LO STRESS LAVORO CORRELATO QUESTO SCONOSCIUTO…IN ITALIA

 

Quando cinque anni fa la legislazione italiana recepì le Direttive europee su stress lavoro correlato, ci fu una certa attenzione al tema, attenzione che però fu più mediatica che reale.

Si parlo molto degli effetti e delle possibili incidenze dello stress lavoro correlato sulla salute dei lavoratori, innumerevoli furono i convegni e le pubblicazioni sul tema.

Le aziende, quasi tutte, si diedero da fare e aggiunsero un altro fascicolo al documento di valutazione del rischio.

Essendo l’argomento non semplice e avendo dirette conseguenze sull’organizzazione dell’attività lavorativa la gran parte dei datori di lavoro con il supporto dei Medici Competenti e dei Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) assolsero gli obblighi di legge in modo poco più che formale.

I Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) furono coinvolti in modo marginale nel processo che avrebbe dovuto portare alla valutazione del rischio stress lavoro correlato.

In Italia il risultato di tutto quel dibattito pubblico, di tutte quelle dotte valutazioni è che nelle aziende italiane lo stress lavoro correlato è un problema irrilevante.

Questo mentre secondo l’Agenzia Europea per la Salute e Sicurezza del Lavoro le percentuali dei lavoratori esposti a rischio stress lavoro correlato nei ventisette stati membri dell’Unione Europea si aggira sul 27-30% ovvero 54 milioni di lavoratori.

Ergo se in Europa il problema esiste in modo considerevole e in Italia è irrilevante è chiaro che c’è del marcio…non in Danimarca, come dice Marcello nell’Amleto, ma in Italia.

Le ragioni di una tale situazione possono essere molteplici:

–         l’acquisto di pacchetti di valutazioni di stress lavoro correlato preconfezionati, così come di Documenti di Valutazione dei Rischi;

–         la non validità dei sistemi di valutazione adottati dalle aziende;

–         la validità dei sistemi di valutazione adottati, ma un loro utilizzo parziale e finalizzato a raggiungere un determinato obiettivo (l’irrilevanza del problema) e non a fotografare la realtà;

–         il mancato coinvolgimento dei RLS e dei lavoratori nel processo di valutazione.

E’ proprio dal punto dal corretto coinvolgimento nel processo di valutazione dei RLS e dei lavoratori che dobbiamo ripartire, se non vogliamo essere corresponsabili di chi nasconde la polvere sotto il tappeto o la tenda.

La legge ci dà una grossa mano in quanto prevede che la valutazione del rischio stress lavoro correlato vada aggiornata ogni 2/3 anni.

Nel link riportato trovate un utilissimo documento del Comitato Tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro.

Le pagine da 7 a 30 sono un bigino su cos’è lo stress lavoro correlato e come effettuarne la valutazione.

Pagine semplici che consentono anche a chi è digiuno della materia di orientarsi.

Da pagina 31 a pagina 34, trovate, invece, quelle che sono le indicazioni alle quali per gli organi di vigilanza dovrebbero attenersi per verificare o meno il corretto adempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi connessi alla valutazione del rischio stress lavoro correlato.

Basta che i RLS o anche RSA verifichino se le indicazioni lì riportate siano state più o meno osservate nella stesura della valutazione del rischio da stress lavoro correlato della propria azienda per poter rimettere in discussione la valutazione fatta e qualora l’azienda non fosse disposta a rivederla nel rispetto della normativa richiedere ai sensi articolo 50 del D.Lgs. 81/08 l’intervento degli organi di vigilanza.

Un caso concreto, ma purtroppo non il solo.

C’è una grande multinazionale che predispone la valutazione del rischio stress e del suo aggiornamento come prevede la legge.

Nel farlo, però, l’azienda divide sì i lavoratori in gruppi omogenei, ricerca gli eventi sentinella (ma ai RLS non consegna i dati, né lo storico degli stessi), dispone quindi un questionario per la valutazione dei fattori di contesto e contenuto, ma lo stesso viene fatto compilare non ai lavoratori dei gruppi omogenei, ma ai responsabili operativi degli stessi unitamente a Medico Competente e RSPP.

E’ chiaro che ci troviamo, in questo caso, di fronte all’utilizzo distorto di una procedura corretta al fine di raggiungere il risultato atteso, l’irrilevanza dello stress lavoro correlato in quell’azienda.

Sappiamo benissimo che non è semplice anche solo tentare di richiedere, nella riunione periodica o in altri momenti di consultazione, il rispetto della legge di fronte a chi ha il potere (Datore di Lavoro), la conoscenza/competenza e capacita nell’argomentare (Medico Competente e RSPP), ma dobbiamo farlo se vogliamo svolgere a pieno il ruolo di RLS.

Per questo vi sollecito nuovamente ad un’attenta lettura del documento sullo stress lavoro correlato scaricabile al link sotto riportato.

Cordiali saluti

Giorgio Ortolani

FILCAMS CGIL Lombardia

http://www.rlsfilcams-lombardia.org

Il documento “Indicazioni per la corretta gestione del rischio stress lavoro correlato” edizione gennaio 2012 è scaricabile all’indirizzo:

http://www.rlsfilcams-lombardia.org/app/download/6034801951/Indicazioni+per+la+corretta+gestione+del+rischio+SLC+-+gennaio+2012.pdf?t=1457277074

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