QUALE FUTURO PER LA SANITA’ PUBBLICA QUANDO 12 MILIONI RINUNCIANO ALLE CURE?

 

Rapporto Censis-Rbm:  Boom della spesa sanitaria privata: 35,2 miliardi di euro nel 2016. 7,8 milioni hanno dovuto utilizzare tutti i propri risparmi o indebitarsi con parenti, amici o con le banche.

Dodici milioni sono una marea di persone, anche mettendo nel conto che una buona parte di questi hanno rinunciato a specifiche cure ma sempre rinuncia è!

Non tutti gli studiosi ed esperti sanitari concordano completamente con queste cifre, anzi, Giuseppe Costa, direttore del Servizio Regionale di Epidemiologia della Regione Piemonte afferma: ” Il fenomeno della rinuncia a delle singole prestazioni riguarda molto di più il Meridione d’Italia e coloro che vivono in situazioni di deprivazione, in particolare chi è disoccupato o precario, e al riguardo sicuramente si dovrà fare di più per aiutare ad evitare queste situazioni, ma certo non si potrà fare con un’assicurazione privata integrativa che nei fatti diverrebbe sostanzialmente sostitutiva.

Il CENSIS osserva ancora che la spesa privata è in crescita, ma non si fa un’analisi approfondita dei suoi contenuti: solo una quota minoritaria di essa, infatti, è associata a compensare dei problemi di accesso creati dal Servizio Sanitario Nazionale , mentre una quota molto più importante ha come ragione una scelta personale di preferenza e infine la maggior parte della spesa privata riguarda prestazioni di dubbia utilità.

Questa continua diffusione di notizie che per gentilezza definiremo “imprecise” sembra fatta per screditare il Servizio Sanitario Nazionale e per aprire nuovi spazi alle assicurazioni private, i cui imprenditori sono spesso proprio tra gli sponsor di indagini, convegni, scritti che veicolano questi scenari. “

Perplessità, quelle di Costa, rispettabilissime e da prendere in considerazione per l’autorevolezza che gli riconosciamo nella difesa da sempre del la sanità pubblica, però converrà che anche fossero numeri troppo alti sempre di milioni di rinunce si tratta, la situazione peggiorerà, come lui stesso prospetta di fronte alle intenzioni del governo che a partire dal 2013 i governi ha programmato un ulteriore contenimento della spesa per la sanità fino al 6,4% entro il 2020  (ultimo Documento di economia e finanza).

Oggi mancano 420 milioni di finanziamenti al SSN e saranno ulteriormente ridotti di un miliardo di Euro nel 2018 mentre, ormai, per garantire un minimo di Welfare si ricorre al volontariato e al Terzo Settore delegando a questi settori funzioni spettanti allo Stato. Lo scopo è chiaro, definanziare la sanità pubblica e finanziare quella privata, con denaro ma anche con la propaganda della malasanità pubblica, per ridurre a pubblica carità la sanità pubblica, per distruggere ogni parvenza di universalità in ragione di una ideologica idea neoliberista di sostenibilità.

Tra  i paesi del G7 l’Italia è fanalino di coda per spesa totale e pubblica, ma secondi per spesa a carico dei cittadini. Negli ultimi 10 anni la politica si è progressivamente sbarazzata di una consistente quota della spesa pubblica destinata alla sanità con la conseguenza che la spesa a carico dei cittadini nel 2016 ha sfiorato i 35 miliardi di euro.

Contemporaneamente è aumentata la spesa privata della popolazione. “Un quadro inquietante emerge dal confronto con i paesi del G7, dove l’Italia è fanalino di coda per spesa totale e per spesa pubblica, ma seconda per spesa di tasca propria del cittadino, testimonianza inequivocabile che la politica si è progressivamente sbarazzata di una consistente quota di spesa pubblica, scaricandola sui cittadini” . Su circa 35 miliardi di spesa privata all’anno, infatti, oltre 30 sono sostenuti direttamente dalle famiglie, “con una spesa pro-capite annua di oltre 500 euro” e solo 4,5 intermediati da fondi e assicurazioni. Nessuna sorpresa, quindi, se i cittadini che hanno rinviato o rinunciato alle cure per difficoltà economiche siano aumentati da 9 milioni nel 2012 a 12 nel 2016.

Salari e pensioni da fame, precarietà e lavoro povero spingono gli italiani a rinunciare ai controlli sanitari, alle cure o a indebitarsi per affrontare esami e operazioni talvolta vitali. Secondo il rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute, presentato al “Welfare Day 2017”, nel 2016 dodici milioni di italiani hanno rinunciato, o rinviato, almeno una prestazione sanitaria per ragioni economiche. Di questi i 2/3 hanno patologie croniche e sono persone a basso reddito, in particolare donne e non autosufficienti; 7,8 milioni di persone hanno utilizzato tutti i propri risparmi o si sono indebitati e 1,8 milioni di persone sono scivolate nell’area della povertà.

Non si tratta di numeri, ma di persone! E’ lo specchio sociale del Paese! La sanità non è più per tutti ma per chi se la può permettere!

I tagli imposti dalle politiche di austerità stanno producendo la stessa situazione tragica della sanità in Usa. Anche per se le terapie anticancro se  hai i soldi ti puoi curare, altrimenti puoi morire: è l’eutanasia imposta dallo Stato. Addirittura anche per chi un po’ di soldi li ha, quei prezzi sempre in rialzo stanno diventando insostenibili per la loro lunga durata.

I tagli e le “razionalizzazioni” della spesa sanitaria avvenuti negli ultimi dieci anni, in coincidenza con le politiche di austerità, hanno ridotto la copertura pubblica e aumentato il ricorso alla sanità privata. Questo settore assorbe ormai 35,2 miliardi di euro con un aumento record del 4,2% rispetto al triennio 2013-2016. La riduzione della spesa sanitaria pubblica è stata ottenuta a spese dei cittadini. I più danneggiati sono quelli del Sud e in generale coloro che hanno redditi modesti. La spesa sanitaria privata si abbatte maggiormente su chi ha meno, è più debole e vive in territori dove le strutture sono fatiscenti o irraggiungibili.

Solo il 20% della popolazione riesce a “tutelarsi” con una polizza sanitaria integrativa perché è prevista dal contratto di lavoro o da un accordo specifico con la propria azienda. Tutti gli altri devono pagare. Quando hanno i soldi. Questa situazione spinge chi ne ha bisogno a fare ricorso alla sanità privata. I tempi di attesa per le prestazioni si sono allungati a dismisura e si preferisce pagarle a tariffa intera.

Per una mammografia si attendono in media 122 giorni, 60 in più rispetto al 2014, a Sud si arriva a 142 giorni. L’attesa media per una colonscopia è di 93 giorni, sei in più rispetto al 2014. Per una risonanza magnetica ci vogliono 80 giorni, a Sud.

Per una visita ginecologica bisogna attendere 47 giorni, 8 in più rispetto al 2014.

Nell’ultimo decennio si sono succeduti molteplici interventi regolatori in tema di compartecipazione alla spesa sanitaria in Italia. Uno dei più importanti è sicuramente l’introduzione del super-ticket, la tariffa che funge da biglietto d’ingresso al servizio sanitario nazionale. La misura ha l’obiettivo dichiarato di migliorare l’equilibrio economico-finanziario delle regioni, ma ha generato tre gravi problemi al sistema sanitario:

1) la fuoriuscita di alcune prestazioni dal sistema pubblico;

2) la rinuncia alle cure più costose per una parte della popolazione;

3) una paradossale diminuzione delle entrate pubbliche.

Tutto questo mentre la maggioranza del popolo italiano ha detto, con il suo voto al referendum,  che l’Art. 1 “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” e l’Art. 32 della Costituzione Italiana “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”devono continuare a rappresentare il afro della civiltà democratica.

Cosa ha fatto invece il governo? Ha tagliato, per il 2017, ben 422 milioni di euro al Fondo Sanitario Nazionale.

Un vero e proprio crimine sociale in particolare contro la popolazione anziana che si trovano di fronte a:

–       allungamento dei tempi di prenotazione delle prestazioni sanitarie

–       sovraffollamento dei punti di prenotazione

–       intasamento dei Pronti Soccorso

–       tempi di attesa per visite, anche specialistiche, sempre più lunghi.

In  Italia l’assalto contro la sanità pubblica per tutti c’è ed è spudorato e senza soste, ma il governo fa in modo che non si veda troppo e getta fumo negli occhi ai cittadini tramite i grandi giornali e le TV pubbliche e private. Con la scusa di diminuire gli sprechi, la privatizzazione va avanti con la riduzione degli ospedali e dei servizi sul territorio, agevolando la crescita delle strutture private dove, se paghi oltre la somma del ticket, esami e visite non hanno le file d’attesa che nel pubblico sono ormai di norma perché costruite dalle scelte politiche regionali.

I cittadini vengono spinti a prenotare negli ambulatori privati, ne stanno aprendo in ogni zona delle città italiane e a curarsi, per chi può indebitarsi e stare nelle stanze di degenza riservate ai benestanti, nelle cliniche.

I malati cronici sono sempre più abbandonati dal Servizio Sanitario Pubblico, ad esempio in Piemonte sono oltre trentamila.

Tutto questo ci parla di un sistema costruito in questi ultimi due decenni che vuole mettere in naftalina il nostro cervello e tappare la bocca agli operatori della sanità pubblica, costringendoli ad assumersi le responsabilità della malasanità.

Franco Cilenti

Luglio 2017 www.lavoroesalute.org

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