Clima e sottovalutazioni

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Brevi considerazioni redazionali di inizio anno su un aspetto ancora poco considerato dall’informazione, spesso anche da quella ambientalista delle grandi associazioni, sulla connessione “naturale” tra cambiamenti climatici, salute e prevenzione. Quello che difetta, tra le tante mancanze d’intervento è il protagonismo attivo, e non solo dichiaratorio, degli operatori della salute. Queste nostre considerazioni vogliono dare degli spunti a una discussione propositiva tra gli attivisti.

Quando parliamo di ambiente non possiamo non parlare di salute. Un esempio fondamentale è il legame che esiste tra la sfida energetica e la tutele della salute. Uno dei nodi principali infatti non sembra essere tanto la possibilità di reperire energia, bensì le conseguenze dell’utilizzo di fonti fossili energetiche alle quali ci stiamo affidando in modo “eccessivo” e i relativi impatti dannosi. Quindi uno dei primi passi da compiere è l’individuazione degli effetti sull’uomo e dei fattori scatenanti. Richard Klausner individua alcuni punti su cui interrogarsi preventivamente nella valutazione delle differenti possibilità di scelta:

  • quali saranno gli effetti
  • in che modo si manifesteranno
  • quale sarà la loro portata
  • quando si manifesteranno
  • chi verrà colpito in misura maggiore.

Esistonostrumenti scientificamente consolidati per rispondere a queste domande?
Uno degli strumenti più raffinati che viene impiegato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nelle sue rendicontazioni sullo stato globale della salute è il DALY, sigla che significa Disability-Adjusted Life Years. Questo strumento permette di “misurare” il peso della malattia in una comunità attraverso la combinazione di diversi parametri: perdite dovute a morte prematura e perdite di vita sana dovuta a forme di inabilità. Un singolo DALY è uguale alla perdita di un anno di vita in buono stato di salute. Tra le diverse funzioni, il DALY serve anche a selezionare e misurare il costo degli interventi per la prevenzione e/o cura di determinate malattie, quindi anche per la definizione delle priorità in sanitarie e per la scelta dell’attribuzione di risorse finanziarie e umane.
Una proposta che sostengo per la prossima legislatura regionale in Piemonte è il rafforzamento di questo tipo di parametri per valutare in maniera più scientifica, comprendere gli impatti di ciò che scegliamo dal punto di vista ambientale e disegnare le priorità in sanità derivanti dalle scelte ad esempio energetiche che ci apprestiamo a compiere.

I cambiamenti climatici stanno incidendo sulla nostra salute. Sono ormai numerosi e ampiamente diffusi molti documenti a cura delle più prestigiose organizzazioni europee e mondiali in grado di fornirci informazioni attuali con interessanti tracce riguardanti  i sistemi sanitari europei sulle modalità di intervento. Il quadro è noto: i cambiamenti sembrano caratterizzarsi per un aumento della frequenza di ondate di calore, alluvioni e siccità di diverso tipo nel nord e sud Europa. Per ciò che riguarda il nostro “cortile”, l’europa centrale e meridionale, si assiste ad un aumento delle temperature estive superiori alla media, una diminuzione delle precipitazioni annuali con periodi di siccità anche estremi. Le popolazioni maggiormente esposte saranno quelle delle grandi città, più esposte all’inquinamento e quelle che vivono nelle fasce ad alto rischio idro-geologico. In qualunque Paese si trovino, le categorie maggiormente a rischio rimangono i poveri, gli anziani, i malati e i giovani. I pericoli più insidiosi sarebbero rappresentati dagli impatti delle situazioni estreme di ondate di calore  ma anche di freddo soprattutto per popolazioni che hanno maggior difficoltà all’approvvigionamento energetico, l’insieme di malattie legate al cibo, la variazione di distribuzione delle malattie infettive  per la colonizzazione di specie patogene provenienti dall’area sub- e tropicale. Non ultime le malattie di pertinenza dell’apparato respiratorio causate dall’aumento dei livelli di ozono a livello del suolo nelle città e il cambiamento nella distribuzione dei pollini.

L’analisi comunque suggerisce la necessità di adattamento dei sistemi sanitari attraverso soprattutto una diversa distribuzione dei servizi ed un’attenta preparazione agli eventi estremi. I professionisti sanitari dovranno essere i primi nella progettazione di interventi innovativi nel campo della prevenzione, individuazione e risposta agli effetti del cambiamento climatico. Un problema da considerare sarà inoltre dato dall’aumento delle spese sanitarie delle famiglie che dovranno quindi essere considerate per non lasciare “alla prova dei mezzi” coloro che non possiedono risorse aggiuntive per far fronte a tali rischi. La sicurezza sanitaria risulta quindi un perno centrale ineliminabile con la necessità di coinvolgimento da parte di altri settori, ad esempio anche con il rafforzamento dello sviluppo di sistemi di indagine e di comunicazione. Fondamentali risultano anche il potenziamento della forza lavoro del settore sanitario e la necessità di rendere ecosostenibile ogni servizio sanitario.

Queste minime annotazioni ci indicano come le risposte a questi problemi non possono che arrivare da un sistema sanitario pubblico, democraticamente costruito, equo, solidale e considerato come un bene comune. Certamente non da un sistema privato, parassita e affamato di risorse pubbliche senza le quali non potrebbe sopravvivere. Altro che libero mercato della salute!

Redazione Lavoro e Salute

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