Migranti e diritto alla salute

Serve un Protocollo Comune Europeo di supporto sanitario e di screening di frontiera per migranti regolari e irregolari 

Nel dicembre 2023 il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo sul nuovo Patto su migrazioni e asilo, il Migration and Asylum Pact, un pacchetto legislativo di riforme sulle politiche migratorie nell’Unione europea.

Partendo dai dati italiani, secondo il Cruscotto statistico giornaliero del Viminale, il numero di migranti in arrivo sulla rotta del Mediterraneo è aumentato del 30% nel biennio 2023/2024 rispetto a quello 2021/2022 (223.968 arrivi contro i 172.171 del biennio precedente). Questo incremento si è verificato nonostante le severe misure politiche annunciate dal governo italiano, in carica appunto dal secondo di questi bienni. Si prevede che questa tendenza persisterà, esacerbata dalla crisi climatica e dai conflitti globali, ovvero dai veri fattori alla base delle migrazioni, contrariamente a ciò che si sente nelle rèclames mediatiche. L’oscillazione dei flussi non ha nulla a che fare con le manovre politiche o con la deterrenza. Non è il timore di finire in Albania a fermare i flussi, né la prigionia lampo di un generale libico, a determinarne la partenza. Il mare si riempie di barconi quando il tempo è favorevole (poco vento, mare piatto) e quando i centri di tortura e prigionia sono pieni – se si vuole evidenza in merito, basti considerare la flessione dei dati nelle stagioni invernali o durante il Covid, alla base del calo del biennio 2021-2022. Tra qualche mese, l’ondata di instabilità politica in Africa Sub sahariana e in Medio Oriente riverserà sui confini d’Europa, in coincidenza con la stagione calda, masse di donne, uomini e minori senza speranze di una vita dignitosa in patria, e non basterà un tappeto albanese a nasconderli tutti. 

Le stime suggeriscono che, nel 2023, il 70% degli sbarchi in Italia sia avvenuto sull’isola di Lampedusa. È noto che quasi tutti gli arrivi via mare sono gestiti da Italia, Grecia e Spagna in sedi ben definite e consolidate che rendono qualsiasi tipo di screening molto agevole. Su questo aspetto il Migration and Asylum Pact intende far leva per perfezionare un sistema di identificazione e sicurezza che è già attivo e funzionante da anni. Le rotte balcaniche e il meno noto accesso attraverso il confine Polonia-Bielorussia hanno numeri altrettanto considerevoli ma aree di ingresso altrettanto ristrette. Ad accendere i riflettori del grande pubblico su questa realtà negletta è stata nel 2023 l’opera cinematografica Green Border, di Agniezka Holland, ambientata nella foresta verde dove anime operano come pirati per garantire i diritti di rifugiati politici trattati come merci.

A livello sanitario, tutto progredirà presto in una seria problematica di salute pubblica, con crescente carico per i sistemi sanitari, ingenti oneri economici e relativi rischi di trasmissione delle infezioni. Nonostante la questione abbia attirato da sempre l’attenzione nel dibattito politico e pubblico, l’aspetto sanitario rimane affrontato in maniera insufficiente all’interno della Comunità europea. 

La situazione epidemiologica dei migranti che giungono in Europa va presa in analisi dal punto di vista medico-scientifico, non mediatico, non politico. La diagnosi precoce – e il successivo corretto trattamento – è ovviamente parte del sacrosanto diritto umano alla salute; ma è anche un tema di salute pubblica, e in quanto tale ha importanti implicazioni economiche sul Pil e sui bilanci dei singoli Stati d’Europa. 

All’arrivo i migranti sono particolarmente vulnerabili alle malattie infettive a causa delle condizioni di viaggio e di vita nei mesi precedenti, al collasso dei sistemi sanitari nei loro paesi di origine, ai servizi di vaccinazione interrotti e all’assenza di infrastrutture di sanità pubblica. Sono spesso soggetti anche alle continue  lesioni dei centri di prigionia, all’ipotermia del viaggio, a complicazioni ginecologiche e ostetriche, malattie gastrointestinali e respiratorie, eventi dermatologici, cardiovascolari, malattie mentali e problemi metabolici. Una volta in Europa i migranti hanno incidenze e profili sanitari distinti rispetto ai cittadini europei, aggiungendo diversità al panorama sanitario europeo, specialmente per quanto riguarda le malattie non trasmissibili (Ncd). I dati mostrano una mortalità per diabete più elevata tra i migranti provenienti da regioni come il Nord Africa, Bangladesh e Asia meridionale. I migranti dell’Africa occidentale hanno tassi più elevati di ipertensione e ictus, mentre quelli provenienti dall’Afghanistan e dal Nord Africa sono più inclini alle malattie coronariche. I migranti sono anche più suscettibili ai tumori precoci correlati alle infezioni, come il carcinoma al fegato e alla cervice, ma hanno meno probabilità di sviluppare tumori legati a uno stile di vita occidentale, come il cancro del colon-retto e della mammella.

Questo quadro sottolinea l’importanza di tenere in considerazione le specificità sanitarie dei migranti quando si organizzano misure preventive, programmi (come vaccinazione, screening per il cancro e per le malattie infettive) e assistenza sanitaria. Nonostante l’evidente necessità di disposizioni sanitarie su misura per i migranti, l’attuazione delle direttive europee (come la 2013/33/UE7 che delinea la valutazione delle esigenze sanitarie speciali) è rimasta inadeguata. 

Ad oggi l’Ue non dispone di politiche sanitarie comuni e coerenti. Sul tema dello screening dei migranti all’ingresso, come dimostrato dall’ultimo accordo, sono state ratificate solo norme identificative e di stampo difensivo. Il Consiglio europeo non si è mai preoccupato della salute dei migranti all’arrivo, un diritto umano essenziale ma anche un importante atto di gestione della salute pubblica per ogni cittadino dell’Ue. Questo vuoto normativo, esacerbato dalla mancanza di politiche sanitarie comuni nel nuovo Patto sulle migrazioni e l’asilo, contribuisce all’assenza di un approccio coerente alla salute dei migranti e dei richiedenti asilo.

Il Migration and Asylum Pact è infatti composto da cinque pilastri: un regolamento sulla gestione dell’asilo, seguito da una sezione teorica sulle future possibili risposte ai momenti di crisi migratoria. Il terzo pilastro riguarda il rafforzamento e la complessificazione delle procedure tecniche per la richiesta d’asilo. Inoltre è prevista l’entrata in funzione di un sistema dattiloscopico comune europeo (Eurodac)e, infine, nuove procedure tecniche sullo screening all’ingresso, gestite dai Ministeri dell’Interno e dalle Polizie dei singoli Stati.Nell’intero Patto, non una sola volta viene menzionata la parola «salute», che pure sarebbe un diritto umano fondamentale, come tale indicato in ogni Costituzione.

Sulla base di queste norme, che volutamente tengono fuori dal discorso il tema salute, risulta chiaro che l’attuale approccio emergenziale, in nessun modo modificato dall’attuale Patto, è totalmente inadatto a un tema di questa importanza e complessità. Non aiuta la chiara direzione che stanno prendendo gli investimenti in sanità, ormai sfacciatamente e intenzionalmente direzionati nelle tasche dei privati, con lacune enormi nel pubblico.

L’impegno della Comunità europea è fondamentale per garantire un percorso di accesso alle cure per i migranti e i rifugiati, ma anche per ottimizzare il rapporto costo-efficacia di ogni intervento. Per migliorare rapidamente la situazione, sono necessari interventi cruciali. Un gruppo di ricerca su salute e migrazioni, recentemente nato dalla collaborazione tra la Dottoressa Sara Laura Ferrari e il Dottor Federico Fama (Centro studi Mach dell’Università statale di Milano) e la Dottoressa Doris Zjalic e chi scrive (Centro di Salute Globale Ucsc di Roma), ha provato ad analizzare potenziali soluzioni al problema. I risultati sono stati recentemente pubblicati in forma di articolo scientifico sulla nota rivista The Lancet – Regional Health Europe

In sostanza, quello di cui c’è urgente bisogno oggi sono politiche sanitarie evidence-based, e che siano supportate da risorse umane, strutturali e finanziarie adeguate. Queste devono comprendere interventi completi, includendo non solo il primo soccorso, ma anche la disponibilità in frontiera di servizi sanitari ben attrezzati, con capacità di screening e un’attenzione speciale alle malattie infettive. Successivamente allo screening, nel considerare le ridistribuzioni dei migranti verso le destinazioni finali, la priorità deve essere data alle questioni sanitarie. Il processo deve essere supportato dalla produzione di linee guida tecniche comuni, redatte da un pool multidisciplinare e intersettoriale di specialisti attraverso un processo di collaborazione tra università, istituzioni europee e locali.

Siamo consapevoli delle ricadute politiche di un approccio medico-scientifico alle migrazioni, ma non vogliamo arrenderci all’egemonia di un progressivo cinico individualismo, sempre più radicato nelle politiche globali di ignoranza e conservazione delle ricchezze dei pochi, così anacronistiche eppure così attuali.

La salute dovrebbe essere al centro di qualsiasi discussione sulle migrazioni, in quanto diritto umano fondamentale sancito dalla Costituzione dell’Oms e da quella di ogni paese europeo. Un chiaro impegno perché la salute cominci a essere aspetto cruciale delle politiche migratorie non è solo un atto di conformità con i quadri giuridici internazionali, ma rappresenta un segno di civiltà. L’adozione di un Protocollo comune europeo per lo screening sanitario di frontiera è un atto fondamentale che la Comunità europea deve riconoscere alla propria stessa identità.

Angelo Farina è medico e scrittore, laureato a Padova, formatosi in Global Health e Salute Pubblica tra Milano e Roma, dopo aver lavorato per molti mesi come medico dell’Hotspot di Lampedusa, è attualmente JPO con CUAMM in Karamoja, Uganda.

14/2/2025 https://jacobinitalia.it/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *