Chi si prende cura di coloro che curano?

Il racconto di un’esperienza in gruppo di intervisione, di operatori sanitari volontari che operano in ambulatori per persone senza fissa dimora, a Torino. L’intervisione psicologica è intesa come una discussione in gruppo, con l’obiettivo del mutuo scambio tra gli operatori della salute, al fine di affrontare i nodi problematici della terapia nel contesto dell’intervento, soprattutto dal punto di vista relazionale.

Nel 2015 a Torino, grazie alla collaborazione con il “Centro di Accoglienza Vincenziana per e con Persone senza dimora” e all’esperienza maturata nelle baraccopoli a Nairobi, l’associazione World Friends, da sempre impegnata nel promuovere un miglioramento della salute nelle periferie, avvia uno sportello sanitario destinato agli “invisibili”, persone senza dimora o in condizioni abitative precarie, nuovi poveri, migranti. L’obiettivo dell’iniziativa è prendersi cura degli assistiti che troppo spesso non si rivolgono ai normali canali di cura per ragioni burocratiche, sociali o economiche, attraverso una gestione immediata dei problemi di salute “acuti”, cercando parallelamente di accompagnarli in un percorso di avvicinamento (o riavvicinamento) al Servizio sanitario nazionale. A settembre 2017 inizia la collaborazione con il Comitato Collaborazione Medica (ora Amref Health Africa Italia) che permette di implementare un modello operativo di riferimento replicabile in altri contesti.

Su questa linea si aprono altri sportelli, alcuni operanti ancora oggi, accomunati dalle medesime modalità di lavoro: il centro Diurno “Il balsamo di Filomena” di Caritas in via Cappel Verde, il centro “Servizi Vincenziani per Senza Fissa Dimora OdV” in Via Saccarelli, il Drop In del Gruppo Abele in Via Pacini, il miniambulatorio dello spazio occupato Neruda in Corso Cirié. Gli sportelli si rivolgono a soggetti fragili. Persone che vivono situazioni di disagio legate a multipli problemi esistenziali, multiple mancanze. La mancanza di casa, lavoro, denaro, strutture familiari di supporto, spesso si sommano a disagio psichico, abuso di alcool e/o sostanze stupefacenti; queste persone si isolano dal resto della società, da cui si sentono respinte e della quale dunque diffidano. Per gli stranieri a questo si sommano le difficoltà linguistiche, le differenze culturali e le difficoltà legali e burocratiche che ancor più contribuiscono all’isolamento. I bisogni sanitari di queste persone possono essere affrontati solo inserendo le azioni di diagnosi e cura in un più ampio miglioramento della loro condizione di vita.  Insieme alle attività di assistenza e cura vengono avviate esperienze di educazione sanitaria e percorsi di formazione per educatori alla pari per favorire l’empowerment degli utenti dei servizi.

Silvia Torresin, Francesca Simi, Lisa Di Mascolo, Paolo Leoncini

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24/5/2023

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