Mammografia, la sovra-diagnosi e il tumore al seno

Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-febbraio-2024/

Archivio https://www.lavoroesalute.org/

Maggio 2015, le polemiche strumentali sulle dichiarazioni di Grillo

Molti si ricorderanno la famosa polemica che ci fu quando Beppe Grillo, comico ed attivista fondatore del MoVimento 5 Stelle, parlò delle mammografie e dell’epidemia di diagnosi nella nostra società fortemente medicalizzata. Nel maggio 2015 quotidiani nazionali come il Corriere della Sera di proprietà di Carlo De Benedetti, milionario che è responsabile della salute di migliaia di persone con le sue centrali a carbone a Vado, pubblicarono la notizia sostenendo che Beppe Grillo avesse consigliato alle donne di non farsi le mammografie per prevenire il cancro al seno. In coro i giornali di Confindustria, legata strettamente al settore farmaceutico, rilanciarono la notizia a ruota, volendo mettere alla gogna mediatica il comico.

Per l’allora Ministra della Salute Beatrice Lorenzin – quella degli antiscientifici Decreti Lorenzi sulle vaccinazioni pediatriche e quella del vergognoso evento del Fertility Day sull’ “educazione alla maternità” – le dichiarazioni di Grillo su mammografia e farmaci erano “un concentrato di pericolosissima disinformazione. Tutti i dati, e l’evidenza scientifica, ci dicono che l’arma più efficace, talvolta l’unica, per sconfiggere il cancro è la prevenzione”, sostenendo che le donne possono sconfiggere il tumore al seno “proprio grazie alle mammografie e ai controlli da protocollo”. Anche Matteo Renzi prese parte alla polemica dicendo: “Non ascoltate quei presunti politici che giocano a fare i medici. Con i tumori non si scherza! Non evitate la mammografia”. Curioso che queste parole provenissero proprio da Matteo Renzi che nel 2009, quando era Presidente della Provincia di Firenze, letteralmente aveva aggredito verbalmente la dottoressa Patrizia Gentilini, oncologa ed ematologa di Medici per l’Ambiente-ISDE, che si era permessa di esprimere il suo parere fortemente contrario agli inceneritori e termovalorizzatori (quelli che i medici di mezza Italia ormai chiamano più correttamente “cancrovalorizzatori”).

L’allora arrogante presidente Renzi accusò la Gentilini di essere una “apprendista alchimista” (1) affermando che la dottoressa facesse “terrorismo” verso i malati oncologici, mentre lui sosteneva cose assolutamente contro l’evidenza medico-scientifico stando con la lobby degli inceneritori. Fuori dalla fiera di Terra Futura, il 30 Maggio 2009, Renzi si è scontrato sul tema degli inceneritori anche con il farmacologo Stefano Montanari, dimostrando di non capire la pericolosità dell’inceneritore sul territorio e sulla pelle della popolazione fiorentina. (2) La sua colossale ignoranza ce la ritrovammo con il suo governo rimasto in carica dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016 e, proprio il 29 luglio 2015, con il suo governo, è arrivata alle Regioni la bozza del decreto legislativo Sblocca Italia che attuava una delle previsioni del testo divenuto legge a novembre 2014: quella sugli inceneritori, cioè quegli impianti che bruciano immondizia e producono, a carissimo prezzo, energia (3). Ad oggi è provato che vi è una coerenza tra il livello del rischio di cancro e il livello di esposizione ai fumi dell’inceneritore, soprattutto nelle donne dove il rischio di contrarre il cancro aumenta del 54%.

Ritornando alle dichiarazioni di Beppe Grillo, in realtà le sue parole vennero strumentalizzate volutamente per rimettere alla gogna mediatica proprio quel MoVimento 5 Stelle che invece era ancora molto attento ai temi della salute pubblica, dell’ambiente e dell’ecologia. La politicizzazione delle parole di Grillo nel maggio 2015 erano un iniziale affondo per l’inizio della campagna elettorale e la finalità era quella di oscurare la marcia del 9 maggio per il reddito di cittadinanza, all’epoca fortemente osteggiato sia dalla destra conservatrice di Forza Italia e Lega sia dalla destra neoliberista del PD di Matteo Renzi. A tal proposito Beppe Grillo rispose: “Sono incazzato come una bestia. Avete messo sui giornali una notizia vergognosa per coprire la marcia per il Reddito di Cittadinanza. Come se io avessi consigliato alle donne di non farsi la mammografia! Siete veramente incredibili e vergognosi. (…) Siete veramente sconci su questa roba! Sconci! Io non ho consigliato nessuna cosa. Io ho solo detto che siamo in una “epidemia di diagnosi”. Leggete un libro “Sovradiagnosi” su Pensieroscientifico.it. C’è tutto, sono dati statistici. Non ho voluto fare il medico di consigliare più o meno. Ho detto che oggi si tende con un’informazione tendenziosa come questa fatta dalle grandi case e dai grandi gruppi farmaceutici a trasformare una persona sana in un malato cronico. (…)”

Beppe Grillo prendeva di mira anche l’oncologo ed ex ministro della Sanità Umberto Veronesi: “È il sistema che non va. Veronesi ad esempio, pubblicizza le mammografie, ripete di continuo alle donne di farle. Probabilmente Veronesi parla così per avere sovvenzioni per il suo istituto. Dicono che bisogna fare una mammografia ogni due anni e le donne la fanno perché si informano male, leggono Donna Letizia, del resto la differenza di mortalità tra chi la

fa e chi non si sottopone alla mammografia ogni due anni è di due su mille. Certo è qualcosa, ma comunque pochissimo” (4). Veronesi era un altro personaggio che, mentre era ritenuto l’icona della lotta contro il cancro in Italia, affermava che gli inceneritori avevano “impatto 0” sui tumori e il suo Istituto Europeo d’Oncologia riceveva soldi da Agip, Acea e Montedison. Il leader M5s disse chiaramente: “Non penso che la mammografia non sia utile o necessaria. Anzi penso che sia utilissima. Ce l’avevo con la cattiva informazione che fa credere che facendo questo esame non venga il tumore. Credo che le donne si debbano informare perchè a volte ci sono dei falsi negativi o dei falsi positivi che possano allarmare inutilmente”. Su questo Beppe Grillo aveva pienamente ragione. Ad oggi, è un dato alla portata di tutti, vi è sempre un maggior ricorso alla mammografia per gli screening, ma la mortalità per tumore al seno non è migliorata. La mammografia ha senso farla se è mirata, fatta bene e senza superficialità.

Il libro “Sovradiagnosi” e gli studi di Gilbert Welch sulla mammografia

Il libro inchiesta “Sovradiagnosi” infatti, scritto dal medico statunitense Gilbert Welch, sosteneva che una diagnosi è sempre importante quando qualcuno è sofferente ed è fondamentale farla bene. Farla precocemente – spiega Welch – può in molti casi salvare la vita. Attenzione, però, a non incappare nel fenomeno della “sovradiagnosi”, che si determina quando ad un individuo viene diagnosticata, e di conseguenza trattata, una condizione clinica per cui non avrebbe mai sviluppato sintomi e non avrebbe mai rischiato di morire. Come scrisse il Dottor Gianfranco Domenighetti nella presentazione del libro: “I “check-up”, gli screening e i test diagnostici hanno molto spesso la capacità di sovrastimare l’incidenza di malattie “inconsistenti” oppure di anticipare una diagnosi che crea magari per anni ansia e angoscia supplementari senza che poi vi sia un beneficio in termini di sopravvivenza. In un futuro prossimo la generalizzazione della diagnosi precoce che sarà resa possibile grazie all’ingegneria genetica darà ad ognuno la possibilità di essere trasformato in “ammalato” subito dopo la nascita”.

Purtroppo Beppe Grillo parlava di un’attualissima problematica, che ha importanti ricadute sulla salute pubblica e sui costi dell’assistenza sanitaria, ma su cui la classe politica è completamente ignorante e impreparata. Si tratta un tema, nella società sempre più medicalizzata, su cui la nostra classe politica è completamente ignorante e di cui non immagina neanche l’esistenza essendo anche mal consigliata dia lobbyisti farmaceutici che bussano alle porte dei loro uffici.

Gilbert Welch, medico accademico ed oncologo americano, è noto per le sue ricerche sullo screening del cancro e nel suo libro-inchiesta spiega benissimo il tema dell’inarrestabile espansione della medicina e della crescente tendenza a fare diagnosi. Un tempo le persone chiedevano di essere curate perché si sentivano ammalate, oggigiorno si incoraggiano le persone che si sentono bene a sottoporsi a una fitta serie di esami diagnostici preventivi per rassicurarle di non essere ammalate. In realtà, gli screening e i test diagnostici sovrastimano l’incidenza di malattie inconsistenti oppure anticipano una diagnosi generando angoscia senza alcun beneficio in termini di sopravvivenza.

Nel 2012, Welch, è stato coautore di uno studio da cui è emerso che la mammografia aveva un impatto minimo o nullo sui tassi di mortalità per cancro al seno. Lo studio ha inoltre concluso che una sostanziale “over-diagnosis” era associata allo screening mammografico, “che rappresenta quasi un terzo di tutti i tumori al seno di nuova diagnosi”. (5/6)

Nel 2014, Welch e altri due ricercatori hanno pubblicato un articolo prospettico sul New England Journal of Medicine esaminando le tendenze nell’incidenza e nella mortalità del cancro alla tiroide in Corea del Sud. L’articolo ha rilevato che la mortalità per cancro alla tiroide non è cambiata in modo apprezzabile dal 1993 al 2011, nonostante il tasso di diagnosi per questo tipo di cancro sia aumentato di un fattore 15 durante lo stesso periodo di tempo. (7/8/)

Nel 2016, ha condotto uno studio che ha concluso che alle donne è più probabile che venga diagnosticato un piccolo tumore che non aumenterà mai di dimensioni attraverso la mammografia piuttosto che un tumore pericoloso rilevato attraverso la pratica. (9/10)

Ovviamente per questi suoi studi, Welch ha subito una “persecuzione intellettuale” e, da accademico ed oncologo riconosciuto e stimato, è passato ad essere accusato di divulgare dati non accreditati. Lo studio del 2016 – che comprendeva due membri dello staff del National Cancer Institute (Barnett Kramer e Philip Prorok) – venne preso di mira da gran parte della comunità scientifica perché conteneva dati non accreditati del collega Samir Soneji. Nel 2018, dopo un’indagine durata 20 mesi, il Dartmouth College ha stabilito che Welch era “impegnato in una cattiva condotta nella ricerca, vale a dire plagio, appropriandosi consapevolmente, intenzionalmente o incautamente delle idee, dei processi, dei risultati o delle parole dei denuncianti senza fornire loro credito adeguato e che queste azioni rappresentavano un allontanamento significativo dalle pratiche accettate dalla comunità di ricerca pertinente”. Welch ha contestato i risultati dell’indagine, dicendo a Retraction Watch che “i dati sottostanti sono pubblicamente disponibili: tutte le analisi, tutte le cifre e tutti gli scritti nell’articolo sono miei e dei miei coautori”.

Welch è da sempre molto critico nei confronti del concetto di “diagnosi precoce” in medicina, (12) affermando che a trarne beneficio sono: “Molte persone: aziende farmaceutiche, produttori di dispositivi, centri di imaging e persino l’ospedale locale. Il modo più semplice per fare soldi non è costruire un farmaco o un dispositivo migliore, ma espandere il mercato dei farmaci e dei dispositivi esistenti ampliando le indicazioni a un maggior numero di pazienti. Allo stesso modo, per gli ospedali, il modo più semplice per fare soldi non è fornire cure migliori, ma reclutare nuovi pazienti e lo screening è un ottimo modo per farlo” (13). Welch afferma che sulla mammografia: “Abbiamo esagerato i benefici delle cure mediche e abbiamo sottovalutato – o ignorato del tutto – i danni. Ciò è particolarmente vero quando si tratta alla diagnosi precoce” (14). Ha anche sostenuto che le mammografie tendono a rilevare anomalie che “non sono destinate a causare loro [alle donne sottoposte allo screening] alcun problema” ma sono comunque etichettate come cancro in queste donne (15). 

Studio JAMA, Mammografie e correlazione con aumento di morti per tumore al seno

Le mammografie provocano traumi alle pazienti, sia fisicamente nel tessuto mammario sia psicologicamente, emotivamente e persino spiritualmente nelle donne che finiscono per scoprire che devono sottoporsi a “trattamenti” ancora più invasivi per sopravvivere. La pressione esercitata dalle mammografie sul tessuto mammario può essere causa di tumore di per sé, senza considerare tutti gli interventi di chemioterapia, radioterapia e chirurgia che solitamente seguono. È un’esperienza traumatica per le donne, che lascia molte di loro segnate per tutta la vita, assumendo che sopravvivano. Già 2016 alcuni chirurghi hanno pubblicato uno studio che dimostra che la mammografia non è né sicura né efficace, e le donne dovrebbero evitare di partecipare a questa pratica “superata”.

La mammografia può essere anche pericolosa perché utilizza principalmente tecnologia a raggi X, che irradia il tessuto mammario mentre viene pressato fisicamente sulla macchina stessa. I raggi gamma da soli sono un cancerogeno mammario riconosciuto, che risulta particolarmente preoccupante per le donne con cosiddette mutazioni dei geni BRCA1 o BRCA2.

La raccomandazione ufficiale delle Linee guida del servizio di prevenzione degli Stati Uniti spinge le donne a iniziare lo screening tramite mammografia ogni due anni a partire dai 40 anni. Praticamente nel complesso, l’istituzione medica cerca di fingere che la mammografia sia priva di rischi, ignorando molti rischi noti come l’esposizione alle radiazioni da raggi X, falsi-positivi, sovra-diagnosi e, ovviamente, tutti gli invasivi “trattamenti” che ne conseguono.

Circa dieci anni fa, si è scoperto che oltre 1,3 milioni di donne avevano avuto erroneamente rimosso il tessuto mammario a causa di una condizione non cancerosa chiamata carcinoma duttale intraepiteliale (DCIS), riconosciuto ora come benigno. Per troppo tempo, però, il DCIS è stato trattato come un cancro e molte donne si sono sottoposte a mastectomie senza un valido motivo.

Una ricerca ufficiale del novembre 2023, pubblicata però l’1 gennaio 2024 su JAMA Oncology (16), ha dimostrato che le mammografie finiscono per uccidere molte più donne di quante ne morirebbero per cancro al seno se non avessero mai partecipato a questa attività. In questo studio di coorte abbinato basato sulla popolazione in Svezia, le donne con un risultato mammografico falso-positivo hanno avuto un’elevata incidenza di cancro al seno e mortalità fino a 20 anni; mentre l’aumento del rischio di cancro al seno variava in base all’età, alla densità mammografica del seno e al fatto che fosse stata eseguita o meno una biopsia durante il richiamo. Inoltre, il rischio di cancro al seno era più pronunciato durante i primi anni dopo il risultato falso-positivo della mammografia.

La coorte dello studio comprendeva 497.343 donne (età mediana, 52 anni [IQR, 42-59 anni]) e, secondo lo studio, l’incidenza cumulativa a 20 anni del cancro al seno è stata dell’11,3% (95% CI, 10,7%-11,9%) tra le donne con un risultato falso-positivo rispetto al 7,3% (95% CI, 7,2%-7,5%) tra quelle senza, con un hazard ratio (HR) di 1,61 (95% CI, 1,54-1,68). Gli HR corrispondenti erano più alti tra le donne di età compresa tra i 60 e i 75 anni al momento dell’esame (HR, 2,02; 95% CI, 1,80-2,26) e tra quelle con una densità mammografica inferiore (HR, 4,65; 95% CI, 2,61-8,29). Inoltre, il rischio di cancro al seno era più elevato per le donne sottoposte a biopsia al richiamo (HR, 1,77; 95% CI, 1,63-1,92) rispetto a quelle senza biopsia (HR, 1,51; 95% CI, 1,43-1,60). I tumori dopo un risultato falso-positivo avevano maggiori probabilità di essere rilevati sul lato omolaterale del risultato falso-positivo (HR, 1,92; 95% CI, 1,81-2,04) ed erano più comuni durante i primi 4 anni di follow-up (HR, 2,57; 95% CI, 2,33-2,85 durante i primi 2 anni; HR, 1,93; 95% CI, 1,76-2,12 a >2-4 anni). Non è stata riscontrata alcuna differenza statistica per le diverse caratteristiche del tumore, ad eccezione delle dimensioni maggiori del tumore.

In tutto ciò, forse il dato più sconvolgente è che, associato all’aumento del rischio di cancro al seno, le donne con un risultato falso-positivo avevano un tasso di morte per cancro al seno superiore dell’84% rispetto a quelle senza (HR, 1,84; 95% CI, 1,57-2,15). In sostanza la ricerca dimostra che le mammografie sono responsabili di un aumento dell’84% delle morti per cancro al seno rispetto a chi non ha mai partecipato a questa pratica. I falsi positivi, d’altra parte, si verificano quando c’è una valutazione di screening mammografico positiva che porta a ulteriori indagini diagnostiche ma senza una diagnosi di cancro al seno. Sebbene i falsi-positivi vengano infine scoperti come tali, il danno potrebbe già essere stato fatto considerata la potenza dell’effetto nocebo – contrario all’effetto placebo – che può causare gravi danni emotivi e psico-fisici a coloro che pensano di avere una diagnosi di cancro potenzialmente mortale ma non sono effettivamente malati.

Quindi, a tal riguardo ciò che consigliamo è di fare mammografie con cognizione di causa, senza avventarsi consumisticamente a ricorrere a mammografie insensate e senza immergersi in una epidemia di diagnosi in cui si può ricorrere in errori per i quali si viene segnati a vita.

Lorenzo Poli

Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute

Versione interattiva https://www.blog-lavoroesalute.org/lavoro-e-salute-febbraio-2024/

Archivio https://www.lavoroesalute.org/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *