Un Primo Marzo di conflitto transnazionale

Rifugiati, Ferrero: «Governo finanzi subito corridoi umanitari. 1 marzo in piazza per i diritti dei migranti»

Non sarà un Primo Marzo come gli altri quello in cui ci si mobilita quest’anno in numerose città italiane. Negli anni passati, il tema del “lavoro migrante”, dello sciopero, di un pezzo di società e di paese che rifiutavano di sottostare a leggi ingiuste e xenofobe portava in piazza soprattutto le tante e i tanti, autoctoni e non, che reclamavano una parità di diritti in un contesto di stabilità da raggiungere. Ma prevalevano elementi di riscatto forti e incentrati su una equazione semplice: “sono qui da tempo, vivo la vita e i disagi di chi ha la cittadinanza, pretendo lo stesso rispetto.
Due sono le ragioni per cui il contesto del 2016 è precipitato come radicalmente diverso. Da una parte la precarizzazione del mondo del lavoro, il fatto che i lavoratori privi di cittadinanza sono quelli che ne hanno pagato più le spese, tanto in termini di reddito che di prospettiva di inclusione sociale. Un tema strutturale della crisi che di anno in anno mostra il suo volto più crudele, in cui si mietono più vittime e a cui si è reagito con politiche economiche e sociali devastanti tanto da costringere alla fuga molti cittadini italiani, al ritorno a casa tanti di coloro che avevano cercato qui un futuro.
Ma la seconda ragione, quella che occupa più frequentemente i mezzi di informazione mainstream, è quella connessa ai profughi. Sono loro quelli che hanno sostituito chi fugge dalla crisi europea – senza di loro il saldo fra arrivi e partenze sarebbe negativo – sono loro quelli oggi più che mai al centro dell’attenzione, come cartina di tornasole di un’Europa al collasso che crea solo recinsioni e schiera eserciti alle frontiere esterne e interne, quelli dispersi nelle periferie metropolitane e nei paesini di provincia, appesi ad un verdetto di una Commissione territoriale per la richiesta di Asilo, rinchiusi nei nuovi modelli di detenzione chiamati hotspot, dispersi in “ordinari” Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) luoghi in cui vige la discrezionalità più assoluta.
Per questo il Primo Marzo 2016 è divenuto una giornata ancora più conflittuale che in passato e cercherà di mostrare questa nuova condizione dell’essere migrante. Per questo è nata la La Transnational Social Strike Platform non un collettivo né un coordinamento tra diversi gruppi, ma una piattaforma politica con lo scopo di coinvolgere sempre più organizzazioni e persone in Europa e non solo, verso l’obiettivo di uno sciopero sociale transnazionale. «Non abbiamo né un’identità né un passato da difendere, -affermano in un loro manifesto – ma solo un processo aperto per travolgere il presente».
Lo spiegano bene alcuni appuntamenti.
A Milano presidio/manifestazione alle ore 18,00 Piazza Duca d’Aosta Milano. In poche righe le ragioni della mobilitazione: «L’Europa è governata da uno stato d’emergenza permanente; controlli ai confini filtrano gli ingressi dei migranti che arrivano adottando criteri sempre più restrittivi, in maniera sempre più discriminata. Lo stato di emergenza istituzionale e sociale è parte integrante dell’austerity europea e del governo della mobilità. Migranti, rifugiati, così come precari, operai e disoccupati vivono in uno stato di profonda crisi sociale: i diritti sono brutalmente sotto attacco, il welfare viene smantellato e i confini sono usati come strumenti di esclusione e/o di inclusione selettiva e di sfruttamento. In Europa appare evidente un «NOI» e un «LORO», tra coloro che sono sfruttati e coloro che sfruttano, tra coloro che si muovono per cercare una vita migliore e coloro che organizzano muri, barriere e confini. Questo è lo «stato d’emergenza» a cui vogliamo porre fine. Il regime dei confini non è solo un problema dei migranti, ma colpisce tutti noi.
Attraverso la mobilità i migranti rifiutano sia la guerra sia lo sfruttamento, e sfidano le misure di austerity, la precarizzazione e il razzismo istituzionale. Oggi tutti coloro che vivono in Europa stanno facendo esperienza di ciò che il lavoro migrante significa: la cittadinanza non garantisce più diritti sociali, non garantisce più un salario decente, il lavoro non garantisce una vita migliore. Questo rende la lotta intorno al lavoro migrante politicamente centrale per tutte e per tutti. Se vogliamo porre fine a questo stato di emergenza, dobbiamo trasformare l’incredibile solidarietà manifestata in tutta Europa negli ultimi mesi dai movimenti verso i migranti, in connessioni politiche concrete tra le diverse condizioni di lavoro e di vita. Dobbiamo riconoscere che le politiche di accoglienza riguardano la casa, la salute, i salari e il reddito di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici. Dobbiamo riconoscere che i diritti sono universali e non possono dipendere dall’esistenza di un contratto di lavoro: casa, sanità, accoglienza, salario minimo, reddito di base, e libertà di movimento devono essere realtà per tutte e tutti. Facciamo appello a tutti i lavoratori e le lavoratrici precarie, ai migranti e ai rifugiati, agli attivisti, ai collettivi e ai sindacati affinché rendano il 1° Marzo 2016 una giornata di azioni coordinate, con l’obiettivo di interrompere la produzione e la riproduzione dello stato di emergenza, delle «paure», dell’indifferenza e del razzismo. Che il 1° Marzo sia il giorno in cui prendiamo una posizione chiara contro il governo della mobilità che produce precarietà per tutti. Che il 1° sia il giorno in cui costruire un ampio fronte sociale per avere la forza di abbattere i muri e lottare per l’universalità dei diritti». Numerose le adesioni pervenute, da Milano Senza Frontiere, all