Il governo Meloni contro la solidarietà

I primi provvedimenti del Governo guidato da Giorgia Meloni si sono orientati contro pratiche collettive definite da ampie parti dell’opinione pubblica e degli apparati istituzionali come non compatibili con l’ordine esistente. Da una parte, sono state attaccate le navi delle Organizzazioni non governative impegnate nei soccorsi in mare delle persone naufraghe, prima con una direttiva del Ministro dell’Interno in cui si evidenziava che tali navi violano lo spirito delle leggi e politiche italiane ed europee sulle migrazioni e, poi, con il decreto interministeriale Piantedosi-Salvini-Crosetto che introduce i controlli selettivi sulle navi per decidere quali persone possono scendere e quali dovrebbero essere trasportate nel paese di bandiera delle navi. Dall’altra parte, sono state prese di mira tutte le forme di aggregazione sociale e politica fatte senza autorizzazione, prendendo a pretesto il rave organizzato a Modena a fine ottobre e la relativa volontà di sgomberarlo.

Le pratiche di solidarietà verso le persone che rischiano la vita in mare per cercare protezione in un territorio che ritengono maggiormente sicuro e le pratiche di aggregazione fuori dalle logiche commerciali codificate sono incompatibili con l’ordine dell’atomizzazione sociale e della chiusura negli stretti interessi e paure individuali. Due figure del nemico e del pericolo forgiate negli ultimi trenta anni (gli immigrati irregolari e i giovani dei rave e dei centri sociali) sono state utilizzate come bersaglio per colpire più in profondità, con l’obiettivo di indebolire più in generale le pratiche collettive, evidentemente considerate un problema da chi vuole mantenere lo stato di cose presenti all’interno di una crisi socioecologica e di legittimità politica di livello epocale. Le stesse pratiche che stanno caratterizzando gli operai della GKN, anche essi sotto attacco proprio in questi giorni, con l’accelerazione da parte della proprietà delle operazioni di smaltimento dei materiali e, quindi, del possibile svuotamento dello stabilimento a partire dall’8 Novembre, secondo l’interpretazione del Collettivo di fabbrica, che si prepara a resistere.

L’attacco alle pratiche di solidarietà è stato ulteriormente approfondito dal decreto interministeriale che, nelle parole del Ministro dell’Interno, impone alle navi di fermarsi in rada, facendo scendere in modo selettivo le persone naufraghe a bordo, assistendo quelle definite come vulnerabili, mentre “per gli altri la nave verrà invitata a dirigersi in acque internazionali”. Questo decreto mira a introdurre un principio selettivo, fondato sulla distinzione tra vulnerabili e sani, speculare a quello utilizzato per attaccare il reddito di cittadinanza basato sulla discriminazione (altrettanto arbitraria) tra meritevoli perché veri poveri e inabili al lavoro e fannulloni.

Dunque, dove c’è solidarietà si attacca con politiche repressive e selettive, che hanno l’obiettivo implicito di separare all’interno della parte di società subalterna tra chi può essere aiutato dalla benevolenza dello Stato e chi deve essere punito, sgomberato, respinto: in altre parole, tali politiche hanno un contenuto di classe, che ha l’obiettivo di introdurre preventivamente ulteriori divisioni nelle aree socialmente ed economicamente subalterne.

Questo attacco si fonda, inoltre, su un tentativo di depoliticizzare tali pratiche collettive, specialmente quelle di solidarietà. Da un lato, questo viene fatto con la loro tecnicizzazione: i rave si possono fare ma con autorizzazioni e burocrazia che ne elimina ogni caratteristica di autonomia; le navi delle Ong possono attraccare ma devono sottoporsi ai controlli selettivi delle autorità dello Stato, subordinando a esse il più alto diritto alla protezione internazionale. Dall’altro, si mira a raggiungere questo obiettivo riducendo l’umanità dei diretti interessati: giovani dei rave (e, aggiungo, centri sociali) disadattati da riportare sulla corretta strada; immigrati vulnerabili (e, quindi, vittime) da salvare (“Le persone che hanno i requisiti possono sbarcare, ci facciamo carico di ciò che presenta problemi di ordine assistenziale e umanitario”, ha detto il Ministro dell’Interno).

A questo attacco generale alle pratiche collettive di solidarietà e aggregazione, dotate di una propria costitutiva, oltre che esplicita, politicità, parti della società e del movimento antirazzista hanno risposto. Si è attivata, in particolare nel caso delle navi delle ONG, la Rete antirazzista catanese, i gruppi e le associazioni formali e informali di sostegno alle persone immigrate e richiedenti asilo, alcuni parlamentari. Il valore politico dell’attacco è stato compreso da alcune aree politiche e sociali. Ora, il compito immediato è ampliare tale comprensione, affinché dal tentativo governativo di indebolimento delle pratiche collettive di solidarietà e aggregazione si esca con un rafforzamento di tali pratiche e con un ulteriore indebolimento.

Gennaro Avallone

7/11/2022 http://effimera.org

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