IX Congresso di Medicina Democratica Movimento di Lotta per la Salute Onlus

Il IX Congresso di Medicina Democratica è partito dalla discussione dello stato di attuazione e delle prospettive di tre leggi approvate quarant’anni fa, fondamentali per la difesa del diritto costituzionale alla salute, sull’onda delle lotte sociali sviluppatesi a partire dagli anni ’60 fino alla fine degli anni ’70 del secolo scorso: la riforma sanitaria (legge 833), la normativa sulla chiusura dei manicomi (legge 180), il diritto riconosciuto alle donne di prendere in autonomia le decisioni sulla procreazione (legge 194).

Il Congresso si è svolto in un luogo significativo: l’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG) di Napoli, occupato dai giovani nel 2008 e riaperto alla fruizione del quartiere Materdei grazie alla organizzazione di una biblioteca, di un ambulatorio popolare, di un centro di ricreazione per immigrati, di un doposcuola popolare, di un teatro e di un pullulare di tante altre iniziative indici di vitalità di un movimento che non trova ostile la attuale Amministrazione Comunale. Fino al momento della occupazione e della “rinascita” come centro di servizi autogestiti, basati sul volontariato giovanile, l’OPG rappresentava lo scheletro di una istituzione totale, sede di violenze e di sofferenze indotte sui suoi occupanti, se vogliamo un vero “crimine di pace” contro il quale la mobilitazione dal basso e, almeno questa volta, anche dall’alto (commissione senatoriale Marino) ha ottenuto di bloccare l’attività e riconsegnare alla città una struttura che l’iniziativa giovanile volontaria ha saputo aprire ai bisogni della popolazione e della comunità, in particolare della parte sua parte più disagiata.

La restituzione di questi spazi all’esercizio della giustizia sociale e alla iniziativa civica ci insegna anche che le norme che hanno determinato la chiusura degli OPG non hanno risolto del tutto le condizioni di vita degli ex internati. Infatti l’intervento sulla salute mentale (legge 180) risulta ancora oggi fortemente disarticolato e poco efficace, con presenza o ritorno di pratiche che continuano a provocare inutili sofferenze senza risolvere i veri problemi di salute e di disagio mentale (partica della contenzione, uso estensivo dei TSO, ritorno all’utilizzo spesso indiscriminato della pratica dell’elettroshock, ricorso massivo agli psicofarmaci anche in assenza di evidenze scientifiche di efficacia e sicurezza specie per un lungo periodo di utilizzo), aggravati anzi dallo smantellamento in atto del Servizio Sanitario Pubblico Universale.
In positivo, nel corso del dibattito, è stata presentata l’esperienza di un piccolo paese pugliese (Latiano) nel quale da 10 anni esiste una convenzione tra la ASL di Brindisi e un’associazione di utenti, familiari e cittadini, un metodo partecipato ed autogestito del malato psichiatrico costruito nel solco dell’esperienza di Basaglia.
Napoli, come ci ha ricordato l’intervento del Sindaco Luigi De Magistris, rappresenta una realtà che si è dimostrata capace di altre iniziative significative per affermare il benessere individuale e collettivo quali la denuclearizzazione del porto, la istituzione della consulta delle associazioni sulla salute, il contrasto alla privatizzazione dei servizi pubblici essenziali (acqua, rifiuti). Tutto ciò nonostante le difficoltà economiche nelle quali versa la Amministrazione Comunale che però può contare su movimenti popolari autorganizzati, capaci di azioni liberatorie di spazi e di riappropriazione dal basso di funzioni sociali non svolte o svolte in modo non inclusivo dagli enti e dalle istituzioni preposte.

Per contrasto constatiamo che le delibere della regione Lombardia sulla “gestione” delle persone con patologie croniche costituiscono l’esatto contrario: il livello più alto per una ulteriore e distruttiva privatizzazione del servizio sanitario, modello che si propone con arroganza come estensibile a livello nazionale, modello che Medicina Democratica denuncia come autoritario, inefficiente e finalizzato allo smantellamento di fondamentali articoli della nostra costituzione: l’articolo 32 e l’articolo 3.

La mercificazione della salute in atto in Lombardia non è questione “tecnico economica” è invece un attacco frontale alla nostra Democrazia.
Questa affermazione netta va tanto più fortemente ribadita di fronte alla sordità e alla sottovalutazione della portata dello scontro in atto dimostrata anche da quelle parti sociali che pure furono protagoniste, con le lotte operaie degli anni ’60 e ’70, della riforma sanitaria (legge 833). Siamo arrivati al punto che siano i Sindacati Confederali, a cominciare da quello dei metalmeccanici, ad accettare l’introduzione in diversi recenti rinnovi contrattuali delle assicurazioni sanitarie cosiddette “integrative” senza probabilmente rendersi conto che in realtà si tratta di introdurre pratiche sovrapposte e sostitutive del SSN, che lo corroderanno inevitabilmente.

Medicina Democratica intende continuare ad essere riferimento alle lotte contro la privatizzazione agendo nei confronti di tutte le parti e con tutti gli strumenti democratici disponibili per contrastare tale degrado del Servizio Pubblico e riaffermare e migliorare tutte le funzioni previste dalla legge di istituzione: la prevenzione, la cura, la riabilitazione, sostenute dalla Fiscalità Generale Progressiva.
In questo ambito Medicina Democratica intende proseguire ed estendere le iniziative in corso (Campagna “Dico 32”) coinvolgendo tutte le realtà associative nazionali ed internazionali con cui condivide gli obiettivi (Rete sostenibilità e salute; Rete europea contro la commercializzazione della salute).
Non va dimenticato che la riforma sanitaria conteneva l’affermazione basilare che la tutela della salute è basata sulla tutela delle condizioni occupazionali, abitative, ambientali, sociali e di istruzione da considerare e trattare in modo fra loro integrato, non separatamente (Dichiarazione di Alma Ata del 1978; Carta di Ottawa 1986). Solo un tale approccio permette di individuare le necessarie attività di prevenzione dei rischi presenti sul lavoro ma anche in un determinato territorio (discariche, emissioni nocive, assenza di servizi sanitari di base) la cui rimozione possa divenire obiettivo di iniziative popolari locali autogestite e coordinate dalle diverse rappresentanze sociali. La aziendalizzazione, l’estensione smisurata dei territori di riferimento effettuata senza criterio, incrementano la distanza tra esigenze popolari e partecipazione. La promozione di forme manageriali di direzione delle attuali ASL vanno nella direzione opposta, perseguendo la separazione tra momenti di individuazione e di espressione di un bisogno socio sanitario e la decisione di “come” soddisfarlo.

Una gestione corretta del Servizio Sanitario Nazionale deve prevedere una redistribuzione locale basata su reali risultati di salute al cui interno sia previsto un modello basato sull’efficacia e si contrasti l’attuale, basato sui volumi delle prestazioni, che di fatto paga la malattia invece della salute e che è il motore della finanziarizzazione della salute
Come momento recente di negazione della democrazia e della autodeterminazione in sanità non si può non richiamare, e ribadire tutta la contrarietà al riguardo, la recente legge sulle vaccinazioni (legge Lorenzin) basata sulla coercizione nei confronti dei genitori, tale da far divenire questa normale pratica terapeutica con funzioni preventive, per la quale dovrebbe esistere l’obbligo dell’esercizio del Consenso Informato previsto per legge, in una forma di Trattamento Sanitario Obbligatorio lasciata alla discrezione del politico e non del rapporto di fiducia medico-paziente-utente. Tutto ciò in assenza di confronto su valutazioni scientifiche approfondite che, insieme all’efficacia delle singole vaccinazioni prenda in esame, nella situazione di ogni singolo paziente, vantaggi e possibili danni da effetti avversi, facendo passare per scienza l’imposizione di un pensiero riduzionistico di salute, in assenza di ogni dimostrazione dell’esistenza di una condizione di pericolo diffuso di epidemia.
Si ribadisce pertanto la piena solidarietà e il sostegno a tutti coloro, in primo luogo il socio fondatore Dottor Dario Miedico, che patiscono ingiusti provvedimenti per il solo fatto di esercire la libertà di opinione e di discussione.

Anche la legge 194 è oggetto di attacchi che vari movimenti soprattutto di donne, come “Nonunadi meno” e iniziative come “Obiezione Respinta”, tentano di respingere difendendo la libertà di scelta e di contraccezione, stabilita dalla legge 194 , mentre dalla congiunzione di professionisti/e e attivisti/e nasce l’“appello consapevole contraccettivi gratuiti”. Medicina Democratica sostiene tali iniziative con sempre maggiore attenzione.

Altro episodio significativo della storia di Medicina Democratica è la lotta per le Unità Spinali, per la cura delle lesioni midollari e per la riabilitazione delle persone portatrici di questa grave e invalidante patologia dopo avere contribuito alla loro costruzione in ambito ospedaliero affrontata da Gabriella Bertini a Firenze e poi in tutta Italia, la cui istituzione ha finalmente determinato un miglioramento delle condizioni di vita delle persone con lesioni midollare. Oggi, dopo la scomparsa di Gabriella, siamo di fronte ad una possibile involuzione, ovvero alla negazione della realizzazione del progetto “Casa Gabriella”, a Firenze, presso la Unità Spinale dell’Ospedale di Careggi. Questo progetto si ripromette di migliorare l’esistenza delle persone con lesioni midollare fornendo degli spazi ai pazienti che ne possano fruire con i loro cari nei periodi che devono trascorrere per esami, valutazioni, attività riabilitative nella Unità Spinale stessa. Per realizzare piccole unità abitative è stato concepito questo progetto da realizzare su un terreno di proprietà INAIL estendendo il fabbricato che per anni ha costituito dimora per Gabriella Bertini e che lei concepì come donna per tutti i pazienti come esempio da estendere, anche dopo la sua morte. Il progetto rischia di naufragare di fronte alla insensibilità di INAIL che intende riprendersi il terreno da utilizzare per altri scopi (incluse possibili speculazioni edilizie) nel silenzio e nell’inerzia degli enti locali toscani. Medicina Democratica, e le altre associazioni di settore, continuano le iniziative per realizzare con il sogno di Gabriella che rappresenta un avanzamento della lotta dei disabili per il riconoscimento del diritto di avere una buona vita, senza barriere artificiali.

L’intervento di MD, prima, durante e dopo il processo Montedison di Porto Marghera, attivato dall’epidemiologo scalzo Bortolozzo, è stato tale da portare i movimenti ambientalisti e di tutela dei lavoratori ad essere protagonisti e a creare una più avanzata giurisprudenza. La reazione in atto (in particolare nei processi per esposizione ad amianto) ha arruolato fior di “scienziati” per smontare le tesi di Medicina Democratica. Il contrasto anche a queste posizioni “scientifiche” (ad esempio quello della screditata “dose killer”) è fondamentale per evitare un regresso nel diritto al riconoscimento di colpa per danni subiti dai lavoratori da una esposizione a nocività nota da oltre un secolo. Medicina Democratica ha dato e dà voce, in molteplici situazioni, alle ragioni delle realtà operaie contro le tesi congetturali di periti di parte aziendale profumatamente pagati e capaci di condizionare il giudizio a favore dei propri sponsor. Siamo impegnati in vario modo a dimostrare la non scientificità di alcune affermazioni che vanno per la maggiore in tribunale, a far conoscere ai giudici e agli operatori di giustizia lo stato della ricerca attuale in merito all’effetto dei cancerogeni di uso industriale e alla necessità di rivedere, per riaffermare una dovuta Equità di giudizio in Tribunale per Vittime e Imputati, la riformulazione dei principi sui quali si basa il Giudizio e la Sentenza, in particolare chiarendo i termini della dimostrazione di relazione causale fornita dagli studi epidemiologici. Come primo passo verso l’equità, ad esempio, sarebbe utile che tutti i periti di parte fossero obbligati sotto giuramento a dichiarare compensi e benefici vari ricevuti in cambio della loro prestazione professionale; questo darebbe modo al giudice almeno di valutare gli interessi concreti in campo. Un secondo passo potrebbe essere quello di stabilire dei tetti alla retribuzione dei periti di parte, adeguata alla retribuzione prevista per i periti del tribunale.

Sempre nell’ambito del rinnovamento della scienza al servizio dell’uomo, caratteristica fondante di Medicina Democratica, è da segnalare come significativa la lotta per evitare che i limiti stabiliti dalle normative per l’esposizione a sostanze pericolose siano da considerare limiti “legali” (determinanti cioè una innocuità “per legge”, al di là delle evidenze scientifiche, epidemiologiche e tossicologiche). In questo senso Medicina Democratica ha la peculiarità di seguire il metodo di lavoro nato dalla soggettività operaia e dall’incontro degli operai con i tecnici, basato sulla valutazione partecipata delle condizioni che determinano una compressione del diritto alla salute nei luoghi di lavoro e di vita, da parte degli impianti produttivi, progettati e costruiti solo per massimizzare i profitti e minimizzare i costi, senza considerare la sicurezza, come è stato detto documentatamente da molti tecnici che hanno deciso di schierarsi con la classe operaia. Dimostrare, con il contributo dei tecnici, che il “re è nudo”, che vi è un nesso tra esposizione lavorativa e residenziale a sostanze (condizioni) tossiche e lo stato di salute dei singoli e delle collettività, è il punto di partenza per ogni evoluzione positiva della salute in seno alla comunità (affermazione del diritto sancito all’articolo 32 della nostra Costituzione).

Nel campo delle esposizioni a cancerogeni occupazionali e ambientali Medicina Democratica ha sempre sostenuto e conferma la necessità di un “MAC Zero”, principio già espresso da Maccacaro 40 anni fa che consideriamo tuttora valido. Se ci sono stati alcuni risultati in questa direzione, come con il regolamento REACH sull’obbligo di dimostrare la sicurezza prima della introduzione di ogni nuova sostanza nel processo produttivo e non solo epidemiologicamente a posteriori contando le croci, molto ancora resta da fare per estendere, ad esempio, il principio anche in quegli altri paesi ove sono state trasferite le nostre nocività.

Medicina Democratica è chiamata ad affrontare questi temi a partire dagli strumenti a disposizione di un movimento ambientalista, portando in dote il metodo e la visione peculiare che lega e vede le connessioni tra processi produttivi, impatti ambientali e condizioni di salute. Negli anni Medicina Democratica ha costruito un intervento, a fianco e in dialettica con altri movimenti, in particolare con le realtà locali autorganizzate, finalizzato a fornire strumenti di lettura scientifica della realtà per individuare alternative concrete su cui basare azioni che vadano oltre l’espressione di una opposizione ad una determinata opera e giungere alla piena coscienza popolare della importanza della tutela dell’ambiente, fondata sulla appropriazione della conoscenza e della visione critica della scienza.
In questo, anche nella denominazione, si pone in alternativa a tesi quali “la scienza non è democratica” emersa ultimamente nella discussione sulle politiche di estensione dei vaccini e alle costrizioni introdotte nella normativa. La scienza (la medicina e non solo) deve essere democratica, deve essere sottoposta alla valutazione e alla direzione consapevole e condivisa della collettività affinché sia diretta verso obiettivi coerenti con quelli del rispetto dei limiti ambientali del pianeta e della estensione e miglioramento della condizione umana, in ogni ambito, di vita e di lavoro.
Anche negli ultimi tre anni, pur in modo discontinuo ma ben maggiore rispetto alle limitate forze, abbiamo saputo essere presenti e inserire nelle rivendicazioni, e nel modo di intervento di molte realtà locali, i contenuti di cui siamo portatori in modo da indirizzare, nella maggior parte delle situazioni, la spontaneità verso la coscienza, oltre il singolo problema particolare, verso una visione che integra il dato ambientale con quello di salute.

Medicina Democratica è solidale con la popolazione migrante che fugge sempre più massicciamente da guerre e miseria , lotta per la difesa dei diritti di ogni popolo, di ogni minoranza, di ogni persona, contro la guerra, contro fascismi vecchi e nuovi, razzismo e xenofobia.
Non dimentichiamo infine che la “massima nocività” è costituita dalla produzione e dall’uso di armi, e la massima degenerazione della scienza, quella che ha interrogato e tormentato i più insigni ricercatori e scienziati (un nome per tutti: Albert Einstein) è l’uso della scienza nella produzione di armi sempre più sofisticate e devastanti, a disposizione di politici che possono ormai decidere della fine del pianeta o della vita sul pianeta. Esiste un limite oltre il quale la scienza e la tecnologia non possono in alcun modo permettersi di andare: quello della sostenibilità del Pianeta e dell’obbligo che abbiamo ad operare per consegnare il Mondo alla fruibilità delle generazioni future.

Da tutte le considerazioni sopra svolte emergono i capisaldi del programma che Medicina Democratica deve darsi per il prossimo triennio:

– Combattere le iniziative di privatizzazione e mercificazione della salute promuovendo il ritorno a pratiche democratiche nella definizione degli obiettivi di salute a partire da quelli locali, estendendo e promuovendo la delibera della consulta sanità di Napoli in tutti i comuni italiani e promuovendo l’istituzione di Case della Salute intese come iniziative di partecipazione e non strutture poliambulatoriali, proseguendo nella condivisione di questi obiettivi con le reti italiane ed europee cui partecipiamo.

– Promuovere una campagna nazionale contro le assicurazioni sanitarie integrative, denunciandone il ruolo corrosivo nei confronti del Servizio Sanitario Pubblico Universale fondato sulla Fiscalità progressiva, fendendo recedere i sindacati dalla loro ulteriore introduzione nei contratti di lavoro nazionali.

– Denunciare e fermare la cessione di dati sanitari al di fuori delle strutture sanitarie pubbliche che li utilizzino solo per valutare l’efficacia e l’efficienza dei servizi e per promuoverne sempre di migliori.

– Contrastare la crescita della medicina ipertecnologica finalizzata a soddisfare una sempre più piccola parte della popolazione negando al tempo stesso alla maggior parte della popolazione l’accesso a servizi di base di buona qualità, efficacia ed efficienza.

– Rilanciare la medicina preventiva restituendole quel ruolo centrale che dovrebbe sempre avere nei Servizi Sanitari Nazionali.

– Rivendicare un finanziamento congruo del SSN, con una percentuale sul PIL almeno simile a quella media degli altri Paesi dell’Europa Occidentale, cominciando da subito ad interrompere i tagli nelle risorse destinate alla sanità.

– Aumentare l’accesso all’università, alle scuole di specialità e il numero di Medici di Medicina Generale (MMG) per garantire un idoneo rapporto numerico tra medici, operatori sanitari e tecnici da un lato e pazienti.

– Avviare una collaborazione con le associazioni che in tutto il mondo si battono per l’accesso universale alle cure, con l’obiettivo di modificare drasticamente gli accordi internazionali sulla proprietà intellettuale (TRIPs) che lasciano alle multinazionali del farmaco, per vent’anni, il monopolio nella produzione dei farmaci innovativi.

– Favorire la rinascita di un’industria farmaceutica pubblica, anche sovranazionale, che abbia come proprio obiettivo prioritario la cura della salute e non il profitto. Non devono ripetersi le discriminazioni nell’accesso alle terapie quali quelle che si sono realizzate (e sono ancora in essere) nell’applicazione, nei fatti, del numero chiuso nella cura dell’Epatite C con il Sofosbuvir.

– Istituire gruppi di lavoro per contribuire alla riformulazione di obiettivi di impatto sociale nella ricerca scientifica e nel suo finanziamento, con forum permanente sul lavoro, iniziative di ricerca e di lotta per affermare il principio del MAC ZERO per cancerogeni, teratogeni e mutageni.

– Combattere le stragi sul lavoro (oltre 1000 morti all’anno per infortuni e migliaia di morti per tumori professionali misconosciuti) aiutando i lavoratori a riprendere potere nei luoghi di lavoro, appoggiando le esperienze di autogestione e di ripresa delle lotte per la difesa della Salute, ricostruendo un rapporto con i medici e i tecnici

– Riformare profondamente l’INAIL trasferendo le competenze di riconoscimento degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali alle AUSL (Dipartimenti di prevenzione) come era già previsto dalla legge 833/1978rivedendone le competenze in merito alla modalità di riconoscimento delle malattie professionali prevedendo per le malattie professionali tabelle più ampie delle attuali.

– Istituire una Procura Unica Nazionale per gli infortuni e le malattie professionali e nello stesso tempo rivedere la normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro su 5 aspetti fondamentali:

1. Lottare a fianco dei lavoratori (italiani e immigrati) per l’affermazione del diritto al lavoro, alla tutela sindacale, contro la precarietà, contro la centralità dell’impresa e del profitto, a partire dalla reintroduzione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori nella sua versione originale;

2.Introdurre nell’ordinamento penale il reato di vessazioni e molestie morali sul lavoro e il reato di Omicidio sul lavoro;

3. Emendare profondamente il DLgs 81/08 inserendo un’area specifica sul rischio da cattiva organizzazione del lavoro con particolare riferimento allo stress occupazionale e alle vessazioni lavorative con l’obbligo di valutare il rischio tenendo conto della soggettività dei lavoratori e del parere vincolante degli RR.LL.SS, per i quali sarà necessario prevedere poteri maggiori di quelli attuali;

4. Riformare la figura del Medico competente aziendale, sottraendolo al meccanismo di dipendenza dai datori di lavoro;

5. Riformare il meccanismo della prescrizione il cui computo per i reati più gravi, quali l’Omicidio lavorativo, non dovrà iniziare prima che si arrivi alla Sentenza di primo grado. Proprio per affermare questi diritti Medicina Democratica ribadisce la propria solidarietà al socio Riccardo Antonini licenziato dall’allora Ad delle FS Mauro Moretti per essersi prestato come perito di parte al fianco dei famigliari della strage di Viareggio (29 giugno 2009, in cui persero la vita 32 persone). Il processo si è concluso in primo grado con la condanna a 7 anni a Mauro Moretti e a ex dirigenti di Rfi e Trenitalia con una sentenza che ribadisce che l’intero sistema di sicurezza colpevolmente non funzionava

– Combattere:1. l’inquinamento industriale attraverso le bonifiche dei siti inquinanti ed una riconversione ecologica dell’economia, 2. quello da traffico cittadino attraverso l’estensione dei mezzi pubblici non inquinanti e la riconversione del traffico privato ad elettrico o ibrido, per una mobilità sostenibile che privilegi i pendolari e la sicurezza delle ferrovie contro le grandi opere che devastano territorio e ambiente a partire dalla TAV” 3. Uscire definitivamente dall’uso dei combustibili fossili e dall’uso degli inceneritori nella gestione dei rifiuti per i quali valgono sempre le 4 R (Riduzione, Riuso, Recupero, Riciclo)

– Perseguire la fuoruscita in agricoltura dall’uso di pesticidi di sintesi e di OGM favorendo la riconversione verso l’agricoltura biologica e biodinamica, che tra l’altro garantiscono l’emissione del 40% in meno di gas serra, e salvaguardando la biodiversità; combattere la deforestazione che determina aumento dei gas serra, e conseguente accelerazione dei cambiamenti climatici con desertificazione di vasti territori e conseguenti migrazioni di milioni di persone. Aderire ai principi dell’ecologia integrale in cui “ le dimensioni umane e sociali” sono chiaramente ed inscindibilmente legate alla questione ambientale. Difendere i beni comuni e riappropriarsi della risorsa acqua pubblica, contro le privatizzazioni, l’inquinamento delle falde e delle acque superficiali.

– Proseguire nelle vertenze giudiziarie a fianco delle vittime per chiedere verità e giustizia contrastando la deriva ascientifica che nega giustizia agli operai danneggiati dalle esposizioni nocive in fabbrica (amianto in primis), sostenendo e promuovendo tutte le iniziative necessarie a modificare il regime di prescrizione dei reati ambientali.

– Promuovere la conoscenza della storia e delle motivazioni dalle quali è nata Medicina Democratica nel 1976 per rendere attuale il metodo di intervento e l’affermazione del nesso tra cicli produttivi, ambiente e salute, a partire dalla iniziativa da organizzare entro fine 2018 per ricordare la figura di Luigi Mara in continuità con l’insegnamento di Giulio Alfredo Maccacaro.

L’assemblea dei soci di Medicina Democratica Movimento di Lotta per la Salute Onlus

Napoli 22/4/2018 www.medicinademocratica.org

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