Quinto Stato. Freelance beffati e tartassati dal nuovo regime dei minimi. Quinto Stato. Renzi li elogia all’estero ma quando torna in patria penalizza gli under 35. La riforma del fisco agevolato per gli autonomi triplica le tasse. L’Italia renziana non è un paese per giovani

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Mat­teo Renzi si com­muove per l’intraprendenza dei gio­vani ame­ri­cani che avviano start up nella Sili­con Val­ley, ma tri­plica le tasse agli under 35 ita­liani che scel­gono di seguire la stessa strada. All’estero mostra la fac­cia di chi ha capito la dif­fe­renza tra l’Iphone e il get­tone, in patria aumenta le tasse e i con­tri­buti pre­vi­den­ziali per chi usa l’Iphone per lavoro e il get­tone l’ha lasciato nel museo. Il para­dosso è con­te­nuto nell’annunciata riforma del nuovo regime dei minimi che entrerà in vigore nel 2015.

Si tratta di una rimo­du­la­zione del sistema di age­vo­la­zione fiscale per i con­tri­buenti a par­tita Iva – gli auto­nomi stella polare dell’“innovazione” cele­brata oggi nel Palazzo e nel Pd –per favo­rire l’imprenditoria gio­va­nile. Stando alle anti­ci­pa­zioni, che stanno dif­fon­dendo il panico nei mondi del lavoro auto­nomo e indi­pen­dente, è una beffa colos­sale. Il nuovo regime allar­gherà la pla­tea dei bene­fi­ciari fino a 900 mila per­sone alle quali verrà appli­cato un aumento dell’aliquota Irpef che pas­serà dall’attuale 5% allo stra­to­sfe­rico 15%. Que­sto regime fiscale verrà appli­cato a coloro che gua­da­gnano tra i 15 mila e i 40 mila euro lordi all’anno.

È ormai noto che i gio­vani pro­fes­sio­ni­sti, con­su­lenti, gli star­tup­pers tanto cari a Renzi gua­da­gnano attorno alla prima soglia, poco meno o poco più, men­tre arti­giani com­mer­cianti si atte­stano sulla seconda. Ad esem­pio, un gio­vane archi­tetto di 28 anni con 10.500 euro di com­pensi annui paghe­rebbe 1.460 euro, 240 euro in più degli attuali. In que­sta con­di­zione si ritro­verà chi è nel regime dei minimi attuale sino a quando non com­pirà i 35 anni o avrà con­cluso i primi 5 anni di atti­vità. Sem­pre che nel frat­tempo non sia costretto a migrare verso il lavoro nero o ras­se­gnarsi alla disoccupazione.

Il governo così tanto sen­si­bile alle «nuove pro­fes­sioni» favo­ri­sce il lavoro auto­nomo tra­di­zio­nale e ben pro­tetto da rap­pre­sen­tanze di cate­go­rie e da lob­bies e non i free­lance senza tutele né garan­zie che scel­gono (o sono costretti) all’attività in pro­prio. In pre­ce­denza il lavoro auto­nomo di seconda gene­ra­zione, così lo hanno defi­nito Ser­gio Bolo­gna e Andrea Fuma­galli, poteva uti­liz­zare il regime age­vo­lato fino ai 30 mila euro di fat­tu­rato. Renzi, invece, pro­spetta un taglio del 50% e aumenta le tasse.

Nella bozza della legge di sta­bi­lità il governo ha pro­spet­tato inol­tre un con­tri­buto da 800–900 milioni di euro per gli auto­nomi. Con­si­de­rata l’impostazione della riforma fiscale, si capi­sce subito a chi andranno que­sti soldi. «Se il governo non è in grado di pro­get­tare una seria revi­sione del carico fiscale per i free­lance – sostiene Anna Soru, pre­si­den­tessa dell’associazione dei free­lance Acta — che almeno offra lo stesso trat­ta­mento assi­cu­rato ai dipen­denti: gli 80 euro del bonus Irpef. Sarebbe anche que­sto un modo per rico­no­scerci cit­ta­di­nanza». Non sarà così. Nella legge di sta­bi­lità que­sti soldi non ci sono.

Blan­diti, e poi tar­tas­sati, que­sti auto­nomi sono un seg­mento del popolo apo­lide del quinto stato. Non sono dipen­denti, né tito­lari di impresa. Non sono tute­lati dai sin­da­cati e, molti di loro, saranno tra­volti dall’aumento dei con­tri­buti alla gestione sepa­rata dell’Inps sta­bi­lito da un altro governo «rifor­ma­tore», quello di Monti con Elsa For­nero al mini­stero del lavoro. Oltre alle nuove tasse, que­sti iscritti rischiano di dovere pagare l’aumento dei con­tri­buti dall’attuale 27,72% al 33,72% nel 2019. Il loro red­dito di povertà (in media sotto i mille euro al mese) verrà mas­sa­crato e alla fine di un’incerta car­riera pro­fes­sio­nale non potrà assi­cu­rare pro­ba­bil­mente nem­meno una pen­sione sociale. Se il tanto decan­tato Steve Jobs avesse aperto una par­tita Iva nel nostro paese l’avrebbe chiusa per­se­gui­tato dai cre­di­tori. In Ita­lia può accon­ten­tarsi di un panino alla pros­sima edi­zione della Leopolda.

Roberto Ciccarelli

27/10/2014 www.ilmanifesto.info

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