Non autosufficienza: di male in peggio

Dopo decenni d’attesa, la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti è stata introdotta nel nostro Paese con la legge delega 23 marzo 2023 n. 33 e il successivo decreto attuativo n. 29/2024. È un intervento che riguarda oltre 14 milioni di italiani con 65 anni o più, mentre secondo l’ISTAT ci sono 2,7 milioni di over 75 che presentano gravi difficoltà motorie e compromissioni dell’autonomia. Finalmente habemus legem si era detto nel marzo 2023, anche se la legge n. 33 non prometteva bene già dal titolo (Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”), che nemmeno citava il termine “non autosufficienza”. Da allora abbiamo dovuto aspettare esattamente un anno per il decreto attuativo, intervenuto il , il 15 marzo 2024.

Cosa dice la legge n. 33? Ci sono alcune incoraggianti enunciazioni di principio sui concetti di nuova domiciliarità h. 24 e di nuova residenzialità («ambienti amichevoli, familiari, sicuri, normali relazioni di vita»). Lodevole anche l’obiettivo di accreditamento delle strutture con nuovi standard, fabbisogni e formazione del personale e di un piano di invecchiamento attivo e della non autosufficienza con il coinvolgimento delle parti sociali. Ad un esame più attento però emergono le criticità, a partire dall’assenza di un’analisi di popolazione e di contesto, premessa indispensabile per calibrare disposizioni e risorse. E a proposito di soldi, non è previsto nessun nuovo finanziamento. L’art. 8 in realtà unifica le poche risorse già previste: l’indennità di accompagnamento (anno 1980), il fondo nazionale per le politiche sociali (2000), il fondo a sostegno della componente anziana dei nuclei familiari (2006) il fondo per la lotta alla povertà (2015), il fondo a favore dei caregivers (2017). Quindi nessun finanziamento aggiuntivo, le solite nozze con i fichi secchi.

A questo va aggiunta la nota carenza del personaleCaregiver, associazioni di volontariato, coinvolgimento di studenti (anche nel co-housing), privato sociale non possono sostituirsi al lavoro di cura e assistenza che richiede la presenza diffusa di operatori pubblici qualificati. Anche per questo si offre all’anziano non autosufficiente (art. 5) la possibilità di optare per un bonus che assorbe l’eventuale indennità di accompagnamento. Un’opzione insidiosa che introduce la mera monetizzazione del budget individuale di assistenza. La breccia per far entrare il privato è aperta. Ad esempio si auspica che la programmazione socio-assistenziale passi «anche attraverso la rete delle farmacie territoriali» (non a caso il vice-ministro alla salute, Gemmato, è un farmacista) coinvolgendo così a pieno titolo il sistema delle farmacie private nei servizi socio-sanitari.

La legge 33 non prevede una specifica delega esecutiva, la governance viene affidata al solito carrozzone interministeriale (CIPA) con l’istituzione di un doppio sistema: da un lato il Sistema Nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente (SNAA) dall’altro il Servizio Sanitario Nazionale. Quindi, invece di attribuire al SSN pubblico le competenze sull’autosufficienza, viene creato un vero e proprio sistema parallelo con tutti i problemi connessi a una complicata integrazione con i servizi già esistenti. Un sistema, com’è intuibile, più facilmente permeabile all’iniziativa privata. Tutto ciò mentre è in atto la frammentazione dei servizi con la legge Calderoli sull’autonomia differenziata, che divaricherà ancora di più i livelli assistenziali tra regioni povere e regioni ricche e tra Nord e Sud. A questo inquietante quadro di disgregazione territoriale si aggiunge la sostanziale stagnazione sia della missione 5 del PNRR sulla Coesione sociale (M5C2: infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore) sia della missione 6 sulla Salute (M6C1: reti di prossimità e assistenza sanitaria territoriale). Senza tener conto delle note difficoltà di rendere omogenei sul territorio nazionale l’attuazione e il finanziamento dei LEA e dei LEP.

I principi contenuti nella legge delega dovevano essere successivamente resi operativi dal decreto legislativo n. 29 (“Disposizioni in materia di politiche in favore degli anziani”), che però disattende al suo compito, rinviando quasi tutte le decisioni a una serie imbarazzante di ulteriori 19 decreti e linee guida (sic!)Per le politiche concernenti la non autosufficienza ne vengono previsti otto (relativi a: 1. nomina commissione tecnico-scientifica; 2. modalità attuative della prestazione universale; 3. linee guida per gli standard formativi uniformi su tutto il territorio nazionale; 4. definizione del sistema di monitoraggio dell’erogazione dei LEPS; 5. linee guida per l’attuazione dei LEPS; 6. accreditamento delle strutture pubbliche e private dedicate; 7. valutazione multidimensionale per l’accertamento della non autosufficienza; 8. condivisione delle banche dati) e per l’invecchiamento attivo ben altri undici (1. Agevolazioni spese per adozione animali; 2. Promozione dell’accessibilità ai servizi; 3. Trasporto urbano; 4. Turismo del benessere; 5. Tele-medicina; 6. Co-housing anche intergenerazionale; 7. Agevolazioni per spese veterinarie; 8. Prescrizioni edilizie per selezioni coabitazione; 9. Messa a regime dei progetti di coabitazione; 10. Progetti per attività fisica e sportiva; 11. Alfabetizzazione digitale). La maggioranza di tali decreti dovrebbe essere approvata entro il 2024, ma almeno sei sono rinviati al 2025 o addirittura a data da destinarsi.

Nel decreto legislativo lo SNAA, preposto al ruolo di integrazione tra assistenza sociale, sanità, INPS, Stato ed enti locali, non assolve adeguatamente al suo compito. Ad esempio il Piano nazionale per anziani non autosufficienti e quello dei servizi e interventi sociali (sostenuti rispettivamente da Ministero del Welfare e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) hanno bisogno del pieno coinvolgimento del Ministero della Sanità altrimenti il sistema non può funzionare.

Ma ci sono altri aspetti del decreto legislativo fortemente critici. Vediamo.

La valutazione multidimensionale. L’intenzione era di unificare 5-6 sistemi diversi di valutazione per ridurli solo a due: uno per i benefici statali e uno per i servizi locali regionali. Ottimo proposito, peccato che anche qui le decisioni sostanziali sono rinviate… ad un ulteriore decreto.

Assistenza domiciliare. La legge delega prevedeva l’innovativo superamento del modello delle ASS (ADI) e quello dei comuni (SAD) ma nel decreto attuativo il un nuovo modello di domiciliarità non si ritrova più, è stato cancellato. Si parla solo genericamente di “coordinamento” tra intervento sociali e sanitari. La legge delega ipotizzava addirittura un numero di ore settimanali calibrate sul livello di non autosufficienza, ma di questo non v’è traccia.

Sostegno economico. La legge delega ipotizzava la riforma dell’indennità di accompagnamento, ma nel decreto attuativo un obiettivo così ambizioso si è ridotto a un intervento temporaneo per il biennio 2025-26, con l’aggiunta di 850 euro solo per le persone con ISEE inferiore a 6000 euro (meno di 30.000 sui 1,5 milioni fruitori di indennità di accompagnamento). Scompaiono l’universalismo di accesso, la graduazione degli importi, il sostegno dell’appropriatezza con importo maggiorato per i servizi. Nessun finanziamento per il 2024 e per il biennio 2025-26 si prendono le risorse (250 milioni annui) dal fondo per le non autosufficienze, dal fondo lotta alla povertà e dal PNRR. Permane quindi la confusione tra le politiche di cura per i non autosufficienti con quelle contro la povertà.

Residenzialità. Era la voce che conteneva alcune significative indicazioni nella legge delega, soprattutto per l’implementazione del personale. Anche su questo punto il decreto attuativo si limita a rinviare questo importante aspetto ad un ulteriore decreto attuativo!

Le assistenti domiciliari private. Sulle badanti la legge delega 33 prevedeva agevolazioni fiscali (deduzioni e detrazioni) per un minimo aiuto economico alle famiglie. Addirittura erano previsti corsi formativi e registri regionali delle badanti. Invece il decreto legislativo 29 partorisce il topolino di una ricognizione per il riordino delle agevolazioni fiscali e contributive. Quindi il riordino è in alto mare e di sgravi fiscali e formazione non c’è traccia.

In conclusione il decreto legislativo n. 29 non mette in pratica la già carente legge n. 33: si rinviano attuazioni e linee guida alle calende greche. Appare ancora insufficiente l’integrazione tra i diversi attori istituzionali ma, cosa ancor più grave, mancano le risorse economiche e non viene implementato il personale. Si vuole dare risposte alla non autosufficienza senza un aumento della spesa: le nozze con i fichi secchi.

Pierpaolo Brovedani

20/1/2025 https://volerelaluna.it/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *