di rivalutazione del lavoro comune, senza competizione tra le due professioni. Hanno il dovere di farlo questo cammino perché la centralità che, giustamente, chiedono va oltre i particolarismi.

L’obbiettivo che produrrà opportunità, non solo occupazionali ma anche di gratificazione stipendiale, è la ricostruzione di rapporti cittadini utenti per non vederli solo come controparte perché protestano contro le disfunzioni. Credo che oggi il primo obbiettivo, dovrebbe essere una piattaforma di lotta per pretendere dal sistema di “risarcire” le centinaia di migliaia di persone in attesa di visite, esami e interventi post-covid.

Deleterio e fonte di divisioni funzionali ai privatizzatori è l’obbiettivo di un contratto fuori dal comparto e certamente non produrrebbe risultati
avere più fronti contrattuali se conveniamo tutti che occorrono 60.000 in più per potenziare la sanità in modo omogeneo in tutto il Paese, in questo momento che i cittadini hanno chiara la strada che deve imboccare il Servizio Sanitario Nazionale, soprattutto ora con l’esperienza Coronavirus, in particolare chiedono di investire sulla professione infermieristica.

Ecco perché si dovrebbe riparare ai danni del welfare aziendale e della sanità integrativa che hanno crepato il senso comune, mentre dovremmo porci l’obbiettivo di crepare la cupola del buonismo aziendalistico che ha permesso l’accettazione acritica di ogni scelta operata in questi decenni. E parliamo anche della sanità in mano alle singole Regioni che di fatto ha anticipato il disegno di autonomia differenziata su tutte le altre materie che rappresentano i beni comuni, come l’ambiente, il lavoro, la scuola, la cultura.
Pena la derubricazione del lavoro delle vittime: infermieri, medici, OSS e fisioterapisti, a sacrificio dovuto, in perfetto ritornello nazionalista.

L’obbiettivo, invece, è la ricostruzione della sanità pubblica come Bene Comune e dobbiamo praticarla insieme con una lotta permanente di autodifesa del lavoro e della salute pubblica. Altrimenti ci spianeranno con il loro Piano. Dalla loggia massonica di Gelli (che ha indirizzato gran parte dei governi di questi quarant’anni) a Colao senza soluzione di continuità.

Franco Cilenti

editoriale del numero di giugno del mensile Lavoro e Salute www.lavoroesalute.org

Puoi leggerlo anche in formato interattivo

https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-giugno-2020/

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