Un miliardo di euro per il “muro” italiano in Africa. Inefficace e brutale

Tra il 2025 e il 2020 l’Italia ha stanziato 1 miliardo e 337 milioni di euro per azioni esterne di politica migratoria in 25 paesi africani, finalizzate a fermare i flussi in entrata. Il 70% per il contrasto, l’1,3% per gli ingressi legali.
Politiche fortemente sbilanciate su un approccio securitario, che non solo risulta poco efficace, ma fortemente lesivo dei diritti delle persone. È l’analisi che emerge dall’inchiesta di ActionAid, l’organizzazione internazionale impegnata nel contrasto della povertà e per lo sviluppo.
Lo studio, intitolato The Big Wall (il grande muro) per la prima volta cerca di quantificare la spesa complessiva italiana per il contrasto all’immigrazione.
Come sono stati spesi? La metà, 666 milioni per controllare le frontiere esterne, 142 per lottare contro il traffico di migranti, 64 per rimpatri.
Poi 146 per sostenere gli stati partner, 194 per alternative economiche nei paesi africani, 92 per proteggere migranti e rifugiati, 14 per sensibilizzare sui rischi delle migrazione irregolari. Solo 15 per creare vie legali per raggiungere l’Italia.
Un muro poco efficace, ma costosissimo.

Nel quinquennio esaminato abbiamo speso 210 milioni di euro solo in Libia, dove sono documentate violenze sistematiche da parte delle milizie attrezzate con i soldi dei contribuenti italiani, e poi 99 in Niger, 57 in Sudan, 54 in Etiopia, 40 in Senegal, altrettanti in Tunisia. E decine e decine di milioni in altri 19 paesi africani. Il risultato? Almeno 13 mila morti affogati nella traversata, altri 523 mila arrivati via mare. Senza contare le migliaia di persone torturate e morte nei centri di detenzione libici.L’attivista libica Marmwa Mohamed sottolinea che fondi e interventi «erogati senza nessuna reale clausola di rispetto dei diritti umani, hanno frammentato ancora di più la Libia, perché intercettati dalle stesse milizie che gestiscono sia il traffico dei migranti che i centri di detenzione, come quella di Abd el-Rahman al-Milad, noto come “al-Bija”».
In tutto ciò manca il minimo tentativo di incidere sulle cause profonde e strutturali della povertà. Bram Fouws, direttore del Mixed migration center, sottolinea come in questa dispendiosa e disinvolta strategia italiana non si mettano mai in discussione, ad esempio, gli accordi internazionali per la pesca che danneggiano le comunità locali, né tantomeno quelli di accaparramento di terre da parte di speculatori (il landgrabbing delle multinazionali, ndr), di grandi opere o di corruzione e di vendita di armi, ma di una generica vulnerabilità economica e della scarsa stabilità degli stati.
Alzare muri dunque non arresta le migrazioni, sostiene la ricerca, ma le rende ingestibili e pericolose.

Fonte: da Avvenire Luca Liverani  sabato 6 marzo 2021

per approfondire

https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2021/03/02/italia-soldi-fermare-migranti

https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2020/07/27/libia-migranti-fondi-guardia-costiera-libica

https://www.internazionale.it/notizie/annalisa-camilli/2020/02/17/decreti-sicurezza-salvini-accoglienza

12/3/2021 http://www.migrantitorino.it

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