Il diritto di sciopero è a rischio?

Iper-regolamentazione e lungaggini hanno ristretto il potere dei lavoratori di fermarsi. E la precettazione dei ferrovieri è solo la punta di un iceberg

Il diritto di sciopero si è ristretto. Un fenomeno che è si è verificato negli ultimi anni, durante i quali regolamenti e orientamenti hanno messo paletti, stabilito limitazioni, imposto procedure a un diritto costituzionalmente garantito. E la precettazione del ministro delle Infrastrutture Salvini dei lavoratori dei trasporti (Trenitalia e Italo) che (giustamente) volevano scioperare il 13 e 14 luglio per chiedere il rinnovo del contratto è solo la punta di un iceberg più grande e più profondo, che ci dice quanto questo potere in mano al cittadino per affermare le proprie ragioni si sia ridotto, sia stato depotenziato, inibito.

Disciplina rigorosa

Partiamo da un dato di fatto: se confrontiamo la disciplina italiana dell’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali con quella degli altri Paesi europei, la nostra risulta essere tra le più rigorose e severe di tutta l’Unione. Prima di dichiaralo, infatti bisogna rispettare una serie di procedure e passare attraverso un iter complesso.

Iter e procedure

“Prima c’è la procedura di raffreddamento e di conciliazione, poi bisogna consultare l’osservatorio del Mit e verificare che non ci siano astensioni troppo ravvicinate tra loro nello stesso settore – spiega Carmen La Macchia, docente di diritto del lavoro all’università di Messina e consulente legale della Cgil -. Quindi bisogna rispettare gli intervalli obbligatori tra un’astensione e l’altra e infine attenersi anche a una franchigia, cioè ai periodi in cui per legge non si può fermare il servizio. Nel caso del trasporto ferroviario, per esempio, è dal 27 giugno al 4 luglio e dal 27 luglio al 3 settembre. Questo dimostra che abbiamo una regolamentazione molto restrittiva dell’esercizio di sciopero. Se pensiamo a Francia, Germania e Regno Unito dove è permesso scioperare a oltranza! Lo testimoniano le cronache di questi ultimi mesi”.

Foto: Marco Merlini

Tutele per l’utente

Inoltre, da noi il servizio non si azzera del tutto, perché sono garantiti i servizi minimi, che nel ferroviario sono consistenti: trasporto regionale assicurato in due fasce orarie, e treni a lunga percorrenza a copertura di diverse direttrici. Infine, l’astensione a oltranza non è proprio contemplata: nel trasporto è previsto un primo sciopero di 8 ore e un secondo di 24 ore.

Questo vuol dire che nel nostro Paese l’utente è ben garantito, tenendo presente che la legge attuativa del diritto di sciopero nei servizi pubblici, la 146 del 1990, prevede il contemperamento dei diritti costituzionali: il che significa che il cittadino deve sopportare il disagio, secondo il principio dell’equità nella distribuzione dei sacrifici.

Eclissi della Costituzione

“Il diritto di sciopero soffre di gravissime limitazioni, provocate dalla iper regolamentazione ed è per questo che è in pericolo – aggiunge la giurista La Macchia -. Basti pensare all’astensione del personale di Trenitalia e di Italo. Con un contratto fermo da sei anni, ha potuto scioperare una prima volta a febbraio e una seconda volta, a causa delle lungaggini procedurali, soltanto a luglio, quando poi è intervenuta la precettazione di Salvini che ha ridotto le ore. Mi spieghi quale efficacia, quale pressione economica sul datore di lavoro può esercitare un’azione del genere? Qui siamo in presenza di un’eclissi della nostra Costituzione”.

Foto: ANTONELLO NUSCA/SINTESI

Se prima le proteste dei lavoratori erano ben visibili e le aziende erano davvero messe sotto pressione e quindi disposte a trattare, adesso con l’allungamento del periodo di proclamazione, questo strumento è diventato sempre più blando, meno efficace. Ci sono settori nei quali lo sciopero lo fai o non lo fai è la stessa cosa, non cambia niente, perché non è abbastanza incisivo. 

Commissione poco garantista

Un altro tassello dell’esercizio del diritto di sciopero, che è tutelato sì dalla Costituzione ma è accerchiato da tutti i lati, è la nomina dei nuovi componenti della Commissione di garanzia sull’attuazione della legge sugli scioperi nei servizi pubblici, autorità indipendente istituita dalla 146/90, avvenuta a giugno scorso.

“A parte il fatto che come dice la dottrina dovrebbero essere tutte persone di chiara fama, e non è questo il caso, a quanto ci risulta al momento tre su cinque membri sembrano non possedere i requisiti di competenza e di compatibilità – prosegue La Macchia -, cioè non sono esperti di diritto del lavoro, costituzionale o relazioni industriali. Dico al momento perché a oggi i curriculum non sono stati ancora pubblicati sul sito della Commissione. Una mancanza di trasparenza gravissima, oltre che una violazione di legge”.

Precettazione illegittima

Sulla vicenda della precettazione del personale di Trenitalia e di Italo in sciopero il 13 e 14 luglio scorso, ricostruendo i fatti si scopre che è stata suggerita dalla stessa Commissione di garanzia appena insediata, la ha dimostrato in questo modo di voler esercitare uno strapotere. Senza contare che l’ordinanza del ministro è stata emanata apposta sette ore prima e non 48 ore, come prevede la legge.

“Un’iniziativa, vergognosa, sbagliata e illegittima – ha dichiarato il segretario generale della Filt Cgil Stefano Malorgio, che ha aggiunto: “Le proclamazioni degli scioperi erano a conoscenza del ministero dei Trasporti dall’8 e dal 22 giugno, in questi 34 giorni nulla è stato fatto per evitarli mentre vi era tutto il tempo e la disponibilità per farlo”.

E l’interesse generale?

“Abbiamo provato a opporci con una richiesta di sospensiva, come si fa di prassi, ma il giudice ha ritenuto di non accoglierla, considerato che lo sciopero era già iniziato – conclude La Macchia -. Adesso andiamo avanti con il ricorso. Se in passato c’è stato qualche intervento estemporaneo, questo di Salvini è davvero gravissimo perché ha compresso il diritto di sciopero impunemente, utilizzando le leggi strumentalmente”. In fin dei conti, non aveva lo scopo di tutelare l’interesse generale, perché il beneficio collettivo protetto dall’ordinanza proprio non lo abbiamo visto.

Patrizia Pallara

21/7/2023 https://www.collettiva.it/

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