Autonomia differenziata: il modus operandi
il quorum al referendum trallallà!
Devo ammetterlo, io non avevo dubbi sull’ammissibilità del quesito di abrogazione totale della L.86/2024 al contrario del mio amico Andrea, i due fondatori del Comitato regionale Emilia-Romagna contro ogni autonomia differenziata a giugno del 2020.
Dovevo ascoltarlo, ha sempre ragione, almeno è quello che sostiene.
Le regioni, 4 del PD ed una del M5S ( le 4+1, perché l’Emilia-Romagna non ha presentato il ricorso) avevano messo in campo una bella tempesta perché la legge sopravvivesse ai ricorsi e, ora possiamo dircelo, anche al referendum.
Ho sempre pensato che la vera battaglia si sarebbe giocata sul raggiungimento del quorum da parte di chi avrebbe lottato e chi avrebbe fatto finta di lottare per raggiungerlo.
Rimaneva solo da sciogliere il nodo legato alla Legge di Bilancio, un quesito referendario su una legge vincolata alla finanziaria non può essere ammesso.
Ma una legge che si norma perché sia a costo zero e la pressione politica fatta su questo aspetto mi e ci rendevano tranquilli.
E’ uno dei pochissimi aspetti su cui la lotta ha giocato sempre in anticipo, contrariamente al nostro abituale incassare e rispondere quando andava bene.
Anche col DDL Gelmini e prima ancora col DDL Boccia abbiamo lavorato bene su questo aspetto.
E infatti non è stato il motivo della bocciatura del quesito.
Il motivo è la non chiarezza del quesito.
E’ chiaro al popolo il motivo per cui una legge correggibile possa essere abrogata?
Che è diverso dal vero quesito che 1.300.000 sottoscrittori avevano posto: vuoi la Legge 86/2024 che produce l’autonomia differenziata o no?
Praticamente la bocciatura del quesito è stata la celebrazione del percorso che la Consulta ha fatto al cospetto dei ricorsi sia per la loro presentazione e sia per le vie di fuga che offrivano.
Un capolavoro delle 5, o 4+1, regioni non di destra, perché hanno fatto tutto loro, Calderoli era lì a mangiare popcorn come si fa davanti ad un film.
Se “ abbiamo una banca “ ( che poi erano due con la Montepaschi) aveva insegnato alla sinistra cosa succede a pascolare nel campo delle destre, ecco, ora abbiamo la prova della memoria “zero”, se pascoli nell’autonomia differenziata è perché vuoi che succeda rimanendo nella parte degli sconfitti per non perdere la faccia.
Perché le 5 regioni l’autonomia differenziata la vogliono e tutti noi lo sappiamo e l’abbiamo sempre saputo.
Ma anche con la tempesta delle regioni per me era bella da vincere.
Potevamo giocarcela nel terreno sincero, quello fuori dal parlamento.
Si, potevamo combattere contro Serse, Sua Maestà il Quorum.
Ero talmente convinto dell’ammissibilità che non accettavo l’apatia ed il gioco di rimessa e di fiducia mal riposta negli ultimi mesi ( ha ragione il Professor Villone il 21 gennaio e sono la conferma quelle di Emiliano il giorno dopo).
Il modus operandi.
Mai cercare di capire un passaggio se non parti dal primo, mai pensare che siano inadeguati, c’è sempre qualcuno che ha pianificato e te ne accorgi solo alla fine, quando tutto si incastra perfettamente, anche i passi apparentemente stupidi o incapibili, quando non puoi fare più niente.
Si costituisce il comitato referendario ma anche l’accordo di 5 regioni (5 è il minimo) per depositare non uno ma due quesiti, uno la negazione dell’altro: alè!
In quel periodo mi sarei aspettato che la Campania fosse l’ultima a deliberare perché De Luca potesse tenere sotto scacco il PD per il suo terzo mandato.
Invece fu la prima con un passaggio, a mio avviso decisivo ed ignorato da tutti, attestante il comune intento delle magnifiche regioni a mantenere in vita la legge 86.
Il M5S presenta sulla delibera del quesito di abrogazione parziale un emendamento per l’abrogazione della norma che trasportava come ancora valide le intese siglate nel 2018-2019 di Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.
Interviene il capogruppo del PD campano che chiede al M5S di ritirarlo. Il M5S lo ritira.
Non un caso, c’era bisogno della prova fedeltà al progetto del M5S che con la Presidente Todde fu la seconda regione a deliberare i due quesiti.
A chi interessava questo?
Al Presidente del PD, Stefano Bonaccini, in dipartita europea con il compito di lasciare terreno fertile al futuro presidente dell’E-R.
Non dimentico il sostegno di De Luca Bonaccini alle primarie del PD.
Se non si mette in discussione che il PD ha sempre voluto l’AD ( e basterebbe ricordare che senza le dimissioni di Draghi sarebbe passato il DDL Gelmini nel 2022 ) si arriva al ragionamento sui ricorsi.
Al PD interessa salvare la faccia mantenendo in vita la L. Calderoli.
Senza legge Calderoli si rischiava di ripartire da zero, troppo difficile per almeno una quindicina di anni. Bonaccini questo lo sapeva, rischio già corso con lo stop del DDL Gelmini ed una posizione (finta) di avversione alla Legge Calderoli.
Non potrebbe nulla qualora passasse il quesito di abrogazione totale perché automaticamente non passerebbe quello parziale ed è impossibile il contrario.
C’è bisogno di un accordo nascondendosi sotto la lotta politica.
Il PD c’aveva già provato quando, nascondendosi sotto il clamore mediatico dell’uscita per protesta di Amato, Bassanini e colleghi dalla Commissione dei LEP, presentava nel 2023 il Disegno di Legge Costituzionale 744 che veniva ammesso nella stessa Commissione del Senato dove si discutevano sia la cd “LIP di Villone” e sia il DDL Calderoli.
DDL Costituzionale 744 a prima firma Andrea Giorgis, Senatore del PD, che pare abbia particolari attitudini ad essere ovunque (dal direttivo del Comitato referendario promotore del quesito unico, quello del 1300000 firme per intenderci, al gruppo di lavoro di stesura dei 2 quesiti referendari delle regioni).
Il problema del PD autonomista è come avere potere contrattuale con la maggioranza alla luce della notevole differenza in termini di rapporti di forza parlamentari decisamente a favore di quest’ultima.
Quindi se cade la legge totalmente il progetto è perso.
Se la legge resiste vince totalmente la Lega e resta il progetto senza che il PD possa sbandierare almeno la lotta per attenuarne i danni.
Togliendo la Presidente Todde che si era presentata incendiaria ma poi subito pompiera, togliendo il presidente della Toscana che ha sempre avuto un profilo defilato e togliendo Bonaccini che a presentare il ricorso gli avrebbero riso in faccia, ecco, chi rimane?
Campania e Puglia.
La Puglia esprime Emiliano che è un magistrato e conosce come funziona tutta la macchina. E’ lui che promuove il primo ricorso.
E’ un ricorso contro la L.86 sostenuto dalla disamina delle sue norme in funzione della loro reale o meno legittimità.
E’ un ricorso che non genera dubbi nella sua propositività almeno per i comuni mortali.
Ma che ci fosse il rischio che succedesse quello che è successo un ex magistrato che fa politica non può non saperlo e comunque il collegio di avvocati che l’avrebbero gestito l’avranno avvertito della possibilità che la Legge 86 poteva uscirne indenne anche con la bocciatura di molte delle sue norme.
Nessuno ci fa caso e si pone il problema. Anzi, bravo Emiliano!
La Perla
E’ dell’avvocato della Campania.
Contesta le stesse norme contestate dalla Puglia ma ci mette del valore aggiunto spiegando come aggiustarle (quindi senza far cadere la Legge 86) a partire dall’eliminare le norme che rendevano il parlamento un organo meramente ratificante.
Traduzione: anche se la Campania ricorre contro tutta la Legge 86 ma offre il modo con cui aggiustare le norme vuol dire che la legge in questione rimane e verrà cambiata in Parlamento con la Lega stretta tra l’obbligo di rispetto delle indicazioni della Consulta e i valori dei deputati e senatori della destra pura e dura, quelli che la Patria prima di tutto!
Questa era la proposta di accordo: cara Consulta ti creo la tempesta perfetta e ti offro la scialuppa di salvataggio.
La Consulta usa la scialuppa e delimita il campo con la sentenza 192/2024 del novembre scorso.
Tra chi lotta contro la Legge 86/2024 pare non se ne accorga nessuno. Missione compiuta e talmente bene che bisogna dare ragione al Prof. Villone che il 21 gennaio dice “credo che il comitato referendario possa sciogliersi per la totale inerzia che ha manifestato in questi mesi” e continua “mai visto un comitato promotore che abbia promosso meno di questo.”
Raggiunto questo risultato non rimane altro che eliminare il rischio del referendum: la scusa è buona, il parlamento la modificherà nel rispetto della Costituzione.
Ma il Presidente Emiliano supera se stesso ed il 22 gennaio in un sol colpo si intesta l’aver sventato il rischio del non raggiungimento del quorum (vittoria politica della destra) e l’aver puntellato la dalemiana riforma del Titolo V. alè! (foto)
Intanto lo ringrazio per avermi risparmiato le fatiche della campagna referendaria, grazie Presidente!
Quindi vince il PD, può negoziare qualsiasi rettifica della Legge 86 usando i ricorsi su ogni aspetto già dichiarato illegittimo.
Questo coronerà il sogno di Bonaccini “come la facciamo noi è fatta bene”, peccato che abbia avuto bisogno di Calderoli e peccato che avremo l’autonomia di regioni in competizione tra di loro.
Domanda 1: ma se alla Consulta fosse arrivato solo il quesito di abrogazione totale sottoscritto da 1.300.000 cittadine e cittadini, ecco, lo bocciava e punto e chi si è visto si è visto?
Domanda 2: in qualunque modo la L. 86/2024 verrà modificata in parlamento il M5S ed il PD hanno tutelato il diritto di 1300000 elettori ed elettrici di chiedere a 50 milioni di aventi diritto al voto di esprimersi sul volere o meno una legge che offre l’autonomia regionale?
Perché più che la inammissibilità del quesito popolare di abrogazione totale pare che sia stato di fatto ammesso il quesito regionale di abrogazione parziale ma con effetti speciali: non si vota in barba al Quorum!
Antonio Madera
Attivista Comitato regionale Emilia-Romagna contro ogni autonomia differenziata
26/1/2025
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