Ergonomia e Rischio Psicosociale. Lavoro e sfruttamento della risorsa umana primaria: uno studio propone un percorso. La gestione del rischio psicosociale potrebbe costituire una grande opportunità per la salute e la sicurezza dei lavoratori, oltre che per la produttività aziendale unamizzata? La realtà del mondo del lavoro ci dice che oggi questi due elementi sono separati


Come in ogni disciplina scientifica anche lo studio delle regole che reggono il mondo del lavoro contiene due anime: la classica e la sistemica.
Il metodo d’osservazione del mondo del lavoro classico si basa su una cultura lineare dove ogni aspetto o segmento del fenomeno osservato può essere separato dal resto della linea e analizzato in laboratorio per ogni sua, anche infinitesima, manifestazione. In generale l’esperienza scientifica classica ha generato il mondo che conoscevamo fino alla fine degli anni ’80 del secolo scorso. In seguito il pensiero sistemico ha rivoluzionato il nostro mondo di vita, le macchine da scrivere, i dischi di vinile, le cassette videoregistrate, la cornetta del telefono, sono strumenti raccolti dalle botteghe di antiquariato.
Eppure anche di fronte all’evidente trasformazione tecnologica della nostra vita quotidiana il mondo delle organizzazioni del lavoro persiste, in massima parte, a mantenere le antiche strutture lineari tayloristiche, elevati livelli gerarchici, compiti e procedure vincolate, linee produttive monotone e ripetitive.
Tuttavia, anche se minoritarie, esistono organizzazioni del lavoro che dovendo produrre oggetti ad alta qualità: nuovi modelli di autoveicoli, telefoni cellulari, DVD bluray, computer touch screen, hanno indicato al mondo dei processi produttivi modelli organizzativi del lavoro ad alta qualità attraverso le normative universali ISO.
In particolare nel nostro paese molte aziende hanno dovuto “obtorto collo” uniformarsi alle norme internazionali senza tuttavia capirne il significato culturale innovativo e ottemperando solo agli aspetti formali senza realizzare nessuna trasformazione sostanziale della loro vecchia organizzazione del lavoro. Di fronte al cambiamento la paura dell’ignoto ci costringe a cercare la massima sicurezza, rifugiandosi nella vecchia organizzazione scientifica non si può sbagliare, se andava bene per il nonno e poi anche per il padre deve andare bene anche per il figlio.
La rivoluzione tecnologica porta con se un mondo di incertezza, le cose che prima potevano essere misurate con precisione oggi divengono probabilità, è possibile attraverso molti stratagemmi rallentarne la diffusione ma Galileo aveva ragione la Terra è davvero rotonda e rimane tale anche dopo abiura.
In Europa, tra la fine degli anni ottanta ed i primi anni novanta, diversi studi di diverse discipline mettono in luce l’importanza di ricontestualizzare i paradigmi scientifici su basi sistemiche: tale processo evolutivo evidenzia l’importanza funzionale di elaborare i processi organizzativi in un’ottica sistemica.
Il pensiero sistemico applicato ai processi produttivi, cosciente delle difficoltà prodotte dai cambiamenti culturali, promuove e produce un riordino delle materie riguardanti la sicurezza e salute sul lavoro a livello comunitario. Il recepimento delle direttive comunitarie si struttura in Italia attraverso l’emanazione del D.Lgs. 626/94 oggi D.Lgs. 81/08: una legge sulla sicurezza e la salute dei lavoratori che se applicata in tutta la sua complessità è in grado di aiutare i datori di lavoro nelle necessarie trasformazioni culturali legate alla qualità produttiva. Secondo la nuova cultura sistemica il datore di lavoro attraverso la sua “attenta” valutazione dei rischi aziendali, oltre a conoscere approfonditamente la propria azienda, produce e documenta un progetto di miglioramento nel tempo di tutte quelle variabili che ne determineranno l’evoluzione. Inoltre dovrà costruire egli stesso le regole di comportamento e comunicazione che permetteranno la “gestione dei rischi” mantenendoli al loro stato di minima probabilità di produrre un danno alla salute. La “ratio legis” quindi non è più una serie di azioni od omissioni da imporre, come ogni punto di una linea, (da parte del datore di lavoro), per cui il problema è risolto una volta applicato ogni elemento della “check list”, ma un impegno, nel tempo, a costruire un sistema (un gruppo di persone) adibito a tenere sotto controllo ogni rischio presente nel processo produttivo a partire non da dati oggettivi validi per tutti i differenti contesti ma dalla valutazione specifica del proprio processo produttivo inteso come un mondo particolare e specifico, dinamico e in continua evoluzione, sempre diverso e vivo, come un paesaggio e non la sua fotografia.
Questa legge, frutto di un confronto culturale sulle basi produttive del futuro, è stata spesso osteggiata e “banalizzata”. In particolare nel nostro paese, la carenza culturale su questa tematica ha prodotto un esisto meramente burocratico, facendo percepire più l’aggravio documentale che l’opportunità di sviluppo imprenditoriale.
In questo modo il pensiero classico come nel medio evo ha oscurato la possibilità di ampliare la conoscenza dei fenomeni della crisi strutturale del vecchio modo di produrre, costringendo molte aziende che avrebbero potuto ristrutturarsi alla chiusura o dismissione di parti.
Tuttavia le chiese possono fermare per un poco di tempo l’evoluzione e la diffusione delle nuove conoscenze ma come è vero che la terra è rotonda così le imprese dovranno obbligatoriamente cambiare la loro cultura produttiva [……………]
[…..] Anche sul piano cognitivo l’ergonomia deve tenere conto della funzionalità del sistema cerebrale per cui il designer o  la progettazione degli ambienti di lavoro devono rispondere
della compatibilità con le “forme del lavoro” (organizzazione) rispetto alla dinamica funzionale del sistema cerebrale.
Ad esempio le immagini spiegano le azioni da compiere molto più efficacemente di qualsiasi forma scritta, per questo motivo i cartelli che indicano i percorsi da seguire in caso d’emergenza, per un imminente pericolo negli abitati, sono completamente basati su semplici immagini e segni. I simboli inoltre hanno una natura universale comprensibili al di là della propria lingua.



E’ evidente ad ogni essere umano del mondo l’azione da compiere di fronte a questo segnale.

Tuttavia in questo cartello esiste un errore di forma (GESTALT) è pensato da un cervello giovane che non ha bisogno di una ulteriore rassicurazione nel scendere le scale: il corrimano.

La gestalt della seconda figura indica una scala più rassicurante perché dotata di adeguata protezione da corrimano normale molto utile alle persone di una certa età o con difficoltà di deambulazione.
Questo semplice esempio vuole dimostrare l’importanza del principio di compatibilità cognitiva nelle organizzazioni del lavoro ed esprime la necessità di comunicare attraverso forme che tengano conto delle esigenze dell’intero sistema e non solo di una sua parte.
Da tutto ciò nasce la logica sistemica con cui devono essere affrontati i problemi connessi ai rischi psicosociali presenti negli ambienti di lavoro già a livello della loro progettazione.
I nuovi luoghi di lavoro devono essere immaginati rispondenti alle necessità di socializzazione e di comunicazione umana per cui diviene necessaria la collaborazione tra differenti figure professionali già nella prima fase di studio del progetto. Architetti, psicologi, sociologi, ecc.. dovrebbero unire le loro competenze attraverso una conoscenza comune data dall’ergonomia cognitiva e delle organizzazioni.
Le leggi Italiane ed Europee fin dall’inizio degli anni ’90 del secolo scorso impongono alle aziende un impegno significativo in queste direzioni. Purtroppo in Italia, abbiamo assistito ad un vuoto legislativo e regolamentare sulla qualità di sistema capace di inibire qualsiasi vantaggio competitivo basato sulla gestione qualitativa dei processi produttivi.  Le imprese così isolate e incapaci di reagire di fronte alle difficili prove della concorrenza globale, dell’evoluzione tecnologica, della crisi economica e strutturale, non sono riuscite nemmeno a ipotizzare un rinnovamento culturale delle organizzazioni del lavoro perché eccessivamente preoccupate del mantenimento produttivo e perciò poco inclini a pensare nuovi orizzonti di sviluppo.
Eppure, un valido aiuto, in particolare per le piccole e medie imprese italiane, sarebbe venuto dalla necessità di ripensare l’organizzazione del lavoro attraverso la riflessione articolata sui vari rischi nelle aziende, ma in particolare su quelli psicosociali
La gestione del rischio psicosociale (2) potrebbe costituire una grande opportunità sia per la produttività aziendale, sia per la salute e la sicurezza dei lavoratori, purtroppo ancora oggi questi due elementi sono ancora considerati separati (ciò é dimostrato dal fatto che non esiste un termine per descriverli insieme) ma di fatto non lo sono.
Le opportunità che potrebbero derivare dalla gestione di questo rischio sono diverse: diminuzione di fenomeni quali mobbing, bournout, molestie, stress, infortuni, miglioramento dei sistemi sociotecnici, della comunicazione all’interno dell’azienda, maggiore trasparenza di procedure aziendali quali l’evoluzione della carriera ecc.; miglioramento dei processi decisionali; miglioramento delle interazioni tra le diverse parti componenti l’azienda ecc.  Purtroppo la cultura classica (di tipo causale) impostata su modelli di ergonomia correttiva ha condizionato e ridotto la necessaria riflessione sistemica a un mero intervento correttivo da effettuarsi attraverso l’arcaico modello della check-list scartando, di fatto, il principio base dell’ergonomia stessa: l’uomo al centro del processo.
L’osservazione corretta dei fenomeni psicosociali non può che tenere conto della logica sistemica che vede l’uomo (sistema vivente) in relazione con i sistemi circostanti (organizzativo, tecnologico, culturale….) che compongono l’intero mondo (azienda) e questo in relazione con gli altri mondi, in breve:  l’uomo come sistema di sistemi.
L’ergonomia cognitiva e delle organizzazioni ha oggi, in particolar modo, il difficile compito di trasformare il modo di percepire il proprio e l’altrui mondo esperienziale. E’ difficile per coloro che sono abituati a vedere l’albero con le sue numerose sfaccettature allargare il proprio orizzonte e vedere il sistema in cui vive e si relaziona: la foresta.
All’aumentare della complessità della vita, negli animali, l’isolamento dal sistema ecologico comporterebbe addirittura la fine della loro esistenza.
E’ sicuramente molto più difficile osservare un intero sistema anziché una parte però oggi non è più possibile fare altrimenti. L’evoluzione della ricerca è diretta verso la direzione sistemica.
Anche nella madre di tutte le scienze: la fisica, la ricerca si sposta su valutazioni sistemiche. La stessa legge di gravità può essere vista in modi differenziati. Nell’esempio del Prof. Emilio Del Giudice se lascio cadere dalla stessa altezza, non troppo alto, un gatto e un sasso essi toccheranno terra nello stesso momento dimostrando appunto l’ineccepibile legge di gravità. Se l’esperimento finisce a questo punto non ci sarebbero problemi, se però l’osservazione continua ci accorgiamo che il sasso rimane perennemente al suo posto, il gatto invece ha la capacità di reagire in differenti modi imprevedibili, potrebbe miagolare perché gli è piaciuto e vorrebbe rifarlo, oppure graffiare rabbioso il ricercatore, oppure scappare e nascondersi in luoghi inaccessibili all’osservatore, ecc… Questo bellissimo esempio serve a spiegare bene la differenza tra l’osservazione classica lineare e quella sistemica. Se osservo un mondo fatto di oggetti inerti in grado di muoversi solo se spinti dall’applicazione di forze esterne le   cose sono relativamente semplici e prevedibili, posso trovare leggi universali di comportamento costante. Ma se osservo la vita o l’infinitamente piccolo o grande le cose non dipendono solo da forze esterne all’oggetto osservato ma anche e in massima parte da forze interne che non sono in grado di prevedere.
Grazie a queste novità scientifiche anche le leggi sulla sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro hanno trovato una loro cospicua evoluzione.
Come nella vita, le cose cambiano e si trasformano, per cui il datore di lavoro è tenuto a valutare nel tempo questi cambiamenti trasformando i rischi che essi comportano in opportunità di miglioramento dell’intero sistema.
Se questo concetto basilare dell’ergonomia cognitiva e delle organizzazioni fosse divenuto un patrimonio culturale, anche degli “addetti ai lavori”, ci saremo evitati di avere come linee guida, per l’intervento sui rischi psicosociali, prodotti paradossali ed ambivalenti frutto dell’assenza di una corretta mediazione tra le due culture.
Le culture manageriali, datoriali, sindacali, devono comprendere che  le dinamiche prescrittive di risultato sono fallimentari e ormai “obsolete” di fronte alla complessità e alla crisi dei sistemi.
Forse nel panorama presente conviene ricercare spazi di miglioramento continuo dell’intero processo produttivo, facendo della valutazione delle dinamiche psicosociali tra gli operatori (considerati come parti fondamentali dell’intero sistema) un elemento indispensabile allo sviluppo produttivo dell’intero processo.

Note

(1)  Nell’ordine Psicologo Psicoterapeuta del lavoro e delle organizzazioni.
Sociologo del lavoro, EuropeanErgonomist
Psicologa del lavoro e delle organizzazioni.
(2) Rischio psicosociale: quegli aspetti relativi alla progettazione, organizzazione e gestione del lavoro, nonché ai rispettivi contesti ambientali e sociali, che dispongono del potenziale per dar luogo a danni di tipo fisico, sociale o psicologico (Cox e Griffiths, 1995).

Tratto da Ergonomia e Rischio Psicosociale (2014) in ISL n3 Inserto
Ergonomia e lavoro 2013: i compiti degli ergonomi. Ed Ipsoa
di Franco Simonini, Gabriele Corbizzi Fattori e Vincenza Bruno (1)  

da www.orizzontedeglieventi.it

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *