“Non è come nasci, ma come muori, che rivela a quale popolo appartieni”
“Non è come nasci, ma come muori, che rivela a quale popolo appartieni” Alce Nero
La mitologia, diffusa tra gli indiani d’America, narra di valorosi guerrieri che, caduti in battaglia, hanno conquistato l’ambito accesso ai c.d. “Verdi pascoli”; nei quali cavalcano, in compagnia del Grande Spirito (che non per tutte le tribù risponde al nome di Manitou), per la caccia al bisonte.
Mentre, per i credenti dall’Islam: ”Il più infimo dei suoi abitanti (del Paradiso) avrà dieci volte i piaceri di questo mondo e avrà qualsiasi cosa desideri, per dieci volte”.
Nel nostro bistrattato Paese, solo a pochi, tra uomini e donne, prima ancora di superare l’estrema soglia che – almeno per chi ci crede – ci eleva dalla condizione di comuni mortali, è stato concesso di godere, come in una “anteprima”, dell’affetto, onori e ossequio che, successivamente, ne accompagneranno, per sempre, il ricordo.
Limitandomi a citarne solo due, penso, a titolo d’esempio, a personaggi dalla statura intellettuale e morale di Rita Levi Montalcini e Sandro Pertini.
L’unica italiana a essere stata insignita del Premio Nobel per la Medicina (nel 1986) e la prima donna a essere ammessa all’Accademia Pontificia. Una figura che ha dato lustro e visibilità mondiale al nostro Paese; che solo uno zotico fascista, quale Francesco Storace, avrebbe potuto oltraggiare; in modo grossolano e con plateale villania. Accadde nell’ottobre del 2007. Nel mentre la Senatrice a vita, nonostante i suoi novantotto anni, dimostrava ancora di essere animata dall’irrefrenabile desiderio di continuare lo studio e la ricerca, l’impresentabile segretario della neonata formazione politica denominata “La Destra”, annunciava, nel corso di una conferenza stampa, che i suoi giovani “camerati”, in quel momento, erano impegnati a recapitare a casa dei Senatori a vita delle stampelle (a stigmatizzare il loro sostegno al governo in carica).
Del secondo, mi piace riportare l’incipit della straordinaria missiva che, da Pianosa, scriveva l’eroe antifascista che, per milioni di donne e uomini di buona volontà, sarebbe, poi, diventato semplicemente: ”Il nostro Presidente”.
“Mamma, con quale animo hai potuto fare questo? Non ho più pace da quando mi hanno comunicato che tu hai presentato domanda di grazia per me. Se tu potessi immaginare tutto il male che mi hai fatto”. Per poi concludere: ”E mi auguro di soffrire pene maggiori di quelle sofferte fino a oggi, di fare altri sacrifici, per scontare io questo male che tu hai fatto”.
A Giorgio Napolitano non sarà, di certo, concesso di godere di altrettanto privilegio! Dello stesso, evitando di dilungarmi più del necessario circa la sua sostanziale adesione al regime fascista (lo certifica la sua iscrizione ai Guf, Gruppi Universitari Fascisti) e – più avanti negli anni, dopo il passaggio al Pci (1945) – il pieno e incondizionato appoggio all’Unione Sovietica, nell’ottobre del ’56, per l’intervento armato in Ungheria; nonché la posizione – per lo meno, molto “cauta”, nelle critiche all’URSS – assunta in seguito all’intervento armato a Praga, nel 1968, potrei evidenziare una lunga serie di clamorose contraddizioni.
Mi limiterò a trattare quella relativa a un tema che è di grande attualità in queste settimane. Alludo alla riforma costituzionale del governo Renzi.
Al riguardo, premesso che, in assoluto, condivido la massima secondo la quale: ”Solo gli stupidi non cambiano opinione”, rilevo, però, che se alcuni lo fanno con una certa frequenza, finiscono per rendermi diffidente. Potrebbe essere un mio handicap, che, evidentemente, m’impedisce di cogliere la qualità e il livello di approfondite riflessioni ma, confesso che preferisco avere a che fare con persone che mostrano di cambiare opinione il meno possibile; delle quali, in sostanza, negli anni, verifico la coerenza.
Tra l’altro, pur disponibile ad ammettere i miei limiti interpretativi, resto convinto che – almeno su alcuni, grandi, temi – il cambiare opinione raffiguri, spesso, un personalissimo modo di rappresentare quella recondita realtà cui diede voce Carlo Goldoni con il suo: ”Arlecchino servitore di due padroni”.
Nel merito, intendo riferirmi alla posizione – di Giorgio Napolitano – di assoluta condivisione dell’ipotesi di riforma costituzionale sulla quale, tra breve, gli italiani saranno chiamati a esprimere il loro voto.
Naturalmente, all’ex Capo dello Stato, non contesto di condividere l’ipotesi renziana – pur con tutto il doveroso rispetto, la natura della nostra diversa visione politica ci ha sempre differenziato – ma il fatto che oggi approvi ciò che, appena pochi anni addietro, non condivideva; tanto nel metodo, quanto, soprattutto, nel merito.
Infatti, eravamo a circa dieci anni fa quando, intervistato dalla televisione nazionale – a proposito di riforme costituzionali approvate senza la prevista maggioranza dei due terzi del Parlamento – sosteneva, con determinazione, che non fosse giusto riformare la Carta in assenza di un’ampia condivisione politica tra maggioranza e opposizioni.
Al riguardo, in ossequio alla verità, è il caso di evidenziare che, al giornalista che gli ricordava la particolarità dei due ultimi governi, l’uno di centrosinistra e il successivo di centrodestra, che avevano adottato lo stesso metodo, procedendo, entrambi, all’approvazione delle modifiche “a colpi di maggioranza”, Napolitano rispondeva tentando, in sostanza, di derubricare le responsabilità del governo di centrosinistra. Un’inaccettabile dimostrazione della pratica del “Due pesi due misure”.
In più, all’epoca, nel merito, al disegno di riforma costituzionale presentato da Berlusconi e Bossi, il senatore a vita contestava – tra l’altro, con fermezza e inusitata veemenza – l’ampliamento dei poteri del Premier, a discapito di quelli riconosciuti al Presidente della Repubblica.
Proprio uno, tra i tanti, dei punti di dissenso che, anche oggi, contrappongono Renzi a numerosissimi costituzionalisti – che non sono certo, improvvisamente, divenuti bolscevichi – e a quel poco di “sinistra” che ancora resiste in Italia.
In definitiva, di là dalla posizione che, legittimamente, ciascuno di noi ha assunto o farà sua – personalmente, spero in una valanga di No! – in vista del referendum confermativo della riforma costituzionale targata Renzi, quello che appare non condivisibile, e, aggiungo, intollerabile, è che l’ex Presidente abbia approvato e continui a sostenere un metodo e un merito che, appena ieri, considerava antidemocratici, lesivi della dignità del Parlamento e destinati a stravolgere il bilanciamento dei poteri sancito dai nostri Padri Costituenti!
Rispetto a Berlusconi e altre micro realtà della destra, che, fino a non più tardi di alcuni mesi fa, condivisero lo spirito della contro-riforma e parteciparono all’elaborazione del disegno complessivo di Renzi, mentre oggi lo disconoscono e – per meschini calcoli elettorali “di bottega” – ne prendono le distanze, credo sia opportuno adottare un pietoso silenzio.
Renato Fioretti
Esperto di diritto del lavoro
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
1/6/2016
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