Inciviltà o illegalità medica? Ordinaria storia di malasanità, verrebbe da dire. Invece no, è persino peggio: una donna lasciata sola ad abortire in bagno perché tutti i medici erano obiettori. La storia ha davvero dell’incredibile, ma solo, forse, per chi non l’ha vissuta sulla propria pelle e non ha dovuto vedersela con una legge assurda e comportamenti ancora più assurdi di persone che si definiscono medici. Ma quale obiezione, ma quale coscienza, è l’indecenza della sanità pubblica che non applica la legge!

Lasciata sola ad abortire nel bagno. Così boicottano la 194

Valentina e Fabrizio sono l’ultima coppia che, in ordine di tempo, ha ottenuto dal Tribunale della Capitale un’ordinanza che solleva il dubbio di legittimità costituzionale delle legge 40 e la loro storia è un duro atto d’accusa contro i medici obiettori. Due anni fa, dopo che un esame aveva rilevato una grave malformazione del feto, al quinto mese, Valentina aveva chiesto un aborto terapeutico: la donna, infatti, è portatrice di una rara ma temibile malattia genetica, ma la legge 40 vieta l’analisi preimpianto, la sola procedura che può evitare la trasmissione di malattie genetiche da genitori a figlio, alle coppie che non siano effettivamente sterili. Dopo una lunga trafila burocratica (persino la sua ginecologa si era rifiutata di ricoverarla), la coppia era riuscita ad ottenere il ricovero nell’ospedale Pertini di Roma, ma una volta iniziata la terapia per indurre il parto («15 ore di dolori lancinanti, vomito e svenimenti»), la donna era stata lasciata completamente sola e senza assistenza, costretta a partorire il feto morto nel bagno con il solo aiuto del marito.

La storia è venuta alla luce quando la coppia, superato lo choc della tragica esperienza vissuta, ha deciso di rivolgersi all’associazione Coscioni per fare ricorso al tribunale contro la legge 40. «Valentina ha abortito da sola nel bagno dell’ospedale Pertini di Roma – spiega Filomena Gallo, segretaria dell’associazione Coscioni, nonché uno dei legali della coppia, che ha presentato lunedì il provvedimento del Tribunale – Questa è omissione di soccorso, un reato penale, anche se la coppia ha deciso di non denunciare la struttura. È la dimostrazione di come la legge 194 in Italia non garantisca sempre la presenza di un medico non obiettore nel caso dell’interruzione volontaria della gravidanza».

E ormai siamo al paradosso che nelle strutture pubbliche sono più i medici obiettori che quelli non obiettori, al punto che in moltissimi ospedali italiani l’applicazione della legge 194 non è più garantita perché le interruzioni volontarie di gravidanza non possono essere eseguite per mancanza di dottori. E questo nonostante la legge non preveda la possibilità dell’«obiezione di struttura», come denuncia l’associazione Coscioni: in base all’articolo 9 della legge il servizio di interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) deve essere garantito ed ogni struttura ospedaliera è obbligata a offrirlo, altrimenti viola una legge dello stato. Il quale, naturalmente, tace. «Rispetto ai dati del ministero della salute, che segnalano 7 ginecologi su 10 come obiettori di coscienza, i dati sono ben più gravi e in molte strutture manca del tutto il reparto di Ivg» denuncia la Libera associazione italiana ginecologi per l’applicazione della legge 194/1978 (Laiga), mentre un’indagine del giugno 2013 segnalava come nel Lazio in 10 ospedali su 31 non esistesse possibilità di effettuare l’interruzione volontaria; in Lombardia (per quasi vent’anni governata da Formigoni, emanazione di Comunione e Liberazione) in 37 strutture su 64 (oltre il 50 per cento). Un vero e proprio boicottaggio, cui uno stato degno di questo nome dovrebbe immediatamente mettere rimedio.

Ulteriore paradosso, poi, è che si tratta di una coppia che i figli li vuole e li cerca da lungo tempo (una prima gravidanza non era andata a buon fine perché extrauterina).

11/03/2014 www.liberazione.it

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