Bambini e bambine della Palestina
Vi sono immagini che rendono pienamente la drammaticità delle situazioni a cui si riferiscono.
Nelle ultime settimane due foto mi hanno particolarmente colpito per la loro disumanità: ritraggono una le persone in catene che il Presidente Trump ha ordinato di rimandare nei loro Paesi di origine, con le le catene che aggiungono ulteriore disumanità alla disumanità dell’espulsione, l’altra le colonne di palestinesi che la guerra di Netanyau costringe ad abbandonare la striscia di Gaza.
Nelle file dei palestinesi vi sono decine di migliaia di bambini/e, quelli non rimasti uccisi/e nei bombardamenti a tappeto che hanno distrutto i loro villaggi (decine di migliaia i bambini/le bambine morti/e, altrettanti quelli/e in fuga).
Costituiscono, quei bambini e quelle bambine l’immagine più evidente delle conseguenze della rappresaglia israeliana dopo gli atti disumani di “Hamas” (che prende prigionieri ed in parte uccide più di mille israeliani), una rappresaglia che porta alla distruzione di interi villaggi.
Alcuni mesi fa, Guy, un israeliano che si batte per i diritti dei Palestinesi, durante un’iniziativa a Firenze di AssoPace Palestina, proiettò un video in cui si vedevano militari israeliani che facevano uscire dei bambini/delle bambine palestinesi dalla loro scuola e poi, sotto i loro occhi, abbattevano l’edificio scolastico, ritenuto un importante obiettivo militare. In seguito, la situazione è indubbiamente peggiorata, in quanto le scuole vengono distrutte con le persone dentro.
A Gaza la guerra genocida condotta da Israele colpisce duramente, come avviene in tutti i conflitti armati, le componenti più fragili della società, e cioè i bambini e le bambine, che sono costretti a misurarsi con difficoltà inaudite e non possono godere di quei “diritti dell’infanzia” – fra cui, lo studiare ed il giocare serenamente – affermati autorevolmente nei trattati internazionali e “sospesi” da tempo a Gaza.
Oggi abbiamo finalmente la tregua, pur se scarsamente rispettata dai coloni e dall’esercito israeliano, ma per giungere ad una pace vera occorre rimuovere le cause della situazione attuale (la fine dell’occupazione del territorio da parte di Israele ed un’iniziativa internazionale per arrivare ad uno stato non più confessionale – com’è, costituzionalmente, lo stato d’Israele -, in cui convivano ebrei e palestinesi con pari diritti, con una soluzione che magari dia vita ad una Confederazione sul tipo di quella pensata dai/dalle curdi/e del Rojava (laica, ambientalista, interculturale, con assoluta parità di genere, pacifista).
Nell’immediato occorre contrastare la proposta avanzata dal presidente USA Trump di fare di Gaza e della Palestina un grande insediamento turistico-balneare per le persone ricche europee e americane, con la deportazione della popolazione palestinese nei Paesi arabi vicini – non troppo d’accordo, in effetti –.
Va detto pure che la considerazione di Israele non era stata mai così bassa nel mondo e che mai si erano viste manifestazioni così partecipate e prolungate nel tempo contro le sue politiche, promosse da uno schieramento molto ampio di gruppi e associazioni (dai centri sociali all’associazionismo radicale e moderato).
Indubbiamente ha contribuito a tutto ciò il vedere i bambini e le bambine di Gaza sotto e accanto alle macerie. (ricordo la foto di una bambina che piange disperata accanto alla sua casa distrutta ed un’altra, di carattere opposto, di bambini che giocano fra le macerie – foto che mostrano il dolore ed anche la vitalità dei più piccoli/delle più piccole in condizioni di aggressione e di guerra -).
I bambini e le bambine di Gaza soffrono quindi più di tutti/e la situazione attuale, ma sono anche un elemento di speranza per un futuro diverso, realmente di pace, per Gaza, per la Palestina, per Israele, per l’intero Medio Oriente.
Moreno Biagioni
1/3/2025 https://www.pressenza.com/
Imamgine: (Foto di https://www.facebook.com/unrwa)
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