La privatizzazione, non più strisciante, dei servizi pubblici

3ba28a9d2d369fb1f007cf7f3b4817ab_L

Il ministro Madia ci informa che la spesa effettuata dalle pubbliche amministrazioni per incarichi e consulenze esterne è passata da 738 milioni a 1,190 miliardi. Quasi 600mila incarichi conferiti a più di 300mila soggetti nel solo comparto regioni ed autonomie locali: i collaboratori esterni sono stati più dei dipendenti pubblici.
La situazione varia da settore a settore: nel “comparto ‘regioni e autonomie locali’, il personale esterno a cui è stato conferito un incarico è pari a più del doppio rispetto a quello relativo al personale dipendente”.
Su questo specifico settore delle autonomie locali si è scatenata la furia devastatrice del Governo: dalla tragedia delle Province – siamo stati purtroppo facili profeti denunciando la distruzione dei servizi pubblici sul territorio – al taglio della spesa per il personale ai comuni, passando per le privatizzazioni della cd riforma Madia, con al centro l’attacco alle aziende partecipate che con i decreti attuativi dovranno essere riviste, ridotte, liquidate.
Il tutto, mentre decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici – dichiarati in esubero dalla riforma delle province – rimangono “appesi” nel “portalone”, ai quali a breve si aggiungerà il personale delle aziende partecipate alla luce delle scadenze imposte dalle leggi.
La necessità di introdurre strumenti di governo e controllo delle aziende partecipate locali che erogano servizi strumentali o servizi pubblici locali viene usato per attaccare servizi e diritti. Troppo spesso le stesse sono state luogo di “scambio politico” con consigli d’amministrazione formati da incompetenti trombati dai rispettivi consigli e giunte, con ormai preoccupanti “interessamenti” da parte di aree grigie e colluse dell’economia (le vicende di Mafia Capitale, ma anche di Expo insegnano), ma le “cure” che questo Governo si appresta ad adottare hanno un unico comun denominatore: la privatizzazione e svendita dei servizi pubblici.
Ne è prova il recente decreto sulle aziende partecipate, dal quale sono escluse le aziende pubbliche quotate in Borsa. Così come la scelta – consentita alle amministrazioni locali – di gestire in proprio “in house” detti servizi è legata all’obbligo di prevedere ed accantonare il corrispettivo di ipotetiche perdite che affossano il bilancio reale.
Il patto di stabilità per gli enti locali, unito al dimezzamento dei trasferimenti sul versante delle province e città metropolitane, ha prodotto la spoliazione dei servizi spingendo verso la privatizzazione dei servizi educativi per l’infanzia (Firenze e non solo).  Basti pensare al settore dei servizi sociali (totalmente in mano al privato, solo nominalmente sociale), a quello dei beni culturali, (che ha visto una riforma che cancella il diritto universale di godere  delle bellezze del nostro paese), alle biblioteche,  (ormai esternalizzate nella gestione del personale), al governo del territorio e delle  strade provinciali,  (abbandonate a se stesse per mancanza di fondi), alla soppressione dei corpi provinciali di polizia e del corpo forestale (con conseguenti ricadute sul versante della tutela del territorio).
L’elenco sarebbe lungo, ma sempre di segno negativo.
Alla progressiva spoliazione dei servizi dedicati al benessere dei cittadini (salute, assistenza, mobilità, rifiuti, ambiente), ed al loro conseguente trasferimento al “privato” (tramutandoli in merce), con appalti, consulenze, si accompagna la gigantesca sparizione di posti di lavoro, di competenze, di memoria storica, di conoscenza del territorio, con una precarizzazione degli attuali occupati che finiranno nei prossimi mesi nel limbo del “portale”.
Serve un colpo di reni: dobbiamo rendere evidente che è possibile avere servizi pubblici efficaci, coniugati a tutela dell’ambiente, buona occupazione e diritti.
Per questo non è più possibile che ognuno “curi il proprio orticello”: dobbiamo mettere in rete ed intensificare i rapporti fra cittadini utenti e lavoratori/lavoratrici dei settori.
Solo presidiando, territorio per territorio, i servizi pubblici locali, intervenendo nelle scelte delle amministrazioni sulla loro riorganizzazione, utilizzando moral suason ed iniziative di lotta a difesa di questo straordinario patrimonio pubblico, possiamo invertire la rotta.
Non solo, dentro il percorso di lotta, occasioni proficue possono essere le future consultazioni referendarie, a partire dal referendum No trivelle del 17 aprile 2016 e soprattutto a difesa della costituzione, perché la cancellazione dei servizi pubblici richiede uno stato autoritario, proprio quello che viene a delinearsi dalla riforma costituzionale del Governo Renzi.
USB C’E’.

Assemblea nazionale di iscritti e delegati USB del 3 aprile a Milano.

1/3/2016 www.usb.it

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *