Il colonialismo e la Palestina

Certo, oggi si parla di colonialismo ma in realtà in Occidente resta qualcosa di non elaborato, mai guardato in faccia, mai davvero riconosciuto, al contrario spesso minimizzato. Questa è una delle ragioni per cui buona parte del mondo mediatico-politico-accademico e militare non ce la fa proprio a dire la verità su Israele e le sue pratiche genocide

Mettiamola così: se della gente venisse a casa vostra un giorno, se avessero fucili, granate, bombe e dicessero: “Questa è casa nostra ora ma non preoccupatevi, siamo magnanimi potete vivere in soffitta o nel seminterrato e se volete spostarvi tra la soffitta e il seminterrato sarete soggetti a umilianti controlli, a perquisizioni corporali, qualcuno dei vostri magari sarà arrestato, di più, se vi troveremo in cucina vi uccideremo”, guardereste a questa gente con gentilezza? Pensereste che abbiano a cuore i vostri interessi? Pensereste che la risoluzione di partizione che vi ha concesso di vivere nel seminterrato o in soffitta quando prima avevate tutta la casa, sia una risoluzione buona e giusta? Certo che no! Accettereste di essere dipinti, stigmatizzati, rappresentati come terroristi o guerrafondai se volete battervi contro questa situazione che vi ha costretto in cattività nel vostro seminterrato, nella vostra soffitta? Certo che no.
Accettereste, come popolo cacciato dalle vostre case, dalle vostre terre, costretto in una parte sempre più piccola della Palestina, di fare la pace con quelli che occupano il soggiorno, la cucina, le camere e il bagno?

La lotta palestinese è la resistenza contro questo stato di cose, contro il fascismo razzista, colonialista e terrorista dello Stato di Israele, uno Stato fondato sull’assunto “una terra senza popolo per un popolo senza terra2, il che ha significato la totale negazione di chi già viveva in quelle terre.
La pulizia etnica del ’47-48 è la diretta conseguenza della mistificazione originaria operata dal Sionismo. Israele è uno Stato concepito su base etnica, sulla continua espropriazione di terra e risorse, sulla violenta, violentissima repressione di ogni istanza di liberazione palestinese. Il ricorso alla guerra, ai bombardamenti, a ogni forma di devastazione e di annientamento della vita dei palestinesi è sistematico, pianificato e, quel che è infame per ciò che ci riguarda, sostenuto ipocritamente dai suoi amici e alleati, Italia compresa e sempre in prima fila nell’assecondare e giustificare di fatto ogni azione, anche la più turpe.

Israele, lo vediamo da decenni, fa uso del terrore a piene mani, lo rivendica perfino legittimandolo col racconto biblico, il popolo eletto, la Terra promessa, il riferimento compiaciuto e paradigmatico allo sterminio di Amalek, fatto pubblicamente dallo stesso primo ministro israeliano.

La realtà viene ribaltata, il linguaggio oscenamente mistificato, l’anima venduta alla sporcizia di una storia scritta, narrata e imbevuta nel sangue degli oppressi, definiti di volta in volta animali, barbari, primitivi, senza anima, oggi terroristi. La disumanizzazione dell’altro, degli altri, è l’essenza di ogni colonialismo, che sia di rapina, sfruttamento, o di insediamento.

Noi occidentali riconosciamo lo sterminio degli ebrei avvenuto sul territorio europeo, abbiamo istituito la Giornata della memoria, i 6 milioni di vittime comprensive di ebrei, rom e Sinti, disabili, gay, oppositori politici, prigionieri di guerra, sono un macabro numero acquisito, interiorizzato, ma, badate bene, in quanto attribuibile alla follia nazionalsocialista del regime hitleriano. Concepito quest’ultimo come una mostruosa parentesi nel percorso di progressiva emancipazione della storia europea e non, viceversa, come la sua inconscia, mai ammessa e mai elaborata, ombra nera. Che invece si dispiega, con continuità, nel secolare colonialismo agito dal mondo anglosassone, da Francia, Germania, Olanda, Belgio, Spagna, Portogallo e, buona ultima, ma solo in termini cronologici, l’Italia. Quando parliamo di colonialismo, parliamo della linfa vitale di una modernità inestricabilmente legata alla rapina, ai massacri, agli stermini in ogni parte del globo.

Aime Cesaire scrive una riflessione illuminante in Discorso sul colonialismo:

“Bisognerebbe innanzitutto studiare in che modo la colonizzazione contribuisce a decivilizzare il colonizzatore, ad abbrutirlo nel vero senso della parola, a degradarlo, a risvegliare in lui quegli istinti reconditi di cupidigia, di violenza, di odio razziale, di relativismo morale e mostrare come, ogni volta che in Vietnam si taglia una testa o si strappa un occhio e in Francia lo si accetta; ogni volta che una ragazzina viene stuprata e in Francia lo si accetta; ogni volta che un malgascio subisce un supplizio e in Francia lo si accetta vi sia una conquista della civiltà che pende dal suo peso morto, il verificarsi di una regressione universale, l’infiltrazione di una cancrena, l’estendersi di un focolaio di infezione; e come in fondo a tutti i trattati violati, a tutte le bugie diffuse, a tutte le spedizioni punitive tollerate, a tutti i prigionieri legati e ‘interrogati’, a tutti i patrioti torturati, in fondo a questo incoraggiamento dell’odio razziale e dell’ostentazione dell’arroganza vi sia il veleno instillato nelle vene dell’Europa e il progresso lento, ma sicuro, dell’imbarbarimento del continente. E così, un bel giorno, la borghesia viene svegliata improvvisamente da un formidabile contraccolpo: le gestapo si danno da fare, le prigioni si riempiono, i torturatori creano, si perfezionano, discutono intorno alle macchine di tortura. Ci si stupisce, ci si indigna. Si dice: ‘Com’è strano! Ma sì, è il nazismo, passerà anche questo!’. E si aspetta, e si spera; e si nasconde a se stessi la verità, che siamo di fronte alla barbarie, ma a una barbarie suprema, quella che corona e riassume la quotidianità di tutte le barbarie; che si tratta di nazismo, certo, ma che prima di esserne le
vittime ne siamo stati dei complici; che quel nazismo lo si è sostenuto prima di subirlo, lo si è assolto, si è chiuso un occhio, lo si è legittimato, perché, sino a quel momento, era stato esercitato con i popoli non europei; che quel nazismo lo si è alimentato, se ne è responsabili, e che sgorga, penetra, sgocciola, prima di inondare con le sue acque insanguinate tutte le fessure della civiltà occidentale e cristiana…”.

Il colonialismo di insediamento dello Stato di Israele si inserisce nella storia che, a partire dal 1492, contraddistingue il nostro mondo, la nostra civiltà. Non esiste una giornata della memoria sul colonialismo, nemmeno si immagina di parlarne, è come il quadro di Dorian Gray che deve rimanere nascosto sotto una tela, invisibile, ma che, una volta scoperto, mostra tutto il suo cuore di tenebra. In Occidente il colonialismo non è mai stato elaborato, mai guardato in faccia, mai davvero riconosciuto, al contrario sempre minimizzato, “gli abbiamo fatto le strade”, “italiani brava gente”, ecc. Questa è una delle ragioni per cui il nostro mondo mediatico-politico-accademico e militare non ce la fa proprio a dire la verità su Israele e le sue pratiche genocide. Anzi, ne è complice, a piene mani, naturalmente non solo per la ragione appena detta, vi sono consistenti motivazioni legate alla intensa collaborazione in diversi campi sensibili, sicurezza, controllo, sorveglianza, alta tecnologia, intelligenza artificiale e via dicendo. Insomma, la modernità, questo tipo di modernità e di progresso si sposa perfettamente con la guerra permanente. Vince il più forte, per gli altri lo spazio è ridotto.

Bene, questo spazio ridotto però non è vuoto, al contrario, per chi vuole guardare e ascoltare attentamente, empaticamente, è pieno della dignità del popolo palestinese, del suo orgoglio, della sua determinazione. Dignità, orgoglio, determinazione, come forma di lotta, di resistenza, di speranza dei popoli oppressi. Dice benissimo una compagna: “Chi vuole vedere una Palestina pacifica dovrà parlare prima di tutto di una Palestina libera”.

Paolo Voltolini

22//2024 https://comune-info.net

Immagine: Foto di Spin time labs

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *