Donne senza dimora: chi sono e come vivono
Delle oltre 20 mila persone senza casa prese in carico ogni anno dai servizi sociali a Roma, una su quattro è donna. L’agenzia del Redattore Sociale e Binario 95 hanno raccontato la storia di alcune di loro nel reportage “Sotto il cielo di Roma. Donne senza dimora”
«Maria Grazia è seduta a terra, le gambe distese avvolte in una coperta, le spalle contro la vetrata dello store della Nike. È tranquilla fino a che non si avvicina l’unità mobile. Si tratta di due giovani operatori, non ci sono divise, hanno modi gentili. Maria Grazia non ci sta, si arrabbia lo stesso. Vive la loro offerta di aiuto come un’invasione di campo, comincia a gridare».
Chi sono le donne senza dimora? Quali difficoltà affrontano? Che strategie hanno per affrontare la vita di strada? In occasione dell’8 marzo, Redattore Sociale e Binario 95 hanno realizzato il reportage “Sotto il cielo di Roma. Donne senza dimora”, che racconta le storie delle donne che vivono in strada nella capitale.
Delle oltre 20 mila persone senza casa prese in carico ogni anno dai servizi sociali a Roma, una su quattro è donna. Tra loro c’è anche Maria Grazia, 69 anni, che fino a qualche mese fa abitava nella periferia est con la figlia. Erano state segnalate ai servizi sociali come un caso di “barbonismo domestico“, perché la casa si trovava in uno stato di grave incuria.
«Un giorno l’appartamento va a fuoco per via di un fornello lasciato acceso. Le due donne vengono prese in carico dal municipio di appartenenza», scrive Antonella Patete, giornalista autrice del reportage. «La figlia accetta di andare in un centro di accoglienza, Maria Grazia no: non le piace l’idea di essere confinata in una stanza chiusa, vuole tornare a casa sua, in quell’appartamento che crede esserle stato indebitamente sottratto». Oggi Maria Grazia vive in zona Termini, il giorno in stazione, la notte chissà dove col suo sacco a pelo.
Donne senza fissa dimora: la salute fisica e mentale
Esistono diversi servizi socio-sanitari gratuiti per le donne fragili o vittime di violenza: negli ultimi anni Binario 95 ha incrementato la sua offerta, in particolare durante la pandemia. Questo ha permesso a migliaia di persone senza dimora, di cui il 30% donne, di poter usufruire dell’accoglienza presso il circuito istituzionale di Roma Capitale, di accedere a visite specialistiche e all’assistenza psichiatrica gratuita.
In particolare, Area 95 è un servizio che ogni giovedì, nei locali del Binario 95 alla stazione Termini, realizza colloqui con persone senza casa con problemi di salute mentale. «Più che di senza dimora dovremmo parlare di senza servizi, visto che questo tipo di pazienti non trova supporto nei centri pubblici», afferma Pino Riefolo, psichiatra dell’associazione Smes Italia, che collabora ad Area 95.
«Le donne sono ulteriormente penalizzate. La dimensione della maternità in particolare influisce sui decorsi psichici femminili. Alcune entrano nel circuito della salute mentale a seguito dell’allontanamento dei figli. Una volta persi i propri bambini, precipitano facilmente in una marginalità prima esistenziale e poi materiale».
È quello che è successo a Grace, 45 anni, nigeriana, migrante, arrivata sette anni fa dopo aver attraversato il mare su una barca. Grace ha lasciato a casa tre figli, mentre un quarto lo portava nella pancia, ma appena nato le è stato tolto dai servizi sociali e dato in adozione.
«Come molte persone straniere che vedono fallire il proprio progetto migratorio, anche Grace non presenta un reale disturbo psichiatrico», racconta Riefolo. «Ha un disturbo post traumatico da stress, che potrebbe essere superato riannodando i fili con il suo contesto di origine. Ma nel suo caso le cose sono più gravi, perché non può rivedere il suo bambino e non riesce a darsi pace per questo».
La violenza sulle donne senza dimora
Nel percorso delle donne senza dimora c’è spesso un vissuto di violenza, che non è detto sia stata subita per la prima volta in strada. Spesso l’hanno già sperimentata tra le mura domestiche, da parte di partner o familiari. In alcuni casi, è proprio per sfuggire agli abusi che si sono trovate senza una casa: la violenza finisce così per implicare l’esclusione sociale, e l’esclusione sociale implica a sua volta nuova violenza.
«Spesso le donne che fuggono dalle violenze domestiche non hanno un posto dove andare, una soluzione ponte che garantisca loro la serenità indispensabile per riorganizzare la propria vita in un momento così difficile», dice Franca Iannaccio, socia fondatrice della Europe Consulting onlus e responsabile del progetto Empowomen, che realizza attività di screening negli help center delle stazioni ferroviarie sul territorio nazionale.
«Riescono a trovare soluzione temporanee, come stare da amici e parenti, ma quando queste offerte non sono più disponibili alcune finiscono in strada, dove si innescano circuiti di ulteriore marginalità che favoriscono il perpetrarsi di situazioni di violenza. D’altra parte, gli stessi centri antiviolenza sono in perenne ristrettezza di risorse e le case rifugio romane non hanno posti disponibili sufficienti rispetto alle richieste».
Chantal, ad esempio, è scappata di casa quando aveva 14 anni: è stata poi in carcere minorile e in casa famiglia, fino a ritrovarsi in strada. È sola e vuole trovare un uomo che la protegga, non importa quanto sia tossica la loro relazione. «La legge della strada è questa: l’uomo che ti proteggerà dagli altri uomini potrà essere lui stesso violento contro di te».
L’invisibilità delle donne senza tetto
Quando si parla di persone senza dimora, quasi sempre ci si riferisce agli uomini. C’è ancora un vuoto narrativo nel racconto delle persone che non hanno una casa, e questo vuoto riguarda le donne.
«Dietro la discesa di una donna verso l’homelessness è difficile non accorgersi della responsabilità degli uomini: dei padri, dei mariti, dei compagni, degli sfruttatori, dei figli», commenta fondatore di Binario 95 e presidente di Europe Consulting Onlus. «La donna, si dice, è talmente impegnata a occuparsi di qualcuno che finisce a non pensare più a se stessa, riducendosi, nei casi più estremi, ad esaurire tutte le energie che la terrebbero a galla».
In un momento in cui le donne si stanno riprendendo spazi importanti nella nostra società e in cui i temi di genere sono sempre più centrali nel dibattito pubblico, le donne senza dimora restano però ancora invisibili. Alessandro Radicchi esorta a non dimenticarle, perché «quelle stesse donne potrebbero essere nostra sorella, la nostra compagna, nostra figlia, nostra madre. E perché no, la nostra segretaria di partito o presidente del consiglio».
Alice Facchini
22/3/2023 https://www.osservatoriodiritti.it/
Fonte: Redattore Sociale
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